Capitolo Venticinque

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Il cielo era puntellato da migliaia e migliaia di stelle che sembravano venerare anche loro la città. La capitale.

Cercavo di concentrarmi su questo mentre mi avvicinavo sempre di più al locale dove mi aspettavano i miei amici. Laura accanto a me non si era fermata un attimo di parlare di se stessa, io avevo smesso di ascoltare da un po'.

«Quel coglione di Vittorio mi ha chiesto di te.»

Quella frase mi riportò sull'attenti. La guardai di sottecchi, era intenta a squadrare con aria giudicante ogni persona che ci passava accanto. Nessuno poteva sfuggire al suo giudizio.

Sapevo che quella frase era stata detta per provocarmi, per puntare sulla mia insicurezza, per farmi andare fuori di testa.

Come ha fatto a chiederti di me? Vi siete visti? Vi siete sentiti? Lo consideravi un coglione solo quando io ero lì, adesso che non ci sono ci esci insieme?

Queste e un'altra serie di domande mi solleticarono la gola. Ma nonostante tutto, non pensavo più a Vittorio da un po', nella mia mente aveva preso possesso un imperscrutabile biondino che non mi faceva pensare ogni due minuti se l'indomani non l'avrei più rivisto, che non mi faceva dormire la notte per la paura che potesse morire in un vicolo buio.

Vittorio mi aveva salvata, ma io non ero riuscita a salvare lui dal mondo di merda nel quale viveva. Lui non mi aveva permesso di aiutarlo e io avevo dovuto lasciarlo andare prima che mi trascinasse in fondo con lui. Perché non è vero che l'amore è l'unica cosa che conta, che basta quello per risolvere tutto, a volte, o forse troppo spesso, l'amore per l'altra persona non basta se intacca l'amore per noi stessi.

«Come sta?» fu l'unica cosa che chiesi, sperando in una risposta positiva.

Laura si strinse nelle spalle. «Si è fatto qualche mese dentro per spaccio» mi comunicò con finto rammarico. «Nulla di nuovo insomma...»

«Già.» La solita fitta allo stomaco mi colpì.

Pensai a Tommaso, il mio vecchio allenatore del Centro Nuoto Antimafia, a quanto aveva provato e, ne ero sicura, stava ancora provando a salvarlo.

«Quindi?» chiese Laura. «Come sono questi tuoi nuovi amici?»

Quel suo tono sprezzante mi face venire prurito ai polpastrelli. «Li vedrai» mi limitai a dire.

Rimanemmo in un silenzio assordante mentre percorrevamo gli ultimi metri che ci separavano dal solito locale.

Un marasma di gente si era ammassato all'ingresso, in fila per prendere da bere.

Aguzzai la vista per carcare i miei amici in quel caos. Il mio viso si illuminò con un sorriso quando scorsi una chioma di lunghi capelli riccissimi e biondissimi.

«Andiamo.» Presi la mano di Laura e ci facemmo strada tra la gente fino a quando non arrivammo al tavolo che Arianna e gli amici di Lorenzo e Damiano avevano preso.

«Finalmente sei arrivata, bellezza!» Arianna mi avvolse in un abbraccio confortante inebriandomi con il suo profumo che sapeva di fiori freschi e lasciai istintivamente la mano di Laura per ricambiare l'abbraccio. «Non avrei più potuto sopportare da sola tutto questo testosterone.»

Mi rivolsi ai ragazzi e assottigliai lo sguardo. «Cosa avete fatto alla mia amica?»

«Nulla, rossa» rispose Lorenzo alzandosi per venirmi a salutare. «Non ancora almeno.» Strizzò l'occhio nella direzione di Arianna che alzò gli occhi al cielo.

Lorenzo mi diede un bacio scrocchiante sulla guancia.

Fingendomi assolutamente disinteressata feci vagare lo sguardo in tutto il perimetro alla ricerca di Damiano, ma di lui non sembrava esserci neanche l'ombra.

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