II

4.9K 333 217
                                    

era una calda notte d'estate, e io non riuscivo a prendere sonno, nonostante il viaggio lungo e stancante. si erano fatte le tre di mattina e la cittadina era completamente al buio. accesi la lampadina di fianco al mio letto e mi alzai, facendo il meno rumore possibile.
non sapevo cosa fare, perché non volevo dormire, ma non volevo neanche rimanere lì a fissare il vuoto.
«ma che me ne fotte» sussurrai, prendendo il mio skate da dietro la porta.
mi vestii al mio solito modo e scesi le scale molto lentamente.

mi vestii al mio solito modo e scesi le scale molto lentamente

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

infine aprii la porta d'ingresso e mi sentii libera. c'era un venticello rinfrescante e si stava da dio anche in maniche corte.
poi iniziai a fare qualche giro per la città, facendo accendere i lampioni automatici.
devo ammettere che non era male come posto. era tutto ben curato e ogni cosa era al suo posto. però, mentre skatavo per le vie, mi accorsi di un cartellone, che era stato attaccato ad un muro di un probabile bar.
mi avvicinai per leggerlo e la scritta diceva "tokio hotel, esibizione venerdì 23 giugno, ore 21" con sopra un'immagine di quattro ragazzi.
«guarda il bastardo...» avevo notato che uno dei quattro era lo stesso del balcone.
quindi il tipo faceva parte di una band? alla fine poco mi interessava, quindi mi dimenticai la data un istante dopo.
cercai di tornare piano piano verso casa, per fortuna la strada non era troppo complicata da memorizzare.
misi le mani dentro le tasche per trovare un pacchetto, ma non c'era. imprecai infastidita, ma non aveva senso essere arrabbiata: poco dopo ero già arrivata.
ma prima di rientrare, girai lo sguardo verso i vicini e vidi una sagoma nel giardino. aveva lo sguardo fisso sul telefono e una birra nell'altra mano.
«questo è l'amichetto...» mormorai, riconoscendo quel ragazzo dai capelli neri al centro del poster. nel manifesto aveva i capelli sparati in aria ed era molto truccato, ma lì era leggermente diverso, o almeno così sembrava.
ma ovviamente si accorse che lo stavo fissando.
mi guardò da lontano, impaurito.
poi però il suo sguardo si tranquillizzò.
mi sorrise, e io non ricambiai.
stavo per ritornare dentro casa, ma poi mi ricordai che volevo un amico. me ne bastava uno, giuro.
e lui sembrava una buona opzione. sicuramente avevamo la stessa età.
«calmati amber. non essere aggressiva.» pensai tra me e me. mi avvicinai a lui, mostrando un mezzo sorriso.
«hey stalker» disse lui, posando la birra sul tavolino.
alzai la testa come saluto e lui sembrava quasi confuso.
«tu non... parli?»
«parlo, grazie» dissi super scocciata. no. amber. sii gentile e lui lo sarà con te.
«simpatica eh. come ti chiami?» per fortuna voleva lo stesso fare conversazione.
«amber.» risposi, alla velocità della luce.
«io bill, comunque...» sicuramente pensava che ero strana. ok, ero ancora in tempo per recuperare.
«non mi pare di avertelo chiesto?» risposi.
ecco. di nuovo. amber sei cogliona.
«scusa, credo? hai mai parlato con una persona?» scherzò e mi passò la birra. io la accettai e ne bevvi un po'.
«colpa mia. non sono brava a-» provai a sistemare, ma non riuscii a finire la frase.
ero un caso disperato.
«hey, tranquilla. possiamo essere amici, se ti va...» aggiunse il "se ti va" alla fine, perché probabilmente non voleva ricevere un'altra risposta delle mie.
sì! cazzo, finalmente qualcuno me l'aveva chiesto! era anni che aspettavo questo momento.
«mi piacerebbe moltissimo» dissi entusiasta, cambiando atteggiamento. ora sembravo una bambina a cui avevano appena regalato una barbie.
rise, e iniziò a farmi un po' di domande.
io provavo a rispondere, anche se spesso lo facevo con monosillabi.
«sai, questo venerdì ci esibiamo. passa» disse poi, e mi ritornò in mente la data di prima.
«ho visto il manifesto»
«bene, quindi verrai?» mi chiese, sorridendomi.
«sì sì, come no.»
«dai, seriamente. siamo bravi.» disse, cogliendo il mio leggero sarcasmo.
«non penso che le dodicenni siano ammesse alle vostre esibizioni» dissi, provando ancora rancore verso l'amico suo, anche se mi sembrava che fossero troppo simili per essere semplici amici.
lui mi guardò stranito.
«lascia stare, ma chiedi al tuo amichetto coi dread di spiegartelo»
«come? hai già conosciuto tom?» ecco allora, si chiamava tom.
«che cazzo ne so. se è quello che vive qui allora sì» dissi, alzando gli occhi al cielo.
«sei troppo permalosa. comunque, è mio fratello»
«non c'è da stupirsi. siete uguali» mormorai, bevendo un altro sorso.
«per l'esattezza, gemelli»
iniziò a raccontarmi di lui e della sua band, come se me ne fregasse qualcosa.
cercai di essere interessata, perché avevo finalmente trovato una persona che non mi aveva mandato a quel paese dopo qualche minuto.
«senti, tutto molto bello. ma ora vado a letto» si erano fatte le cinque e noi avevamo parlato per quasi due ore. avevo scoperto tantissime cose su quei tipi, e quasi quasi pensai di presentarmi il venerdì.
«va bene, amber. mi sa che dovrei pure io. allora ci vediamo il 23?» chiese speranzoso.
«contaci.» e ridacchiai, per poi uscire dal giardino. lo sentii sospirare, ma ormai ero già andata via.
ritornai in camera e feci un sorriso a 32 denti, che non capitava spesso. ero fiera di me.
infine indossai di nuovo il mio pigiama e finalmente riuscii ad addormentarmi.

incasinati - tom kaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora