12. Dorian

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Lucifer's pov

" Dovresti smettere di rubare." Le sue parole rimbombano nella mia testa.

Oh Angelo, speravo che tu mi potessi capire. Speravo che tu potessi comprendere il perché. Speravo che tu mi avresti capito, come io ho fatto con te. Speravo che tu avresti capito che rubo per sopravvivere, la mia famiglia a quest'ora sarebbe in mezzo la strada, senza un tetto sulla testa. Non avrei mai permesso che mia mamma e mia sorella vivessero nella miseria. Non navighiamo nell'oro, ma alemanno abbiamo una casa. Mia sorella deve avere più privilegi di quelli che ho avuto io, io rischiavo di non mangiare, dovevo decidere se a pranzo o a cena, non ci sono mai stati tutti e due. Invece lei ha la possibilità di mangiare ad ogni pasto, grazie a me. Se non avessi incominciato questo lavoro, saremmo morti di fame, o di freddo o di qualsiasi altra catastrofe.

Quindi speravo che ti mi avresti capito. Che avresti capito perché devo fare una cosa così brutta, come l'hai definita tu. Speravo che mi avresti osservato, mentre non ti rispondevo ala domanda. Come ti ho osservato io, mentre facevi correre i tuoi pensieri, li facevi galoppare, mentre intorno a te c'era solo spensieratezza.

Non sono solito osservare le persone, ma qualcosa in lei mi ha colpito. Forse dalla sera in cui piangeva in camera sua, o forse dalla prima volta che ci siamo scontati. È sempre stata un enigma per me, finché questa sera ho capito tutto, grazie anche a quello che mi ha raccontato lei. Non riesce a fidarsi delle persone, per le sue paranoie; per non soffrire più.

Siamo due anime che soffrono mio piccolo Angelo.
Peró io sono un demone, tu un angelo puro.

Non mi guardò indietro mentre percorro la strada a ciottoli, non voglio sapere se mi sta seguendo, o se è rientrata in discoteca, sicuramente l'ultima opzione. Metto in moto la macchina, e guido dritto a casa. Non avviso neanche Pj e Joe, con loro c'è anche Camila, è la nipote di Hell; sa di cosa ci occupiamo, non vive qui, viene a trovare suo zio qualche volta. Di solito si ferma qualche settimana, e noi abbiamo il compito di portarcela con noi alle feste, ma è una presenza tranquilla, non parla molto.



Diana's pov.
" Tu non capisci." Mi ha detto. Perchè non capisco? Ho rovinato tutto, ne sono consapevole, era una serata magnifica e per la prima volta mi sono sentita capita, mi sono aperta con lui; gli ho raccontato dei miei sentimenti. E lui mi ha ascoltata, e capita. Ma io non ho fatto lo stesso con lui. Non l'ho capito, non l'ho aiutato.

Sicuramente ha le sue ragioni per rubare, forse dovevo capirlo prima. Forse avrei dovuto evitare di fare questo casino. Se n'è andato senza dirmi una parola.

" Ehilà ragazze." Trilla Pj, mentre saluta Stef con un bacio. Gli faccio un cenno di saluto con la mano e ritorno a leggere gli appunti di italiano. La professoressa ha iniziato a spiegare la Divina Commedia di Dante.

Secondo una leggenda medievale, Lucifero era l'angelo più bello del Paradiso, il suo nome deriva appunto da " portatore di luce". Si dice che si sia ribellato a Dio, per la superbia e invidia. Fu sconfitto dall''arcangelo Michele, che lo fece precipitare al centro della Terra; dove si trasformò in un orrendo mostro. Dante lo descrive direttamente nel Canto XXXIV dell'Inferno, come un'enorme e orrida creatura, pelosa, dotata di tre facce su una sola testa e tre paia d'ali di pipistrello. Le tre teste sono di tre colori diversi: quella al centro è color vermiglio, quella a destra bianca e gialle e infine quella a sinistra è nera. Il peccato di Lucifero consiste proprio nel tradimento, siccome ha tradito il suo creatore.

Ogni volta che sento il suo nome, un riflesso involontario mi fa girare la testa, verso la persona che lo ha pronunciato, in questi casi è proprio Pj, il suo migliore amico, che lo sta richiamando per raggiungerlo qui. A due passi da me. Lui sembra non si sia accorto di me, perchè viene qui senza problemi, o forse non gliene frega nulla e fa come se niente fosse successo. Mi riserva solo un'occhiata, da cui non trasparisce niente; poi conversa un po' con Pj, e se ne va senza guardarmi mai.

Tre giorni in cui lui mi ignora, non siamo fidanzati, non siamo neanche amici; ma almeno guardarmi ogni tanto. Almeno farmi capire che quello che c'è stato la scorsa notte, era tutto vero. Che lui mi ha capita. Non mi deve niente, lo so, probabilmente mi sono fatta film su cose che non esistono. Probabilmente mi sono fidata della persona sbagliata, e la paura che questa cosa mi possa fare ancora del male, è sempre più forte. Ho paura, ho sbagliato a fidarmi, dovevo andare avanti ad essere asociale, come ho sempre fatto. Ma lui è stato l'unico a capirmi, l'unico a non giudicarmi. Ma noi non siamo niente, questo non me lo devo dimenticare. Io e lui non siamo niente. Non so neanche il suo vero nome, tutti qui lo chiamano Lucifer, nessuno sa il suo vero nome.

Nella mia mente ritornano i ricordi di quella notte, del suo profilo perfetto, mentre guarda le stelle e mi ascolta. Nessuno mi ha mai ascoltata, nessuno mi ha mai capita e nessuno mi ha mai giudicata, nessuno a parte lui. Quindi mi faccio coraggio e mi dirigo verso di lui, in poche falcate gli sono davanti. Ha in mano la sigaretta, e la sta fumando, consumandola sempre più. Si accorge di me, e mi osserva. " Ehi", dico, lui mi fa un cenno del capo. " Senti volevo chiederti scusa per l'altra sera, avrai le tue motivazioni per fare quello che fai, e io sono stata cattiva a giudicarti, quando tu non lo hai fatto con me. E volevo anche ringraziarti per avermi ascoltata senza giudicarmi, non eri in dovere a farlo, non ci conosciamo; praticamente non conosco neanche il tuo nome, ma lo apprezzo tanto." Dico parlando a raffica, perchè so che se mai dovessi fermarmi, non gli direi tutto ciò che voglio dirgli.

"Dorian". Dice soltanto, io non capisco e lo guardo confusa. " Che?"

"E' il mio nome, mi chiamo Dorian". La mia faccia sorpresa sembra farlo ridacchiare. Dorian, che bel nome. " E' bello." Lui annuisce. " Non me la sono presa. Ma accetto le tue scuse." Dice, riprendendo a fumare, facendomi finire nella nuvola di fumo grigio, che mi fa tossire. " Quindi amici come prima?" Dico, lui scuote la testa e spegne la sigaretta, si stacca dal muro e mentre prende la via, per entrare a scuola, mi risponde. " Noi non siamo amici Angelo".

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