Capitolo 12

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Severus si premurò di tenere aggiornata Evaline circa le sorti del fratello, ma per quanto indorasse la pillola, non c'era niente di rassicurante. Ewan era un fiero sostenitore del Signore Oscuro e in quei giorni si mostrava lucido e padrone di sé, ben lontano dall'essere il ragazzo disturbato e fragile di un tempo. Era come se in quegli anni Evaline avesse custodito il guscio entro cui era racchiuso il vero Ewan, protetto dagli incantesimi che avevano preservato il volere e il fanatismo dei genitori. La donna sospettava inoltre che Severus tacesse riguardo molti dei crimini ai danni di babbani, nei quali vedeva una certa continuità, in molti casi: adulti sottoposti a cruciatus e poi fatti levitare in posizioni ridicole, scomposte, con i figli quasi sempre sigillati all'interno di stanze buie, ma illesi. I bambini venivano spesso costretti a vere e proprie prigioni di oscurità, in cui almeno venivano privati della vista dei genitori seviziati.

«Ewan è rimasto in una prigione per quasi tutta la vita.» Le aveva detto Moody, un giorno a Grimmaulde Place. «Probabilmente gli è di un qualche conforto sapere di non essere l'unico ad aver subito un simile trattamento.»

L'auror non si era mai perdonato di non essere stato in grado di salvare il ragazzo, Evaline sentiva i suoi sensi di colpa oltre i modi scontrosi e pratici, oltre quel suo fare burbero e a volte brutale.

Con la morte nel cuore, Evaline trovò liberatorio tornare alla routine di Hogwarts, per quanto la prospettiva di avere il braccio destro di Fudge fosse alquanto deprimente.

Dolores Umbridge non sembrava una persona di cui avere timore, ad un primo sguardo. A vederla si poteva definire perfino affabile e gentile, ma nel suo perenne sorriso c'era un che di compiaciuto che l'infastidì. Detestò vederla ficcarsi nel posto tra lei e Severus, costringendola a sedersi più distante quasi con fare gongolante. La vide inoltre attaccar bottone con Severus, ma non ebbe modo di udire granché, perché presa dal ronzio della Sala Grande e lo smistamento ormai avviato. Sentiva lo stomaco brontolare e fu grata a Silente che, sintetico, non tolse altro tempo alla cena. Tuttavia, Dolores Umbridge prese parola ed Evaline fu costretta a rimandare l'assalto al pasticcio di fagiano che iniziava a raffreddarsi nel suo piatto. Più volte sbirciò alla volta di Severus, ma non ricevette alcuna occhiata, evidentemente preso da tutti quei sottintesi della donna durante il suo discorso.

«Che ne pensi?» Chiese Evaline una volta al sicuro negli alloggi che condividevano ad Hogwarts, dove la notizia del loro matrimonio era stata accolta con un certo scetticismo da parte degli studenti, che sbirciavano verso i due ogni volta che se li ritrovavano vicino.

«Di Umbridge? Cosa dovrei pensare?» Fece lui, gettando mantello su una poltrona, le dita subito ad armeggiare con i polsini di giacca e camicia. «Il Ministero sta facendo il gioco del Signore Oscuro. Quando i governanti ficcano la testa sotto la sabbia e mandano avanti una politica di oscurantismo finiscono con il foraggiare ciò che più temono. Dolores Umbridge non è qui per insegnare Difesa contro le arti oscure.» Gettò i gemelli su un piattino della toeletta che condividevano, fissando il proprio riflesso con lo sprezzo negli occhi neri. Era furioso. «I ragazzi sono già maledettamente indietro con il programma, questa pagliaccia darà l'ennesima batosta al loro apprendimento.»

«Ho visto i libri di testo.» Sospirò Evaline, rigirando la bacchetta tra le dita. Aveva preso l'abitudine di estrarla senza una ragione, come a voler prendere familiarità con essa. «Penso sia aberrante impedire ai ragazzi come difendersi dai tempi che verranno.» Fissò gli intagli del manico, percorrendo con le dita le farfalle incise intorno ad esso, in spirali eleganti. «Vorrei poter fare qualcosa.»

«Devi tenere un basso profilo, invece.» Ribatté lui. «Non prendere posizione, non intralciarla. Il Ministero ha solo iniziato a mettere bocca sulle questioni di Hogwarts.»

«Finché gli studenti non corrono pericoli, non ho motivo di intralciare niente.»

Severus le scoccò un'occhiata piena di rimprovero, ma non aggiunse altro. Solo un sospiro. «Andiamo a dormire.» Concluse. «Domani cerca di non farti rubare il posto. Il suo disgustoso profumo mi ha fatto andare di traverso la cena.»

«Cosa ti ha detto, a proposito?»

«Nulla di che.» Sbottò sedendosi sulla poltrona, con lei che andò ad accovacciarsi sul bracciolo. «Voleva sapere quanto fossi amico dei Malfoy.» Allungò la mano e la posò sulla sua schiena, accarezzandola pigramente, sotto i capelli. «Mi ha chiesto di te. Credo che ignori il tuo nome da nubile, altrimenti avrebbe cercato di attaccar bottone con la purissima erede dei Rosier.»

«Dovrei usare il nome Rosier a mio vantaggio, per una volta.» Propose lei, scivolando sulle sue ginocchia poco dopo. «Magari riesco a rabbonirla.» Il mormorio si perse contro il collo dell'uomo, mentre le mani già scivolavano lungo il panciotto nero, che sbottonò con gesti altrettanto lenti e pigri. «Narcissa ha detto che è una a cui importano queste sciocchezze.»

«Stai diventando machiavellica.» La voce di Severus si era fatta più densa, bassa. Intuì ci fosse un sorriso compiaciuto sulle sue labbra, ma non aveva intenzione di sollevare la testa dalla sua gola, sui cui lasciò i primi umidi baci. «Approvo la tua intraprendenza.» Sentì le mani dell'uomo scostarle i capelli e armeggiare con i bottoni dell'abito che, chiuso sulla schiena, veniva aperto con la scioltezza di chi aveva compiuto quel rito già molte volte. Fare l'amore con Severus era stato facile fin da subito, naturale come respirare. Non aveva mai concesso alla timidezza di porre freni alla propria curiosità e al desiderio di appagare ed essere appagata. Se inizialmente era solita mordere il cuscino per soffocare gemiti e ansimi più rumorosi, con il tempo si era però resa conto che al suono della sua voce in estasi il corpo dell'uomo caricava con maggiore impeto, traendo ulteriore vigore dall'appagamento di lei. Evaline non si accorgeva più della voce che riempiva la stanza al punto che lui, con gesti febbrili, afferrava la bacchetta e lanciava un muffliato per custodire al suo interno l'ardore della donna. Quella prima notte ad Hogwarts fu la prima da sposati, fu quasi liberatorio condividere gli stessi alloggi e lo stesso letto, concedersi l'un l'altro con la disperazione di chi, nell'ultimo periodo, si era privato di quei momenti. Evaline non si era neanche resa conto di essere finita a letto con lui, nuda, quando pochi istanti prima si stavano strofinando e toccando come due adolescenti ai primi baci. L'estasi colse entrambi, con lei che avvertì il corpo di lui tendersi ancora una volta, vibrare sotto il suo, che era ancora inarcata verso l'alto, le mani premute contro quelle di Severus, che ancora artigliava i suoi fianchi. Gli crollò addosso, i seni doloranti di baci e morsi premuti contro il suo petto, i capelli annodati si impigliarono contro la mano di Severus che, accostata alla sua testa, la tenne avvolta in un gesto possessivo, disperato. Per un po' rimasero così, ansanti e sudati, il respiro affannoso che andava a calmarsi poco alla volta.

«Restiamo in camera, domani.» Propose lei, la voce ancora arrochita. Lo sentì sbuffare un sorriso.

«Ah sì?» Le toccò la fronte con la bocca. «Quale sarebbe il tuo programma, mh?»

«Fare l'amore con te su questo letto, sul pavimento, sullo scrittoio e in piedi contro la libreria.»

«Hai troppa fiducia nella mia resistenza.» Fece lui, più a disagio che divertito.

«Oh, ma staremo tutto il giorno qui in modo da poter riposare, tra una prodezza e l'altra.» Sollevò il capo, osservandolo dall'alto con un sorriso tenero, perfino innocente. I capelli scivolarono ai lati del volto, racchiudendo sé stessa e lui in quella coltre rossa. «Non sarebbe bellissimo? In barba a tutto quello che succede, noi ce ne stiamo qua dentro a fare l'amore.»

Lui era visibilmente a disagio, ma fu con goffa tenerezza che cercò la sua guancia con la mano, il pollice a toccare la bocca. «Se avessi la possibilità di scegliere, sceglierei di starmene rintanato qui con te a fare tutto l'amore che desideri e dormire finché ne abbiamo voglia.»

«Ah sì?» Si chinò nuovamente su di lui e baciò la guancia pallida, un angolo della bocca. «Fingiamo di poterlo fare, allora.» Mormorò con voce più bassa, sinceramente colpita e addolcita da quello che aveva appena detto. «Fingiamo di avere tutto il tempo del mondo e di usarlo così.»

Purtroppo, non ne avevano.

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