XXXIII

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«arrivederci ragazzi. svolgete gli esercizi a pagina 76 per domani» ci gridò la professoressa di matematica, cercando di attirare la nostra attenzione, nonostante la campanella fosse suonata.
corsi velocemente fuori dalla classe, perché volevo essere in orario per il mio primo giorno di lavoro.
tom corse verso di me, prima che io partissi con lo skate.
«hey! dove vai?!» urlò, tirandomi per il braccio.
«scusa tom. non posso fermarmi a parlare. devo andare!» dissi, cercando di togliermelo di dosso.
«che cazzo?» sentii la sua imprecazione in lontananza.
«scusami, appena posso ti spiego» vociai, girandomi con la testa e salutandolo.
lui si tirò su il cappellino a mo' di saluto, ma sembrava avere una faccia molto confusa.
non lo biasimavo.
provai ad andare il più veloce possibile e nonostante i miei tentativi di arrivare in orario, appena fui davanti al minuscolo edificio erano già le 14:07. erano sette minuti di ritardo, speriamo non rompa il cazzo.
entrai dalla porta e vidi la sua grande figura appoggiata al muro.
«bella, sei in ritardo.» mormorò lui con voce soave.
«non ho la macchina e ho finito scuola poco fa. ho fatto del mio meglio.» sbuffai, difendendomi.
«non deve più capitare.» disse con tono arrabbiato.
ridacchiai leggermente e mi guardai intorno.
«beh, non vedo clienti impazienti.» scherzai sarcastica.
«non prendermi in giro. ora vai a pulire il banco sul retro» mi ordinò lui. borbottai, perché non mi andava di essere comandata, ma alla fine trovai degli stracci e mi dirisi sul retro del negozio.
«brutto coglione...» sussurrai, mentre cercavo di usare le mie doti da donna delle pulizie.
facevo pena, ma alla fine ci riuscii.
appena tornai nella sala principale vidi una ragazza alta, con i capelli neri e bianchi che parlava con thomas.
aveva anche tantissimi piercing, orecchini e anche un outfit particolare.
«ah, ecco. lei é la mia assistente. sono certo che potrà aiutarti!» esclamò lui alla tipa, con un tono decisamente troppo amichevole da quello che aveva utilizzato con me poco prima.
alzai gli occhi al cielo e provai a sorridere a quella cliente.
«ciao» disse lei scocciata.
«mh... ciao. sei qui per un tatuaggio?» risposi, cercando di essere professionale.
«non mi dire.» mormorò ironica.
la volevo insultare così tanto. non potevo però, quindi mi limitai a fissarla con uno sguardo assassino, che valeva più di mille parole.
«che aspetti? voglio un cuore spezzato sulla gamba» come se me ne fregasse qualcosa.
«se continui a fare la ganza con me le uniche cose che avrai spezzate sono le tue ossa» la minacciai, non mi ero trattenuta.
fece un verso indignato e cercò di darmi uno schiaffo, che parai prontamente.
«non mi toccare. non perdere tempo. vai nell'altra stanza. quella porta» dissi con i denti digrignati e le indicai la direzione.
lei sbuffò e mi ascoltò.
il mio telefono iniziò anche a squillate ed era ovviamente tom, che sicuramente non aveva ancora accettato la scena di prima.
«hey tom» lo salutai a bassa voce.
«amber? dove cazzo sei? con chi sei? perché non mi racconti più niente?!» urlò lui dall'altra parte.
presi un respiro profondo.
«stai tranquillo. ho solo preso un impegno molto importante, tutto qua.» spiegai con calma.
«ma che impegno hai preso? cosa stai combinando?» disse sempre arrabbiato, ma poco meno.
«é qualcosa... dove aiuto mio padre.» mi inventai sul momento. era la scusa più di merda che avessi mai potuto creare.
«mi devo fidare?» mormorò che per poco neanche lo sentii.
«sì tom, fidati. non sto facendo nulla di male» risposi, sempre attenta a mantenere un atteggiamento cauto.
«va bene. allora ti lascio in pace, ma ti conviene farti viva al più presto. mi manca toccarti dappertutto» scherzò lui, finalmente diventato più tranquillo.
risi, lo salutai e poi chiusi la chiamata.
andai a vedere come stesse andando la situazione tra la tipa fin troppo audace e thomas il tatuatore coglione.
non sembrava succedere nulla di che, lei era sdraiata e thomas stava svolgendo il suo lavoro.
«amber, mi puoi mettere in ordine i fogli qui dietro?» mi chiese, continuando a usare i suoi aggeggi.
annuii e raccolsi le cartacce per terra, alcune le buttai, altre le ordinai per bene. appena finii, le posai sulla scrivania.
così fu tutta la giornata lavorativa. ascoltavo quello che mi diceva thomas, sistemavo, pulivo e parlavo con i clienti.
così fino alle otto di sera. ero esausta, andando avanti con il tempo, quel bastardo mi trovava sempre mille cose da fare in una volta sola, e io non stavo più ferma.
quando finalmente potetti andarmene, presi il mio zaino, tirai fuori le cuffie e cercai di lasciare il posto, ma il mio capo da quattro soldi mi fermò.
«non mi saluti?» quando non c'erano clienti si rivolgeva a me con un tono flirtante, e io stavo iniziando a rompermi le palle.
«ciao» borbottai.
mi prese per il fianco e mi sbatté contro il muro con forza.
che cosa stava facendo?!
«non mi toccare» gridai, cercando di scappare.
«shh, stai calma. non ti mangio mica...» sorrise malizioso, per poi iniziare a palparmi un seno.
questo era fuori di senno.
gli schiaffeggiai la mano e continuavo a cercare un modo per levarmelo di dosso, ma la sua forza era nettamente superiore alla mia.
«non ti agitare. sei troppo bella per non essere neanche sfiorata» disse lui, continuando a sorridermi e a toccarmi, ora in fondo alla schiena.
«smettila di palparmi, che cazzo di problemi hai?!» urlai infine, tirandogli un pugno sul naso.
«hey, calmati. pensavo ti piacesse!» si difese lui.
«toccami un'altra volta e ti ammazzo con le mie stesse mani» lo minacciai. ora che si era indebolito, riuscii a spingerlo via.
«scusami, bella. non succederà più» sembrava essere veramente dispiaciuto.
io lo guardai con aria di superiorità.
«permettiti un'altra volta...» gli sussurrai, usando il mio tono più intimidatorio.
«non so cosa mi é preso, veramente, perdonami» sospirò lui, mettendo la mano dietro alla testa, imbarazzato.
rimasi in silenzio, mentre afferravo le ultime cose.
«per favore, non lasciare il lavoro. qui ho veramente bisogno di una mano» mi pregò lui.
«vengo solo per i soldi, pervertito del cazzo.» dissi infine, per poi uscire da quel posto.
ero scioccata da quanto accaduto.
c'era da aspettarselo. non mi potevo fidare di nessuno.
sbuffai e aprii per la seconda volta in un giorno intero il telefono, che mostrava una miriade di notifiche.
papà, adrian, bill, tom e chi ne ha più ne metta.
aprii velocemente qualche messaggio.
papà: "piccola quando finisci il lavoro?"
bill: "usciamo stasera?"
adrian: "ho trovato anche io un posto. appena torni ti dicoooo"
tom: "bambi come stai?"
non risposi a nessuno, non ne avevo le forze. ero stanca morta.
bilanciare la scuola, il lavoro, degli amici, un ragazzo e la famiglia non era per nulla facile come appariva.
adrian aveva ragione a preoccuparsi.

spazio autrice
mmmh, thomas pazzerello😦
amber in una situazione super stressante hahah, comunque spero vi piaccia.
secondo alcuni miei calcoli (che potrebbero cambiare) la storia dovrebbe concludersi fra circa... 10-12 capitoli. hahah nulla di confermato, sto ipotizzando🫶🏼
e nulla, buonanotte e a domani 💘❣️

incasinati - tom kaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora