Capitolo Ventisei

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⚠️ Avviso. ⚠️

Q

uesto capitolo è un flashback ed è quello che mi ha spinto a definire dark romance questa storia. Contiene una scena di violenza. Per chi non se la sentisse di leggerla, farò un riassunto alla fine nello spazio autrice ❤️🩹

***

Il mio cellulare continuava a squillare, ma avevo smesso di preoccuparmene già da un po'. L'unica cosa che volevo era bere fino a perdere i sensi, fino a dimenticare chi mi avesse portato a quella festa di merda e a come mi aveva trattata.

La sensazione di disagio provocata dalle mani di Ludovico addosso non voleva andarsene, così come il formicolio alla guancia lasciato dallo schiaffo di Laura.

In quel momento lei era su a scopare con lui e io giù sola a bere un drink dopo l'altro, e come se non bastasse avevo accettato una pillola da uno degli amici di Ludovico. Era la seconda volta che lo facevo, anche se dopo la prima avevo giurato a me stessa di non toccare mai più quella merda.

Invece Laura lo faceva di continuo, affogava le sue insicurezze e le sue paure nell'alcool e nelle droghe sintetiche, e quando provavo a farle capire che non poteva continuare così, mi dava della rompicoglioni.

Probabilmente aveva ingerito una pasticca prima di mollarmi uno schiaffo e darmi della puttana. Non che non lo pensasse realmente, ma quella roba la liberava da ogni inibizione, così che potesse esternare ogni cosa che pensava, anche la più recondita.

Ora però era sola con quel coglione. Sola, ubriaca e strafatta.

Uno degli amici di Ludovico mi si avvicinò e mi sussurrò qualcosa all'orecchio prima di provare a toccarmi. Senza capire una parola mi scansai anche se non riuscivo più a rimanere perfettamente in equilibrio. Il panico mi si attaccò alle viscere. Avevo bisogno di andare via da lì, ma avevo idea di come e con chi.

Sapevo che i miei genitori sarebbero venuti a prendermi subito, che l'unica cosa che avrebbero fatto era una ramanzina l'indomani, e sapevo che avrebbero voluto questo, che io li chiamassi, che tornassi al sicuro dentro le mura di casa mia. Ma non ci riuscivo, mi vergognavo di come ero ridotta e non volevo in alcun modo deluderli.

Vittorio mi aveva abbandonata lì, probabilmente per stare dietro ai suoi affari loschi. Sapevo che non era un bravo ragazzo, era l'antitesi del bravo ragazzo, ma nella mia ingenuità speravo di farlo uscire dal brutto giro in cui si era infilato.

Il ricordo del taglio alla sua mano mi provocò un conato di vomito.

Mi voltai verso la cucina, ormai sentivo anche la musica ovattato. Gli amici di Ludovico erano lì, erano in quattro e mi squadrano ridendo tra loro. Sentii una stretta al petto, l'attico di panico che minacciava di arrivare.

Dovevo andare via da lì. Ma prima dovevo immediatamente trovare un bagno, svuotarmi di tutto lo schifo che avevo ingerito e poi farmi coraggio, trovare Laura e convincerla ad andare via. L'indomani avrei pensato a mandarla definitivamente a fanculo o a cercare di ricomporre la nostra amicizia.

Salii le scale tenendo il corrimano così forte da sentire dolore alle mani. I gradini sembravano muoversi e salirne anche solo uno era un'agonia.

Arrivai in cima stremata, gocce di sudore cadevano sulla mia schiena.

Arrancai in un lungo corridoio, mi trascinavo appiccicata al muro. Alcuni ragazzi e ragazze mi passavano accanto, ma non riuscivo a distinguere le facce. Non riuscivo neanche a ricordarmi quanto avessi bevuto e cosa. Sapevo solo che l'unico modo per riprendermi un po' era vomitare tutto e sciacquarmi la faccia.

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