nonostante volessi fare pace con tom, lo ignorai per settimane. non volevo dargli una soddisfazione del genere. tra l'altro, io non avevo tutti i torti. avrebbe dovuto chiedere scusa anche lui.
fatto rimaneva che nonostante volessi evitarlo ad ogni modo, sembravamo essere sempre collegati in qualche maniera.
ieri ero andata allo skatepark per allenarmi, e chi c'era? lui. qualche giorno fa ero andata ad un locale, e chi c'era? beh, avevate dubbi? lui. ma ogni volta non ci parlavamo.
ma il contatto visivo era alle stelle. sembrava che ci volessimo parlare, ma c'era un muro che ce lo impediva.
é come se io volessi ricevere delle attenzioni da lui. e lui da me.
ora anche in balcone non ci vedevamo più. lui aveva notato gli orari in cui io uscivo, quindi non si presentava più a quelle ore.
era veramente serio. non voleva più avere a che fare con me!
ero in salotto a giocare ai videogiochi, ma adrian venne a parlarmi.
«hey amby. posso?» disse, e io gli passai il joystick.
scegliemmo cosa giocare e non parlammo, dato che io ero troppo concentrata dal voler vincere.
quando riuscii a batterlo, lo presi in giro, facendogli la linguaccia, ma non si arrabbiò.
«sorellina, ti vedo spenta in questi giorni» rivelò.
era vero. non che io fossi sempre piena di allegria, ma comunque queste ultime settimane non erano state le migliori per me.
«sto facendo fatica a trovare degli amici» ammisi, era pur sempre mio fratello. di lui non potevo che fidarmi.
«pensavo che i vicini ti stessero simpatici!» esclamò lui sorpreso.
«mi conosci. sai che non sono brava a mantenere le amicizie» mormorai tristemente.
«hai litigato con loro?» chiese, sistemandomi i capelli dietro le orecchie.
poi decisi di raccontargli tutta la storia, che adrian ascoltò con massima attenzione.
quando finii di spiegare, lui sospirò.
«vuoi sapere il mio parere?» chiese cauto.
«starei meglio senza» risposi, giocherellando con il controller.
«dovresti chiedere scusa. fidati.»
era fuori discussione. non sarei mai andata a chiedere scusa ad uno come quello. nemmeno morta.
«scordatelo» dissi, per poi mettermi a ridere.
«sono certo che vuole risolvere anche lui!» continuò ad insistere, ma io ormai mi ero puntata: non mi farò mai perdonare da lui.
«allora che lo faccia» dissi scocciata.
«ascoltami. siete entrambi troppo orgogliosi. volete entrambi fare pace, semplicemente non sapete chiedere scusa» aveva senso come discorso, ma comunque io sarei rimasta lo stesso orgogliosa. alla fine cosa mi importava di fare pace con quel coglione?
«devi imparare a chiedere scusa nella vita. é fondamentale» scossi la testa e me ne andai dal salone, ancora triste.
non ne volevo sapere niente. la mia vita continuava uguale anche senza quel chitarrista fallito.
forse mi dispiaceva che bill sembrava evitarmi, e io con lui mi trovavo bene.
alla fine decisi di scrivere a bill, perché non volevo che il mio unico amico se ne andasse a puttane.
"ciao, come stai?"
dopo pochissimo mi rispose, e io mi stupii.
"hey am! tutto bene, tu?"
dissi di stare bene, anche se poi non sapevo come continuare la conversazione.
"ho una cosa da raccontarti, vieni da noi?" visualizzai, però mi preparai per andare.
ero contenta. magari era la volta buona che tom ed io ci parlassimo. preferivo di gran lunga essere presa in giro che essere ignorata.suonai e bill mi aprii.
«hey, entra pure» pensavo che saremo andati in salotto, invece mi fece scendere le scale.
arrivammo in una specie di cantina, dove erano posizionati tutti gli strumenti della band. c'era anche tom che sistemava la chitarra, alzò lo sguardo, ma poi continuò a farsi i fatti suoi.
«provate qui?» chiesi, sedendomi sul divanetto.
«esatto. vuoi qualcosa da bere?» esclamò di buonumore.
«se ti va, dell'acqua» lui disse che non c'era nessun problema, ringraziai e lui salì al piano di sopra.
eravamo solo io e tom.
forse avrei potuto ascoltare adrian. ma non gli avrei chiesto scusa.
il mio istinto diceva che dovevo rivolgergli la parola, quindi lo ascoltai.
«tu invece? come stai?» chiesi, cercando di avere un tono di voce amichevole, proprio come quello di bill.
«bene.» non aveva tirato su lo sguardo, e non mi aveva chiesto come stavo io. bella merda. e ora che faccio?
«sai, anche io suono la chitarra elettrica» dissi, completamente a caso. però sembrava che avessi attirato la sua attenzione.
«seria?» mormorò, sorridendo.
boom. ci ero riuscita.
«sì, non sono male» dissi, avvicinandomi verso di lui.
«pensi che me ne freghi veramente qualcosa?» disse poi lui, e capivo che con quel "seria" mi aveva soltanto preso in giro. e ora mi aveva appena imitato.
«non sono così» dichiarai, infastidita.
«lo sei eccome, bambi» non aveva tutti i torti. era parte di me dire che non mi interessava di qualsiasi cosa.
stavo per chiedergli scusa, o almeno lo avrei chiesto a mio modo, ma comunque arrivò bill con il mio bicchiere.
me lo presi e tom continuò a non parlarmi più, mentre io e bill ci raccontavamo di tutto.
«allora ti devo dire una cosa!» affermò.
«fra un po', io, tom, gustav, georg e altre ragazze e ragazzi, andiamo in vacanza al mare»
«vivevo lo stesso anche senza questa informazione» sbottai, e vidi tom sorridere.
«se mi fai finire. dicevo, magari potresti venire con noi?» era una proposta accattivante, ma non ero molto sicura.
«dove vorreste andare?» chiesi incuriosita.
«vicino. pensavamo italia, hanno un bel mare» mormorò bill.
io non risposi, ma lui probabilmente voleva sapere se sarei venuta o meno.
«am, sei viva?» disse, facendo gesti davanti ai miei occhi.
«sono morta» risposi, per poi far finta di svenire sul divanetto.
ci mettemmo a ridere, incluso tom.
«quindi? vieni?» concluse bill, e io annuii.
mostrò uno dei suoi sorrisi. era una persona d'oro. avrei voluto avere questo carattere anche io...
mi spiegò tutti i dettagli, e io continuavo ad annuire come una scema.
«ma passiamo a cose più importanti...» vociò bill.
«in vacanza non voglio gente litigata, quindi ora voi due coglioni fate pace» ordinò bill.
«abbiamo già... risolto» mentì tom.
«semplicemente ci ignoriamo. alla fine é quello che vuole lui.» dissi tranquilla.
«cazzo dici?! ti stavo vicino e per poco non mi sputavi in faccia» e iniziammo a discutere.
«basta. fate pace o vi faccio vedere io cosa succede» ci impose bill.
nessuno di noi due sembrava voler ascoltarlo.
«esco da qui per qualche minuto. vi conviene risolvere.»
«se no?» lo provocai io.
ma lui non rispose. salii le scale e noi fummo di nuovo da soli.
«bambi, siamo stati entrambi infantili. ora chiudiamo il discorso.» disse serio.
«no caro. tu sei stato infantile» ecco, in realtà avevo sbagliato anche io, ma non mi andava di ammetterlo.
«vieni qua.» disse, indicandomi di sedermi di fianco a lui.
lo ascoltai e mi sedetti.
«la verità é che volevo parlarti da molto» ammise lui.
«io no. stavo meglio senza di te.»
«bambi, non fare l'orgogliosa» scherzò lui, scompigliandomi i capelli.
«cosa vuoi da me?» dissi arrabbiata, sistemandomi.tom's pov
«cosa vuoi da me?» baciarla. ecco cosa volevo. era letteralmente attaccata a me, e quelle labbra magnifiche mi chiamavano. ma non mi piaceva. invece, mi piaceva stuzzicarla, e dopo tutte quelle settimane passate ad ignorarla, mi accorsi che le sue risposte antipatiche e il suo carattere odioso mi mancavano. era un po' particolare, ma ora che la conoscevo, la sua assenza non passava inosservata per me.
«scusa se sono antipatico» ovviamente non lo ero, ma facendo così anche lei avrebbe detto qualcosa.
«scusa se... scusa se-» non sapeva chiedere scusa.
«ripeti insieme a me: scusa se sono una rompipalle così fastidiosa e presuntuosa»
fece una faccia offesa, e io scoppiai a ridere. aveva ragione bill, era dolce in fondo.
«perché tu cosa sei?» rispose infuriata.
«allora non chiedere scusa per nulla» dissi infine.
sembrava soddisfatta. anche io lo ero.
«anche se siamo "amici" non pensare di fare lo sbruffone con me» borbottò lei.
«e tu offrimi le sigarette senza buttarle a terra. quella merda costa»spazio autrice
diciamo che sono diventati "amici", ma non durerà molto questa roba, già vi avviso🥹
spero che comunque vi piaccia, anche se non é successo molto🫶🏼 ci vediamo domani con la nuova parte❤️
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incasinati - tom kaulitz
Fanfictionamber si è appena trasferita in germania con il padre, a seguito di vari problemi familiari. ma ci sarà qualcuno che non le renderà la vita facile... «mi piacciono i tuoi occhi. sono ambrati, come il tuo nome. sai chi altro ha gli occhi come i tuoi...