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«ci trasferiamo.» queste furono le parole che volevo sentire da anni ormai.
ma mi spiego meglio: dopo che mia madre fu trovata a tradire mio padre, non avevano più smesso di litigare e di minacciarsi l'uno con l'altro. e io dovevo sempre sentire tutto, e sinceramente, non ce la facevo più.
quindi quando il mio papà mi disse che avremo cambiato casa, non potevo che essere felice.
non risposi, ma per i miei genitori non era una cosa nuova. quindi salii in camera e iniziai immediatamente a fare i bagagli.
misi le cuffie e presi un pacchetto di sigarette. ne accesi una. sì, sapevo di essere in una stanza e che non era giusto, ma non mi interessava.
tirai fuori qualche vestito dal mio armadio, li disposi disordinati dentro la valigia, che avevo lasciato in camera, aspettando finalmente questo giorno.
mi auguravo che la mia nuova vita con papà non sarebbe stata così penosa come lo era stata fino ad ora.
«mi senti?» sentii un urlo di mio madre, che si era avvicinata a me per togliermi gli auricolari.
«con questa stupida musica non mi ascolti mai» continuò, buttando le cuffie sul letto.
io continuavo a fare dei tiri davanti a lei, guardandola dritto negli occhi.
«tanto non mi ascolti a prescindere» gridò.
«ma non mi dire.» risposi sarcastica.
«non fare la spavalda con me.» mi rimproverò, tirandomi uno schiaffo sulla guancia. poi afferrò la mia sigaretta e la buttò nel cestino.
dopo avermi "picchiata" trovò il pacchetto che avevo lasciato sopra il letto e si prese anche quello, per poi andarsene, sbattendo la porta.
sogghignai e mi alzai la maglia oversize che stavo indossando e presi il pacchetto extra che mi ero comprata apposta per queste situazioni.
però decisi di non fumarne più nessuna, perché sapevo che se fosse entrata di nuovo non me la sarei cavata molto facilmente.
finii di prepararmi e scesi di nuovo al piano di sotto, dove c'era mio padre che mi aspettava sorridente e il riflesso di mia madre fuori in giardino, che fumava, probabilmente dalle sigarette che mi spettavano.
sorrisi e abbracciai mio padre e lui mi accarezzò i capelli con delicatezza.
«allora, piccola? sei pronta?»
annuii e mi fece segno di seguirlo in macchina.
«non devi salutare qualche tuo amico?» mi disse con voce preoccupata.
«no, tranquillo. tanto non saprei nemmeno chi salutare» dissi, sorridendo, anche se il mio cuore era pieno di tristezza.
quasi diciotto anni passati nella stessa cittadina e nessuna persona che potevo considerare amica.
mio padre fece un cenno con la testa e sospirò.
salimmo in macchina e iniziammo a parlare. beh, se devo dirla tutta, io preferivo ascoltarlo.
«vedrai. la germania è diversa. troverai tanti amici» disse fiducioso.
«te l'avevo detto anni fa che il tedesco ti sarebbe tornato utile!» infatti, era stato proprio lui ad insegnarmi la lingua, anche se non la sapevo perfettamente, ma me la cavavo.
«non ti manca la mamma?» mi chiese poi.
«sì. mi manca così tanto che sono addirittura andata a salutarla» dissi, e lui scoppiò a ridere.
dopo poco arrivammo all'aeroporto, parcheggiammo la macchina.
«ma lasceremo l'auto qui per sempre o cosa?» e mio padre rispose con un ghigno.
«piccola. anche david ha le chiavi. la verrà a prendere lui appena potrà»
david era mio fratello maggiore. e non era neanche l'unico, infatti all'aeroporto di lipsia sarebbe venuto l'altro mio fratello adrian a prenderci.
ma ci sarà tempo per parlarvi di loro.
il viaggio fu rilassante. mio padre dormì e io ascoltavo la musica, guardando il panorama dal finestrino.
non provavo nessun tipo di emozione per il trasferimento ed il cambiamento.
anche se nel profondo speravo di trovare qualcuno con cui poter parlare.
atterrammo finalmente in germania e andammo a prendere le valigie dai nastri trasportatori.
infine, incontrammo mio fratello adrian, che mi abbracciò appena mi vide.
«eccola la mia sorellina preferita» mi disse, scompigliandomi i capelli biondi.
«anche l'unica» risposi, staccandomi da lui.
«vedo che sei rimasta ancora acida» scherzò, per poi dare un abbraccio anche a mio papà.
adrian era andato via di casa molto presto, e si stabilì in una delle case di mio padre, che era un agente immobiliare.
loro due parlavano felicemente assieme, mentre io mi guardavo intorno.
ero persa nei miei pensieri, tant'è che una travolsi per sbaglio una signora anziana, che per poco non cadde.
mi insultò in tedesco e non capii molto bene, se non "stupida ragazzina".
«non si sarebbe più rialzata» pensai.
e dopo un ultimo viaggio in macchina di mio fratello, eravamo finalmente nella mia nuova casa.
«sono così felice di poter vivere con i miei due amati figli» disse mio padre, colmo di felicità.
scesi dalla macchina e anche qui iniziai ad esplorare con lo sguardo.
dalla casa di fianco alla nostra uscivano rumori di ogni tipo, urli, musica, risate...
«abbiamo dei vicini molto rumorosi» disse adrian, aprendo la porta.
mio fratello iniziò a spiegarmi dove fosse la mia camera, così io annuii e mi dirisi subito lì.
ma appena la vidi, emisi un leggero urlo.
aveva un balcone. era letteralmente perfetta per me! avrei potuto fumare in santa pace.
ma anche il resto della stanza non era affatto male.
il mio primo pensiero era di buttarmi sul letto, ma poi decisi di andarmi a lavare.
quando finii di fare la doccia, mi asciugai. infine diedi la buonanotte a mio fratello e a mio padre.
salii di nuovo al piano di sopra e andai a testare il mio nuovo angolino.
accesi la sigaretta e guardai la casa di prima, che aveva un balcone posizionato proprio come il mio.
non mi portai neanche gli auricolari, perché dalla casa usciva ancora della musica, che non era affatto male.
ma dopo qualche minuto il rumore cessò e vidi delle luci accendersi.
decisi di rimanere ad osservare, anche se probabilmente sembravo una stalker.
quando anche la luce della camera con il balcone si accese, alzai le sopracciglia per vedere meglio.
nel mentre me ne accesi un'altra.
vidi una persona entrare, e sembrava un maschio.
ma a quanto pare anche lui mi vide, perché mi guardò dritta negli occhi.
e poi aprì la porta del suo balcone, e finalmente lo potevo vedere bene di viso.
continuavo a fissarlo, perché era bellis-, no. lo volevo studiare.
era alto e indossava un cappello, che gli copriva parte della faccia. ma la parte più evidente del suo corpo erano i capelli. infatti, aveva dei dread lunghissimi. aveva anche addosso vestiti fin troppo grandi per lui e un piercing al labbro.
sorrise in modo malizioso e si affacciò alla ringhiera del suo balcone. mi osservò di nuovo e così feci anche io.
restammo così per qualche secondo, perché lui tolse lo sguardo.
«ragazzina, non dovresti fumare a dodici anni» scherzò, e a me non fece molto ridere.
mi alzai e continuai a fissarlo.
«e tu dovresti chiudere la bocca» sbraitai.
«non hai l'accento tedesco. da dove vieni?»
«mi dispiace, ma dato che ho dodici anni, non mi è permesso dare informazioni ad uno sconosciuto» dissi, alzando gli occhi al cielo.
«stai calma madonna. passamene una, così puoi farti perdonare» rispose, aspettando la mia sigaretta.
feci finta di dargliela, ma proprio quando la stava per toccare, la buttai di sotto.
«ops» esclamai ironica e lanciandogli un ghigno.
lui mi guardò male e guardò per vedere dove la avessi fatta cadere.
lo ammirai un'ultima volta e poi tornai dentro casa.
andai a lavarmi i denti e quando fui di nuovo in camera, vidi ancora la luce di quel ragazzo accesa.
poco dopo mi accorsi di aver fatto una stupidaggine. il mio obbiettivo qui era quello di avere almeno un amico.
ecco, la prima persona che mi si era presentata davanti probabilmente già mi odiava.
«partita col piede giusto...» mormorai abbattuta.

spazio autrice
ciao di nuovo bellii<3 sono tornata con una nuova storia! spero vi ispiri, anche se non c'è cristal HAHAHAH
scrivetemi nei commenti se il carattere di amber vi piace o semplicemente ditemi se vi sta piacendo 💕 ci vediamo presto con un nuovo capitolo🫶🏼

incasinati - tom kaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora