Capitolo Ventitré

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L’aria nella cucina era gelida. Non c’erano finestre e porte aperte. Era semplicemente la ragazza dai capelli corvini e luminosi, dagli occhi azzurri come il mare, che sedeva accanto a me a renderla fredda, tesa.

Ma Laura sembrava non notare l’effetto che faceva, a me, ai miei genitori seduti davanti a noi, alla casa stessa.

Era ripiombata della mia vita senza chiedere il permesso. Era arrivata lì senza sapere se avessi delle cose da fare, se potessi ospitarla.

Una bella sorpresa. Così l’aveva definita.

E considerando che eravamo amiche dalle scuole medie, forse avrebbe dovuto essere veramente una bella sorpresa. In un’amicizia normale sarebbe stata una bella sorpresa. Ma la nostra non era un’amicizia normale.

E mentre mi sforzavo di mandare giù la pizza, che in altre circostanze avrei divorato, cercavo un modo per uscire dalla mia stessa testa. Perché era come se tutta la felicità che avevo provato prima si fosse prosciugata con l’arrivo di Laura.

La sentivo parlare, i miei che per educazione rispondevano e facevano domande, si mostravano fintamente gentili e accoglienti, quasi felici di averla lì, di rivederla dopo tanto tempo.

Ma io sapevo perfettamente cosa pensassero di lei. L’avevano sempre considerata una persona dalla quale mi sarei dovuta staccare, per questo erano stati più che contenti di trasferirci a Roma. E mi rendevo conto che, senza accorgermene, mi era abituata all’assenza di Laura.

No. Io mi ero sentita alleggerita senza di lei.

Niente più giudizi, niente più sensi di colpa, niente più quel peso costante sotto lo sterno che mi faceva sentire sbagliata.

«Sto studiando, le interrogazioni vanno molto bene, credo di puntare al massimo quest’anno per la maturità!» con quella voce squillante e fastidiosa cercava di mettersi in mostra.

Ma con i miei genitori non c’era mai riuscita. Loro l’avevano sempre vista per quello che era: una ragazza insicura e invidiosa che pur di non affrontare sé stessa, sfogava la sua frustrazione su chi le stava intorno.

E io ero da sempre il suo bersaglio preferito.

Aveva la capacità di giocare con le parole e persino con i fatti, riusciva a farsi vedere da tutti come un’amica esemplare, a trasformare le sue mancanze e i suoi errori in mie mancanze e miei errori.

La cosa più semplice per chiunque non si trovasse in una situazione simile era consigliare di staccarsi. E io avrei tanto voluto che fosse così semplice, come togliere un cerotto.

Mia madre mi tolse il piatto davanti. «Questa la conserviamo per la colazione di domani.» Mi sorrise, complice, cercando di farmi sapere che comprendeva come mi sentissi.

Ricambiai il sorriso e presi il cellulare dalla tasca dei jeans mentre Laura era ancora intenta a intrattenere i miei genitori. C’erano due messaggi di Arianna e uno di Damiano.

Solo a leggere il nome di Nardin il mio sangue si scaldò.

Messaggio ricevuto da Arianna ore 19:50

Che si fa stasera?

Messaggio ricevuto da Arianna ore 20:45

Sono sicura che ti stai scopando il biondino, quando finisci se ti va scendiamo e mi racconti tutto.

Mi trattenni dal ridere perché non volevo che Laura mi facesse domande.

Messaggio inviato ad Arianna ore 21:12

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