17. Damon

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Seguo le spalle di Poppy Clagg uscire dal Genie, e ancora prima di voltarmi verso Xander, è lui ad avvicinarsi al mio viso.

«Vieni» sussurra senza ammettere repliche.

Lo seguo dall'altra parte della sala, percorriamo la scalinata fino a raggiungere il piano superiore, il corridoio che si affaccia alla balconata dove non è ammesso nessuno senza il mio permesso.

Xander cammina davanti a me senza voltarsi un attimo. Si avvicina alla parete perché nessuno da sotto possa vederci e si gira di colpo a guardami.

«Si è fatta male?!» domanda sconvolto. Non alza la voce, ma la trattiene con tanta difficoltà, da farmi capire quanto avrebbe voluto riempire la sala con quelle parole.

«Che cazzo di domanda è?» aggiunge.

Il viso gli si colora leggermente di rosso.

Mi infilo le mani in tasca e alzo gli occhi al soffitto.

«Non posso neanche più chiederlo?»

«A una reporter che è palesemente venuta al Genie per sapere chissà quali cazzi nostri? No! No, cazzo! No! Ti sei bevuto il cervello, per caso?»

Si avvicina di pochi passi e io non mi sposto.

«La cosa veramente stupida è stato il tuo colpo di tosse!» scuoto la testa.

Se non se ne fosse uscito con quel rumore, Poppy non si sarebbe accorta né di lui e neanche della mia domanda.

Xander mi guarda per qualche secondo senza trovare le parole giuste da dirmi. Si afferra i capelli e se li scompiglia frustrato.

«Non sono mica andato da lei, Xander! Perché mi rompi tanto?»

Il nervoso mi risale in gola e devo trattenerlo per non alzare la voce. Io l'avrei fatto. Io l'avrei potuto fare anche con tutte le persone che mi avrebbero guardato dal fondo del Genie.

Xander mi da le spalle con il volto immerso nella mani.

«Come se stasera non ci andrai.»

Mi sfugge una risata.

«No che non ci andrò.»

Scuoto la testa e allargo leggermente le braccia.

Xander si volta a guardarmi. È serio, ma non appena si scontra con la mia espressione divertita, anche le sue labbra si allargano in un sorriso, un po' più incredulo del mio.

«Davvero? Ci credi davvero?» chiede sconvolto.

Non capisco.

«Sei davvero convinto che questa sera non correrai da lei come hai fatto due settimane fa? Che non ti vestirai dei panni da principe azzurro per assicurarti che stia bene? Dimmi che mi stai prendendo per il culo, Damon. Perché se davvero non ti rendi conto neanche tu di quello che pensi e provi, allora la situazione è ancora più fottuta di quanto immaginavo!»

Lo guardo senza parole.

Sarei andato da lei?

No. Non lo avrei fatto. Non ho neanche mai pensato a farlo.

Bugiardo.

Mentre stringevo il bicchiere di rum, puntavo i piedi a terra per non correre subito da Stella. Mentre chiedevo a Poppy Clegg come stava, pregavo che mi dicesse che stesse bene, e in fondo sapevo che non ci avrei comunque creduto fino a quando non l'avrei vista con i miei stessi occhi.

E quando mi sono alzato per salutarla, l'ho fatto con l'agitazione di mandarla via al più presto. No, non perché ero stanco delle sue storie e dei giochetti che non riuscivo a decifrare. L'ho fatto perché...

«Voglio andare da lei» sussurro con un filo di voce.

Xander sputa fuori una risata esausta.

Mi afferro i capelli neri con entrambe le mani e me lo scompiglio senza capire che cosa cazzo mi succede. Sono passate due settimane. Perché continuo a farlo?

«Stasera andrai da lei.»

La voce di Xander fa tremare il marmo sotto ai nostri piedi.

Lo guardo incredulo. «Cosa?»

Mi afferra le spalle e si accerta che lo guardi dritto nei suoi occhi ghiacciati.

«Tu stasera andrai da quella cazzo di ragazzina, consapevole di quello che senti. E chiuderai una fottuta volta in modo ancora più consapevole. Mi hai capito? Niente scuse! Non voglio sentirti dire un'altra volta che hai taciuto le tue stronzate per rivederla un'ultima volta.»

Mi sento tornare quattordicenne, quando Xander con i suoi ventiquattro anni, mi faceva le paternali, mi consolava, mi spronava, mi trattava come suo fratello minore.

Lo sono tornato. Sono di nuovo un ragazzino alle prese con qualcosa di nuovo, che non capisce e non sa come affrontare.

Xander mi stringe con più forza le spalle provocandomi delle piccole fitte dolorose.

«Hai capito?» chiede ancora.

Il suo viso è tanto vicino al mio, da sentire il suo alito che puzza di fumo, e da vedere nelle sue iridi chiare la paura per quella situazione. La stessa che Xander ha già vissuto. Senza lieto fine.

Sarei andato da Stella. L'avrei rivista.

Non riuscivo a pensare alla parte dell'addio.

«Damon!» mi scuote leggermente le spalle.

«Sì. Sì! Ho capito.»

Addio. Devo dirle addio.

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