Capitolo 26

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Non riuscì a dormire, ma nelle ore che seguirono si sentì più riposato che mai. Lei alla fine crollò, stretta a lui sotto il braccio destro, il volto premuto contro la sua pelle e un piede infilato tra le sue caviglie. L'aveva lui stesso ripulita del sangue che le colava tra le cosce, del tutto a suo agio, quasi fosse un rito che era tenuto a eseguire per Evaline, inerme tra le sue braccia. Aveva spesso immaginato come potesse essere il sesso con lei, che nei suoi sogni se ne stava inerme mentre lui prendeva il corpo in modo affrettato, a volte violento, senza alcun ritegno. Nessuna fantasia l'aveva preparato alla bellezza del suo corpo bianco, alla morbidezza dei fianchi su cui aveva affondato le dita avide, ai seni pieni che aveva provato a stringere con mani avide, con la bocca affamata. Evaline non aveva il ventre piatto o gambe lunghe e affusolate, ora che era distesa su un fianco la pancia appariva un po' molle, premuta contro di lui e calda, come la pelle che fu tentato di accarezzare ancora. Non si mosse, però. Gli formicolava il braccio ed era indolenzito, ma non osò spostare la coperta, non voleva svegliarla, per quanto desiderasse vedere il suo volto, ora nascosto dai capelli sciolti. Le ciocche conservavano le onde dell'acconciatura, erano sparsi ovunque, accendevano di calore il grigiore della sua stanza. Forse era ora di pranzo, forse poco prima, ma non gli importava, non sarebbe sceso, né si sarebbe mosso da lì per un po'. Ripercorse la notte precedente rivedendosi da fuori, assistendo ai loro gesti impacciati nello spogliarsi, nel trovare i corpi nudi, mai visti. Fu come conoscersi un'altra volta, imparare un nuovo linguaggio fatto di carezze e tocchi più audaci. Rivide Evaline che, sprovvista d'esperienza, provava a dargli piacere in modo goffo, eppure volenterosa, decisa a ricambiare quanto le aveva donato poco prima. Fecero l'amore due volte, in quelle ore, lei pareva già più a suo agio, più consapevole del proprio corpo e dell'effetto che faceva su di lui anche solo sentirla gemere. Si era sorpreso nel vederla china sul suo ventre, scendere con la bocca e poi fermarsi, chiedergli cosa preferisse, sfacciata nel porgli domande tanto audaci.

«Preferisci così o...» Lo fece arrossire e sorridere insieme. Aveva senso chiedere, aveva senso non andare a tentoni, provare ad indovinare cosa desse piacere o meno. Per quanto sprovvista d'esperienza, Evaline era più saggia di lui, per certi versi.

Avrebbe voluto che durasse in eterno, quel momento. Il respiro di Evaline lo rilassò come nient'altro prima, il corpo lo scaldò come nessun fuoco aveva mai fatto. Poi, uno sbattere d'ali alla finestra lo costrinse a gettare lo sguardo verso la luce, corrucciando le sopracciglia in un disappunto evidente. L'allocco colpì il vetro, insistente, svegliando Evaline, che mugugnò contro di lui.

«Cos'è?» Sentì la sua voce da sotto la coltre di capelli rossi. Poi sporse il profilo stropicciato e gli sorrise, sdraiandosi di schiena senza alcuna vergogna nell'esporre i seni floridi alla vista. Non tentò di coprirsi, ormai a suo agio sotto lo sguardo nuovamente affamato di lui.

«Scusami.» Sospirò lui, scivolando dal letto senza la disinvoltura di lei. Arraffò una vestaglia grigia e l'avvolse con fare sbrigativo, vergognoso del proprio corpo pallido e magro. Aprì la finestra e l'ondata di gelo lo travolse insieme al frullio delle ali dell'allocco. Raccolse il messaggio dal suo becco e quello andò via soddisfatto, volando via mentre la finestra veniva richiusa. Notò che Evaline s'era messa a sedere, stiracchiandosi come una gatta pigra. Lui aprì la missiva e lesse poche parole vergate nella calligrafia di Narcissa.

"Come stanno i piedi della signorina Rosier?"

Si sentì arrossire, dettaglio che non sfuggì ad Evaline, che si allungò nella speranza di sbirciare il contenuto della lettera.

«Chi è?»

Lui appallottolò la lettera e la gettò nel braciere, sbuffando. «La madre di Draco.»

«Oh.» Seppe dal suo volto che avrebbe voluto saperne di più, ma non osava chiedere, lasciando a lui la libertà di dare spiegazioni. Si sedette sul bordo del letto, con lei che andò ad abbracciarlo da dietro, faccia contro la sua nuca. «Buongiorno, comunque.»

EvalineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora