Capitolo Trentuno

742 50 9
                                    

I muscoli chiedevano pietà, ma non avevo intenzione di dargli tregua. Non ancora almeno.

Mi allenavo da giorni e giorni, concedendomi solo le pause obbligate che mi dava la coach. Le selezioni erano sempre più vicine e ancora l'allenatrice non ci aveva detto quale sorpresa aveva in serbo per noi.

Quel giorno avevo fatto talmente tante serie di addominali che sentivo male in tutto il corpo. Ma volevo gettarmi in acqua e chiudere l'allenamento con una sana nuotata.

La seduta dalla psicologa prima di arrivare in piscina mi aveva dato molto su cui riflettere. Mi aveva portato a capire che era normale essere tristi per la fine dell'amicizia con Laura, ma che non dovevo sentirmi in colpa per quella leggerezza che percepivo in ogni fibra del mio essere, come se mi fossi liberata da catene invisibili.

La mia psicoterapeuta mi aveva dato un compito: concentrarmi su ciò che mi faceva stare veramente bene.

Il mio primo pensiero era stato il nuoto, la sensazione di benessere che provavo quando il mio corpo veniva avvolto dall'acqua.

Ma non avevo potuto fermare il mio cervello quando oltre alla mia amata piscina mi aveva proiettato l'immagine di due occhi nocciola e dei ciuffi biondo cenere.

Perché era inutile non ammetterlo almeno a me stessa: Damiano mi faceva stare bene.

«È molto che non facciamo una gara ragazze contro ragazzi» disse la coach distogliendomi dai miei pensieri.

Capitava che facessimo delle gare con la squadra maschile, giusto per spronarci un po' a vicenda.

«Coraline» mi chiamò l'allenatrice.

Misi la cuffietta e sistemai il costume, facendolo aderire perfettamente al corpo, come una seconda pelle. «Sì, coach!»

Mi portai davanti al trampolino, in attesa che scegliessero chi dovesse gareggiare con me.

Quando la voce del coach della squadra maschile risuonò nella palestra, il mio corpo si irrigidì: «Nicolò, in posizione.»

Tra tutti i membri della squadra aveva scelto proprio Nicolò.

Bene.

Mi sforzai di non far trasparire tutto il mio disgusto.

Percepii il suo profumo che una volta avevo trovato rassicurante e in quel momento invece mi diede il voltastomaco.

Non lo degnai di un solo sguardo mentre si metteva accanto a me. Mi concentrai solo sul respiro e sul pensiero che quella gara era appena diventata sicuramente più interessante.

«Vai, Coraline!» urlò Jessica.

Mi voltai a guardare la mia squadra che mi incoraggiava e sorrisi alle mie compagne. I miei occhi però furono catturati da una figura negli spalti più vicini alle vasche.

Damiano era appoggiato con le braccia alle sbarre, la schiena curva, la solita felpa aperta su una maglietta nera e il cappuccio sollevato sulla testa dal quale sbucavano delle ciocche di capelli. Lo sguardo puntato proprio su di me.

Anche da quella distanza riuscì a incendiare ogni parte del mio corpo.

Mi fece un cenno con la mano e potevo giurare che stesse indossando quel suo sorriso da bastardo che mi faceva scaldare la pelle.

«Coraline...» La voce di Nicolò mi diede un senso di fastidio.

Osservai Damiano ancora per qualche istante, poi mi sforzai di girarmi nella direzione di Nicolò.

Il suo viso privo di imperfezioni aveva un'espressione da cane bastonato e questo non faceva altro che mandarmi ancora di più in bestia.

Cosa cazzo voleva ancora da me? Non ero stata abbastanza chiara?

Coraline Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora