Capitolo Trentasei

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«Tutto bene?» fu la prima cosa che Damiano mi chiese quando arrivammo a casa sua.

Mi levai il giubbotto e lo poggiai sulla spalliera della sedia della sua scrivania, il letto accanto sembrava invitarci. Ma ci sarebbe stato tempo per quello, in quel momento volevo solo aprirmi con lui: prima di svelargli ciò che provavo, dovevo raccontarmi, permettergli di conoscere il mio passato, che non era esattamente quello di una normale adolescente.

«Credo che dovrei raccontarti un po' di cose...» lasciai la frase sospesa e poggiai il fondoschiena alla scrivania.

Damiano si avvicinò, indossava adesso solo la maglietta a maniche corte e i tatuaggi sulle braccia risalvano sui muscoli. Poggiò una mano sulla mia guancia e mi accarezzò con le nocche, delicatamente. Quel contatto, anche se leggero, mi causò il solito fremito.

«Non devi fare nulla che non vuoi, Coraline» mi sussurrò, il suo respiro che mi accarezzava il viso. «Se vuoi raccontarmi ti ascolterò, ma non devi sentirti costretta.»

Scossi la testa e presi un respiro carico del suo profumo. «No, non mi sento costretta, voglio che tu sappia tutto.»

Lui annuì e mi diede un bacio dolce sulla fronte che ebbe la capacità di farmi sentire più tranquilla, nonostante ciò che stavo per rivelargli.

Non avevo paura della sua reazione, sapevo che a lui potevo raccontare veramente tutto, senza la preoccupazione di essere in qualche modo giudicata.

«A Palermo non mi allenavo solo alla piscina comunale» iniziai mentre lui si sedeva nella sedia e io rimanevo in piedi tra le sue cosce possenti. «Frequentavo un Centro Nuovo Antimafia, nato per persone come Vittorio, ragazzi e ragazze con la sola colpa di essere nati in contesti degradati e abbandonati, con famiglie che fanno fatica ad arrivare a fine mese, o peggio con famiglie mafiose o legate alla mafia, che costringevano i figli a prendere la strada dei padri.»

«Vittorio è uno di loro?» chiese con una certa neutralità nella voce, anche se io ormai sapevo perfettamente quanto fosse bravo a nascondere le sue emozioni.

«Il padre di Vittorio è morto quando lui era molto piccolo, in un incidente stradale, la madre ha dovuto badare a lui e ad altre tre sorelle, completamente da sola.» Ricordai con tenerezza quella donna che nonostante la sofferenza per la perdita del marito si era dovuto prendere carico di una famiglia numerosa. «Doveva lavorare tutto il giorno, lasciando spesso i figli ai nonni, che per quanto potessero aiutarla, abitavano in quartieri dove basta incontrare la persona sbagliata per cadere in un brutto giro» le parole uscivano fluide, accompagnate dai battiti accelerati del mio cuore. «Così Vittorio ha incontrato Francesco Mersiglia...»

«Ho letto di lui sui giornali» disse Damiano. «Brutta storia.»

Cercai di mantenermi calma mentre pensavo a Francesco, a ogni volta che aveva ronzato intorno al Centro con la sua aria carica di boria, come se il mondo dovesse inchinarsi ai suoi piedi. «È stato la rovina di Vittorio, che non ha mai avuto un carattere forte, nonostante ciò che vuole far vedere.» Sistemai una ciocca dei miei capelli dietro l'orecchio. «Iniziai a frequentarlo e poco dopo lui si unì al clan dei Mersiglia, così iniziarono i litigi.» Mi aggrappai con le mani ai bordi della scrivania a quei ricordi. «Erano più le volte che discutevamo che quelle che passavamo a fare tutto ciò che le coppie dovrebbero fare. Lui veniva da me piangendo quando gli facevano fare cose terribili, che mai mi ha voluto raccontare...» Presi un altro respiro profondo. «Poi arrivò la droga, oltre a spacciarla per loro, iniziò a prenderla anche lui. Tommaso, il fondatore del centro, si offrì ci aiutarlo, ma lui fingeva solo, poi tornava nel suo giro e ricominciava. Ho perso il conto di quante volte mi ha fatto promesse che non ha mantenuto.» Ed eccoci arrivati al punto più complicato. «Una sera mi sono fatta convincere da Laura ad andare a una festa dove c'era il ragazzo che le piaceva e i suoi amici, dei figli di papà della Palermo bene» accompagnai con una smorfia quelle ultime due parole. «Vittorio mi aveva promesso di raggiungermi, ma non lo fece...» tentennai ricordando scene terribili che avrebbero per sempre tormentato la mia mente. «O almeno, lo fece quando era troppo tardi... Troppo tardi per Laura.»

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