Capitolo Uno Extra - Damiano Nardin

697 51 16
                                    

Uscii dalla mia stanza con tutta la calma del mondo, nonostante fossi già in ritardo: mi ero addormentato sui libri. Di nuovo.

Quel rompi coglioni di Lorenzo si sarebbe lamentato fino allo sfinimento

Ma mio nonno si era preso una forte influenza e quindi lo sostituivo come custode in piscina. I turni di notte mi sfinivano, soprattutto quando l'indomani mattina avevo lezione all'università. Ingegneria meccanica non era una passeggiata, e nonostante una voce nella testa mi dicesse che non ero all'altezza, io perseveravo.

Afferrai le chiavi del motore sul mobile all'ingresso e andai in cucina per avvertire i miei che stessi scendendo.

Li trovai seduti sulle sedie intorno al tavolo, la tv, di solito sempre accesa, era spenta, mia madre farneticava qualcosa al telefono e mio padre reggeva la testa con la mano, come se non potesse sostenerne il peso.

«Ma ci sarà qualcosa che possiamo fare» urlò a un certo punto mia madre. I capelli biondi, solitamente sempre in perfetto ordine erano scompigliati.

Visto che non si erano accorti della mia presenza, non fiatai, cercando di capire cosa stesse succedendo.

«Ma possiamo provare un'altra terapia...» Non era una domanda, era quasi un'implorazione.

Mia madre chiuse la chiamata senza salutare chiunque ci fosse dall'altra parte e sbatte forte il cellullare sul tavolo.

«Cosa sta succedendo?» domandai avvicinandomi, sentendo lo stomaco contorcersi.

I miei genitori sembrarono ridestarsi e ricomporsi in mia presenza.

«Niente, tesoro» disse mia madre asciugandosi le lacrime con il polso della maglietta.

«Mamma...» il mio tono voleva essere deciso, ma uscì tremante. «Ditemi cosa sta succedendo.»

Loro si guardarono, mia madre scosse la testa, ma mio padre guardò me e poi di nuovo lei. «Merita di saperlo.»

«Di cosa parlate?» Mi avvicinai ancora a loro, i pugni chiusi lungo i fianchi, un brutto presentimento si fece strada nel mio petto e lo strinse in una morsa.

«Il nonno...» sussurrò mia madre voltandosi verso di me, ma sfuggendo comunque al mio sguardo.

«Il nonno cosa?» li incalzai.

Loro rimasero in silenzio, le lacrime ripresero a scorrere sulle guance di mia madre

«Non ha una semplice influenza...» tentennai, buttando fuori i miei presentimenti. «Vero?»

Mia madre scosse di nuovo la testa.

«Dobbiamo essere forti» mio padre si rivolse a me, si alzò e mi afferrò la spalla. «Tuo nonno ha bisogno di noi.»

«Cosa ha?» chiesi quasi sprezzante allontanando la mano di mio padre.

Mia madre mi guardò negli occhi solo in quel momento e glielo lessi in faccia.

«No» quel suono uscì dalla mia bocca come una pregheria.

Non mio nonno, non la roccia sulla quale mi appoggiavo, sulla quale si appoggiava tutta la famiglia. Quella cazzo di malattia non poteva portarsi via proprio lui, ci aveva già provato anni prima, ma lui aveva lottato fino a distruggere quel bastardo. Non poteva accadere di nuovo.

«Dove?» chiesi, anche se una parte di me non voleva saperlo.

«Al...» un singhiozzò interruppe mia madre. «Cervello.»

Il mio cuore smise di battere, la mia testa divenne un groviglio disordinato di dolore.

Senza dire una parola mi voltai, le voci dei miei genitori che probabilmente mi stavano chiamando divennero un'eco, non riuscivo più neanche a sentirli.

Afferrai il casco e scesi di casa senza rendermi conto dei gesti meccanici che compivo.

Salii sulla moto, indossai il casco e partii così veloce che sentii lo stomaco svuotarsi.

No. No. No. No.

Quell'unica parola vorticava nella mia testa.

Rivissi ogni secondo passato con l'uomo che per me era stato un secondo padre, con il quale avevo condiviso l'amore per il nuoto e quello per i motori, che mia aveva spinto a provarci e a iscrivermi all'università, nonostante i miei professori delle superiori mi avessero detto che non ero portato. Mi ero messo a studiare perché lui, mio nonno, per primo aveva creduto in me e un po' mi aveva fatto credere che nella vita potevo riuscire in qualcosa.

Non poteva lasciarmi, non poteva andarsene via.

Arrivai al locale, sentii che le lacrime erano scese sulle guance senza che potessi impedirlo. Io che non piangevo mai, che non esternavo mai i miei sentimenti.

Respirati a fondo mentre i miei amici si avvicinavano a me.

«Finalmente, sei arrivato!» esordì Lorenzo dandomi una poderosa pacca sulla schiena.

«Non rompere» risposi scontroso.

Non sentii neanche cosa mi disse, scesi dalla moto e mi voltai per non farmi vedere che asciugavo le lacrime.

Ma Lorenzo non era uno stupido e mi conosceva bene. Si allontanò dagli altri, o forse disse loro di cominciare a camminare e venne dall'altro lato della moto per guardarmi in faccia.

«Cosa succede?» chiese poggiando una mano sulla mia spalla.

Scossi la testa. «Mio nonno...» non riuscii a dire altro.

Ma Lorenzo capii e mi avvolse tra le sue braccia. «Se la caverà, come sempre» cercò di rincuorarmi.

«Non stavolta» risposi trattenendo le lacrime.

«Vuoi che andiamo via?» domandò serio.

Respirai a fondo e mi voltai verso il locale, con l'intento di dare un'occhiata e poi accettare l'invito del mio migliore amico: non avevo voglia di stare tra le gente.

E fu in quel momento che la vidi.

Un sorriso che illuminava un viso delicato e uno sguardo scaltro, gli occhi verdi riuscirono a rapirmi anche da quella distanza nel solo attimo in cui i nostri occhi si incrociano. Le ciocche ramate si muovevano spinte dal leggero vento. Il fisico atletico e allo stesso tempo morbido era fasciato in un paio di jeans stretti e un top scollato sul seno.

Ogni mio neurone, ogni mio pensiero, ogni cellula del mio corpo fu attratta da quella ragazza. Mi sentii come svuotato da ogni cosa che di brutto ci fosse in me e nel mondo.

«Chi è?» chiesi a Lorenzo senza distogliere lo sguardo da lei.

Costa cazzo mi sta succedendo? Mi domandai sentendo uno strano sfarfallio allo stomaco mai sentito prima.

«La riccia dici?» domando il mio amico. «Arianna, ma l'ho vista prima io.»

Scossi la testa e affondai la mano nei miei capelli con fare nervoso. «No, la rossa.»

«Coraline» mi svelò finalmente Lorenzo. «Sono mie compagne di scuola.»

Improvvisamente mi era passata la voglia di andare via da lì. Volevo solo pronunciare quel nome così particolare e vedere che sapore avesse sulla mia lingua.

Spazio autrice ✨

Ciao readers del mio cuore ❤️

Eccomi qui con il primo capitolo extra dal punto di vista di Damiano 😎

Un po' triste, ma qui vediamo il suo #instalove per Cora 🥺

Solitamente non mi piacciono gli #instalove, ma per Damiano Nardin faremo un'eccezione, no? 😌

Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e se vi è piaciuto lasciate una stellina ✨

Vi ricordo che oltre questa storia trovate il primo volume della trilogia SYS (dark romance!/mafia romance) e il secondo in aggiornamento 😎

Vi ricordo che mi trovate su:

IG: lacasa_deilibri_ms
Tiktok: MartinaSchiavo18_autrice
Lacasa_deilibri_ms

Coraline Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora