Capitolo 7

112 4 0
                                    


Vigilanza costante. Moody aveva trascorso l'estate a ripeterlo ogni volta che Evaline palesava il desiderio di andare in Diagon Alley e fare scorta di libri al Ghirigoro, gita che veniva sempre rimandata a causa dei disordini e gli attentati dei mangiamorte. Per Evaline fu complicato ignorare l'impulso di fuggire per procurarsi da sola ciò di cui aveva bisogno, in più di un'occasione venne sorpresa appena in tempo da Madame Francine o da Theodore, che in qualche modo si era fatto più sospettoso.

«Sei strana.» Dichiarò un pomeriggio particolarmente sereno, quando tutti i ragazzini si trovarono fuori a giocare e lei era rannicchiata sulla sua poltrona preferita intenta a rivedere delle formule di pozioni che ormai aveva imparato a memoria a forza di rileggerle.

«Me lo hai già detto.»

«Studi troppo.»

«Detto da un Corvonero suona strano, sai? Dovresti essere tu quello con il muso tra i libri.» Il commento stizzito fece aggrottare ulteriormente la fronte di lui, che le si piazzò davanti con ostinata attenzione.

«Mi riferisco anche a questo. Ieri hai fatto piangere Alice, sei stata cattiva.»

«Aveva nascosto i miei appunti.»

«Perché voleva giocare con te. Ti vuole bene, prima di Hogwarts stavate sempre insieme. Le sei mancata, sai?»

Evaline esitò quel tanto che bastava a far comprendere all'altro che quelle parole avevano sortito l'effetto sperato.

«Andiamo in cortile, dai. Sei pallida come un avvincino.»

Evaline scattò in piedi, spinta da una furia che poco si sposava con i tratti del viso, con la dolcezza degli occhi e quell'indole docile che aveva sempre mostrato. «Tu non sopporti l'idea che la figlia di un mangiamorte sia meglio di te, non è vero? Sei patetico. I tuoi perfetti genitori auror non ti hanno insegnato che è scorretto cercare di sabotare il prossimo?»

Theodore divenne rovente, le guance paonazze nel tentativo di trovare una risposta che Evaline trafisse sul nascere.

«Lasciami in pace. Io devo essere l'alunna migliore di Hogwarts.»

Marciò via dalla stanza lasciandolo sgomento.

Non si parlarono per tutta l'estate e l'inizio dell'anno scolastico giunse senza ulteriori intoppi. La sera prima della partenza per Hogwarts venne a trovarla Moody, cicatrici nuove sul viso già deturpato.

«Sei contenta?» Borbottò lui nel tentativo di essere anche solo vagamente gentile. «Mi pare che ti sia piaciuto stare lì. I tuoi voti erano buoni, no?»

Evaline annuì, le gambe rannicchiate sotto la lunga camicia da notte di cotone rosa. Le stava larga, le maniche adagiate sulle braccia magre. Era cresciuta di qualche centimetro, dettaglio che pareva spiegare la sua magrezza.

«Bene.» Sbottò lui. «Cerca di non esagerare. Gli anni della scuola servono ad instaurare legami. Sì, insomma...amici, no?» Non attese una risposta, pareva che quel discorsetto fosse stato preparato e ripetuto più volte. «Beh insomma, fa' la brava. Se ti serve qualcosa scrivimi, il tempo di risponderti lo trovo.»

La debole presenza di quella voce dentro di sé si fece sentire con più prepotenza: abbraccialo. Lei obbedì, ignorando la rigidità dell'uomo. Il peso che si portava nello stomaco parve dissiparsi del tutto.

«Lo so, zio Alastor.»

Ma ogni volta che la lasciava andare, Evaline tornava lì, nel suo rifugio, lasciando che i fili invisibili tessuti da qualcun altro la conducessero dov'era destinata.

EvalineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora