XXVII

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tom's pov
dopo aver rimesso i miei vestiti e cappelli al loro posto, uscii di corsa, per suonare di nuovo a casa di bambi.
suonai e suonai, ma nessuno mi stava aprendo. che palle, cosa stava succedendo?
ritornai da bill, che era in salotto ad annotare qualcosa, probabilmente una nuova canzone.
«oh, perché amber non c'è secondo te?» chiesi il suo parere. alzò leggermente la testa dal suo bloc notes e sospirò.
«non lo so tom. ed evita di disturbarmi, sono impegnato» disse scocciato.
mi offesi un pochino, non era da lui rispondermi così.
«non puoi provare a chiamare adrian? magari lui sa qualcosa» proposi, ignorando la sua richiesta di lasciarlo in pace.
mi guardò male e mi passò il telefono.
«fai da solo.» lo ascoltai e cercai il nome di "adrian" tra i suoi contatti.
non lo trovai.
«fra come lo hai salvato?» domandai perplesso.
lui diventò pallido e io capii. scoppiai a ridere mentre lui si riprendeva il cellulare.
«fa vedere!» borbottai, provando a spiare.
intravidi la scritta "piccolo" e iniziai di nuovo a ridere.
«piccolo adrian, me lo fai un bocchino?» lo presi in giro e la sua faccia ora era rossa.
«non sei divertente!» mi sgridò lui.
«va bene, ora dammelo» dissi, riprendendo il telefono.
dopo qualche squillo, rispose.
«hey piccolo» dissi, provando ad imitare la voce di bill.
non riuscii a stare al gioco quindi poi lo salutai, dicendo di essere tom.
«non fai ridere. cosa vuoi? perché non sei in aereo?» mi chiese.
«chill. ci hanno annullato il volo e il nostro manager ci ha buttato nella spazzatura, quindi siamo tornati a lipsia» raccontai.
«dio, siete seri?!» esclamò stupito.
«sì sì, te lo spiegherà meglio il tuo piccolo. ora dimmi, dove sta amber?» quando posi la domanda, non subito arrivò la risposta.
«ci sei?» insistei.
«sì... solo che, quando siamo venuti a salutarvi stamattina, appena fummo di nuovo in macchina, amby si é addormentata di colpo. quando si é svegliata, ha pianto per la vostra assenza. si é anche tagliata, ho visto delle cicatrici sanguinanti e poi le ho controllato la febbre, ed era cazzo, altissima. ora é in ospedale con me.»
l'ultima frase mi colpì nel cuore.
«porca troia. come sta? cosa dicono i dottori?» urlai, attirando anche l'attenzione di bill.
«una merda. dicono che la sua testa non ha retto le brutte notizie o che cazzo ne so, e quindi ora sta male. non so che fare, sto pregando.» disse preoccupato.
gli chiusi il telefono in faccia e scappai subito dal salotto.
sarei andato subito da lei.
era anche colpa mia se stava male.
se qualcosa di brutto fosse successo, non me lo sarei mai perdonato.
unico problema é che non potevo andarci in skate. come l'avrei raggiunta?!
ragionai e l'unica opzione rimasta era uno di quegli autobus sottosviluppati.
«che palle» mormorai, per poi cercare la stazione più vicina.
«vai in ospedale?» domandai al conducente, appena l'autobus arrivò.
lui annuì scocciato, chissà che noia stare a guidare tutto il giorno e rispondere a passeggeri.
aspettai un po' e sbuffai ripetute volte per la lentezza di quel trasporto.
dopo una vita quel coglione giunse a destinazione, quindi scesi più veloce che mai.
entrai di corsa e cercai un punto informazioni.
«la mia ragazza é ricoverata, dove la posso trovare?» chiesi alla signora al banco.
rispose anche lei scocciata. madonna, sembravano tutti esauriti.
«perché ovviamente io so chi é la tua ragazza.» rispose ironica, sbuffando poco dopo.
«amber.» risposi.
«amber. amber chi? serve un cognome, ragazzino.» mi stava innervosendo così tanto.
«si calmi. di cognome fa dahl.» appena lo dissi, lei si mise a smanettare con il suo computer da quattro soldi, mentre io aspettavo con il braccio appoggiato sul banco.
«secondo piano. chieda poi alle infermiere» borbottò, fissandomi con i suoi occhiali.
«ce ne ha messo di tempo.» risposi sarcastico, per poi andarmene via.
presi l'ascensore e arrivai al secondo piano. mi guardai attorno e vidi un'infermiera bellissima.
perdonami bambi.
dicevo, vidi un'infermiera orribile.
mi avvicinai, e lei mi guardò. già si notava che le piacevo.
insomma, a chi non piacevo?
ora mi conviene smettere di fare il presuntuoso e cercare dove si trovava il mio amore.
«salve, cara. mi sa dire dove posso trovare una ragazza di nome amber dahl? é ricoverata in questo piano» chiesi gentilmente.
«s-salve. mi segua.» rispose imbarazzata.
lei iniziò a camminare e io rimasi dietro di lei.
dopo poco arrivammo davanti ad una stanza.
«posso entrare, vero?» dissi, mettendo già la mano sulla maniglia.
«non potrebbe ora. un visitatore é già dentro.» mi ammonì la tipa.
«peccato. va bene, allora aspetto finché esce.» mormorai con tono triste.
lei annuì e se ne andò.
appena lei non fu più in grado di vedermi, entrai di soppiatto nella stanza.
«un visitatore é già dentro, gne gne gne» sussurrai, usando una voce acuta come la sua.
appena fui dentro, vidi adrian affianco ad amber, che era sdraiata sul letto.
vidi che stringeva con forza il pupazzo da me regalato e quasi mi commossi.
«bambi!» gridai, correndo verso di lei.
le presi la piccola manina e la guardai, in tutta la sua bellezza.
«tom?» disse suo fratello confuso. gli spiegai brevemente la situazione, mentre continuavo tenere stretta la mano di amber.
«non sapevo si potesse finire in ospedale di febbre» sbottai confuso.
lui sospirò.
«non é qua solo per la febbre, ma anche per i suoi problemi mentali...» disse, rassegnato.
mi scese una lacrima, perché sapevo che la colpa era tutta mia. mi ero permesso di insultarla, ferirla e pure abbandonarla. e nonostante tutto, lei dormiva con il mio regalo...
ero stato un fidanzato terribile.
«cazzo, é solo colpa mia.» sussurrai, accarezzandole i capelli e iniziando lentamente a piangere.
«mancava poco che non se le tagliava tutte quelle vene. menomale che sono venuto a vedere come stava» raccontò anche. a quel punto avevo gli occhi lucidi e la pelle d'oca.
«non me lo potrò mai perdonare» mormorai disperato, sdraiandomi accanto a lei.
«bambi, perdonami. appena ti sveglierai, farò di tutto per renderti felice. cazzo, quanto ti amo.» le rivelai sottovoce, accanto all'orecchio.
la vidi mormorare qualcosa, e si mosse leggermente.
«si sveglierà presto?» chiesi ad adrian.
«sì, questione di ore, dicono. era distrutta, in tutti i sensi...» disse afflitto. io sospirai e mi asciugai le lacrime.
«maledetta america» mi arrabbiai.
adrian rise e io abbracciai la mia piccola pazza.
la amavo, con ogni suo difetto.

spazio autrice
capitolo molto easy pure questo, ma ora possiamo tirare un sospiro di sollievo.
spero vi piaccia e a domani (non faccio spoiler,a sono sicura che a molti piacerà 😉)
buonanotte belli💘❤️🫶🏼🫶🏼🫶🏼

incasinati - tom kaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora