Parte 2 capitolo 1

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Un pavone bianco gli tagliò la strada, attirando pigramente lo sguardo, costringendolo poi a spostare l'attenzione dal ragazzo a lui solo per un breve istante, per poi portarlo altrove, verso altro bianco. Gigli bianchi danzavano al vento leggero e ancora tiepido di un'estate ormai morente. Fiori che raggiungono il loro splendore in primavera, risultavano tardivi, fuori posto, di una tenacia che contrastava con quell'aggraziata bellezza. Piton sospettò che Narcissa avesse preteso di vedere quei gigli anche in estate, imponendo con un incanto il proprio capriccio. Lo stesso valeva per rose e glicini, narcisi e le camelie bianche che sorgevano lungo i pilastri del gazebo verso cui lui e il ragazzino si stavano dirigendo. Aveva smesso di ascoltare Draco da qualche secondo, estraniandosi per l'ennesima volta quel giorno. Lucius aveva insistito affinché li raggiungesse per il pranzo, perché Narcissa ci teneva a mantenere viva la loro frequentazione. Ed era squisitamente sincera, glielo aveva letto nello sguardo l'istante in cui l'aveva vista venirgli incontro dal gazebo di pietra sotto cui avevano fatto allestire un pranzo per tutti e quattro.

«Narcissa.» La salutò con garbo, interrompendo il figlio su una domanda che lui non aveva ascoltato. Narcissa gli sorrise, la piega della bocca aveva assunto una piega piacevole, misurata, nello sguardo una tacita pretesa: che lui e Draco facessero squadra.

«Grazie Draco.» Disse lei, le nocche bianche accostate su una guancia del ragazzino. «Ti farò chiamare quando il pranzo sarà pronto.» Era un modo per lasciargli intendere di voler rimanere da sola con il suo vecchio amico.

«A dopo, professore.» Il ragazzino gli sorrise e Piton rimase impressionato dalla somiglianza con la madre. La sicurezza di lui era una facciata, però. Gli angoli della bocca avevano sussultato in modo impercettibile se guardati da occhi inesperti, il passo con cui si allontanò era rigido e lo vide chiaramente prendere un respiro profondo prima di mostrare la facciata più tronfia e sicura di sé che potesse indossare.

«A dopo, Draco.» Lo salutò con lo stesso cenno che riserverebbe ad un proprio pari e non ad uno qualsiasi dei mocciosi ai quali insegnava da più di dieci anni. Draco si allontanò congratulandosi mutamente con sé stesso per l'ottima conversazione da adulti che aveva tenuto su con quello che sarebbe diventato il suo insegnante.

«Non riesco a capacitarmene. Abbiamo già preso tutti i libri.» Sentì Narcissa sospirare, al suo fianco. La donna era composta, solida, poco incline ai sentimentalismi e ancor meno alle isterie. Forse era a causa di quelle doti che era riuscito a provare perfino piacere nella sua compagnia. Parlare con Narcissa era illuminante, il più delle volte. Dava sfoggio di grande arguzia e intelligenza, ergendosi al fianco del marito con la dignità di una regina. Non diceva mai una parola in più, quasi a non volerlo mettere in ombra, perennemente incastonata nel ruolo di moglie e pilastro portante della famiglia Malfoy.

«Spero che tu non ti metta a piangere, Narcissa.» Era rimasto impassibile, ma nel sentire su di sé lo sguardo della donna, la bocca si smosse in un sorriso beffardo. «Non temere, non credo di aver mai visto una tua lacrima in tutta la mia vita.»

«Lo credo bene.» Fece lei, soave. Sfarfallò le dita e lo invitò a seguirla per il viale che costeggiava il giardino intorno al gazebo. Il suo abito frusciava ad ogni passo, con l'orlo che sfiorava il terreno soffice ai loro piedi. Non era un caso che stesse indossando damascato verde e argento, così come non era un caso ai suoi lobi spiccassero due smeraldi. Era nostalgica, nonostante l'amarezza di dover salutare il suo unico figlio. Quante volte Lucius aveva insistito affinché Draco studiasse a Durmstrung, tra i suoi pari? Quante volte Severus aveva dovuto assistere a quella pantomima in cui l'amico provava a persuadere la moglie? Ogni tentativo di Lucius si scontrava con l'austero cipiglio della moglie che, mai come quella volta, era decisa a non cedere di un passo.

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