capitolo 34 - Andrea

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Andrea

L' acqua inizia ad essere più fresca del solito, Settembre è appena arrivato e non vedo l'ora che i turisti se ne vadano al diavolo.
Voglio la solitudine, voglio la quiete, stare solo con i miei pensieri e i miei demoni ai quali non riesco a sfuggire.
Osservo l'unico amico che ho, l'unico amico che mi comprende anche senza parlare, sembra rispecchiare il mio stato d'animo oggi, è inquieto tanto quanto me.
Mi getto fra le sue onde nonostante la giornata grigia, noncurante del vento che agita queste acque, qui mi sento comunque a casa, forse perché anche dentro di me c'è una tempesta da dover tenere a bada.
Il mio umore è più nero del solito e solo l'oceano può placare i demoni che tentano di trascinarmi a fondo, nuoto sfidando le onde, sfidando la mano nera che si cala su di me e tenta di afferrarmi per soffocare ciò che resta di buono nella mia vita.
Nuoto più veloce, con più forza, tentando di sfuggire alla rabbia che non vuole lasciarmi andare, al dolore di un passato che, come una cicatrice, non andrà mai via sulla mia pelle.
Non mi libererò mai di questo odio, di questo bisogno di vendetta, è un pensiero fisso che mi consuma e governa ogni mio gesto, ogni obiettivo.

Sono marchiato.

Vengo un po' sballonzolato qua e là, era una giornata ideale per il surf, vedo una grossa onda arrivare, mi immergo per non essere travolto.
Forse è quello che sto facendo anche nella vita, cercare di non essere travolto, cercare la strada più facile per la sicurezza, per non rischiare.
Eppure, con lei, mi sono sentito libero, certo, esposto, vulnerabile, ma libero, come mi sento fra le onde.

Riemergo in cerca di ossigeno, i nuvoloni sopra la mia testa sono sempre più minacciosi, l'ora è tarda e inizio a nuotare verso riva per andare a casa.
Dopo un paio d'ore suona alla mia porta Davide, lo faccio entrare solo perché ha due cartoni enormi di pizze, nonostante la puzza di cipolle inondi subito casa.

«Allora, questa prova del bacio?»
Chiede mentre addenta un pezzo, io bevo un generoso sorso di birra dalla mia bottiglia prima di rispondere.
«Non c'è stato.»
Un altro sorso scende lungo la gola per darmi il coraggio di continuare e affrontare la dura verità.

Dopo la conversazione avuta con Chloe, fuori dal ristorante, non ho avuto alcuna voglia di baciare un'altra, la mia testa mi riproponeva sempre le nostre parole, i suoi occhi delusi, ed io, volevo allontanarmi da tutti il prima possibile.
Era evidente che anche lei, una volta rientrata volesse andar via, dopo poco ha detto che l'amica stava poco bene e non era tranquilla a lasciarla sola in casa.

Non una volta, nemmeno per sbaglio, ha incrociato i suoi occhi con i miei, e non l'ho sopportato.

Sono due giorni che mi tormentano il ricordo di quegli occhi, il ricordo di come mi sia sentito a dirle finalmente cosa mi tenessi dentro e quanto abbia toccato il fondo nel dirle che rinunciavo a lei, spingendola ancora una volta nelle braccia di un'altro.
Emozioni assurde perché non è mai stata mia, non c'è mai stato nulla fra noi, eppure riesce ad abbattere ogni mia difesa, ogni mia convinzione.

«Perché Caroline non ha voluto, oppure perché tu non hai voluto?»
Il mio amico mi scruta con i suoi occhi neri chiusi quasi a due fessure piccolissime, in attesa che io confessi quello che lui già sa bene.
Fisso in silenzio il vuoto davanti a me rivivendo il momento in cui ho accompagnato Caroline a casa in perfetto mutismo, lei blaterava qualcosa sulla bella serata mentre io ero perso nei miei pensieri.
Sarebbe stato facile baciarla, le si leggeva in volto che era ciò che si aspettava, rivolta con il busto verso di me, la testa poggiata al sedile, in attesa, ma le ho augurato semplicemente la buonanotte mantenendo le distanze, abbozzando un sorriso di circostanza.

«Lo sapevo, non hai potuto.»
Davide sbatte il pugno sul tavolo.
« Quando ammetterai di esserti innamorato di Chloe, fratello?»
Sgrano gli occhi a queste sue parole e poggio la schiena alla sedia portando una mano fra i capelli.

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