Damon (Quando lei l'ha cambiato)

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Ho fiamme roventi al posto del sangue, e a ogni respiro il fuoco mi dilania il corpo bruciandomi vivo. Una fitta allo stomaco mi fa contorcere sul sedile dell'auto; Nico e Malik mi afferrano per le braccia per non farmi muovere.

«Stai fermo.»

Xander mi guarda dallo specchietto retrovisore. È calmo, serio, dannatamente incazzato.

«Dove mi stai portando?» ansimo.

Sto morendo di freddo. Malik mi preme con forza la ferita e la nausea mi stringe la gola.

«In villa dal capo.»

La vista si fa offuscata.

«Portami... in ufficio.»

Xander sbuffa infastidito.

«In ufficio!» alzo leggermente la voce.

La gola stride dal dolore e dalla fatica. Nico fa un po' più di pressione sul braccio per paura che mi alzi.

Gli occhi ghiacciati di Xander guardano dritti i miei neri come la pece. Scuote la testa con un movimento impercettibile, ma lo so che farà come gli ho detto.

I miei sono ordini. Ordini che non può rifiutarsi di eseguire.

«Respira D. Respira.»

È ancora la voce di Xander eppure risuona sempre più lontana, più attutita.

Provo a prendere ossigeno ma la gola è troppo stretta per far passare l'aria; mi gira la testa e delle macchie nere mi coprono la vista.

Sempre di più.

Sempre di più.


***


Un calore confortevole mi abbraccia il corpo. Le tempie mi martellano con dolore, e la schiena è indolenzita. Provo a cambiare posizione ma un bruciore improvviso e affilato mi colpisce lo stomaco.

Apro gli occhi di colpo.

«Cazzo, pensavo fossi morto.»

Xander è seduto di fronte a me, sulla mia poltrona in pelle; i gomiti appoggiati sulle ginocchia e il viso immerso nelle sue grandi mani callose.

Pensavo di esserlo anche io.

Provo a sistemarmi meglio sul divanetto del mio ufficio. I piedi escono sul fondo, e i punti mi tirano con dolore la pelle.

«Non ti alzare» mi ammonisce.

Non lo ascolto e con la nausea a togliermi il fiato, mi metto seduto.

Fuori è ancora buio. Le finestre sul fondo dell'ufficio mostrano le luci di Crimson Hollow. Xander ha tenuto accesa solo la lampada della scrivania, lasciando la stanza semibuia.

Abbasso la zip della felpa grigia che mi hanno infilato.

«Per quanto tempo sono rimasto incosciente?»

«Dovresti rimetterti disteso.»

Una fasciatura spessa e leggermente sporca di sangue mi stringe la ferita. Al mio addome già martoriato, si aggiunge una cicatrice in più.

Alzo lo sguardo su Xander senza ripetere la domanda.

«Un paio d'ore» scuote la testa.

Chiudo gli occhi e anche la maglia.

«Si può sapere chi cazzo è stato?»

La voce di Xander si fa più forte e ferma. Lo guardo con la coda dell'occhio mentre si scompiglia i lunghi capelli grigi. Indossa ancora la maglia nera con cui è uscito, è leggermente umida, così come i jeans dello stesso colore.

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