Capitolo 16

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Non si sarebbero più concessi un'uscita. Sirius Black fece irruzione nel castello e Piton decretò che non avrebbe mai più lasciato Potter senza la sua protezione. Per quanto il piccolo delinquente facesse di tutto per esporsi al pericolo, è chiaro. La sua testa avvistata ad Hogsmeade da Draco era l'ennesima conferma che a Potter metteva una burrobirra al di sopra della propria sicurezza. Aveva provato l'impulso di tirargli una fattura il giorno in cui lo aveva sorpreso per i corridoi con le mani lorde di fango, ma fu frenato solo e unicamente dai suoi stramaledettissimi occhi, così identici a quelli di Lily da fargli dimenticare James. Solo per un attimo, si intende.

Lupin era per lui fonte di ulteriore malumore e più di una volta fu evidente il suo desiderio di strozzarlo.

«Perché lo hai preso di mira?»

Evaline gli camminava accanto da un po', la notte in cui Sirius aveva fatto irruzione nel castello si erano divisi per delle ronde serrate tra i corridoi. Non stavano da soli da un po' e se una parte di lui avesse provato costantemente nostalgia per quella leggerezza, il resto sarebbe stato focalizzato su Black e sul desiderio di catturarlo.

«Non l'ho preso di mira.» Ribatté, acido. «Lui era uno dei migliori amici di Black.»

Evaline annuì, comprensiva. Prese atto di quell'informazione e per un po' non disse nulla, pensierosa. «Comprendo il tuo scetticismo.» Disse poi, cauta. «Black era molto amico anche dei Potter e vedi com'è finita.» Non lo guardò mentre pronunciava quelle parole, ma in ogni caso non si sarebbe accorta del peso di quella verità su di lui. «Remus a me piace.» Lo disse con leggerezza, senza badare a lui e al suo disappunto. Forse volutamente. «Silente si fida di lui, direi che questo può bastare.»

«Silente tende a fidarsi troppo in generale. Anche tu.»

A quel punto lei lo cercò, un sorriso mesto sul volto. «Mi dispiace che tu sia tanto contrariato.» Piton sentì un piccolo senso di colpa agitarsi nelle sue viscere, ma non disse nulla, limitandosi a camminare con la bacchetta in pugno e l'espressione dura ad affilargli il volto.

«Va tutto bene.» Disse senza guardarla. Poi, imboccando un altro corridoio, si avviarono verso la Sala Grande. «Sei carina.»

Due parole che gli uscirono fuori per caso, rudi e goffe, e le strapparono un sospiro. La sentì emozionarsi, ma affrettando il passo scelse di lasciarsela alle spalle prima che si lasciasse sfuggire delle effusioni pericolose a ridosso degli studenti.

Gli dispiaceva davvero rattristarla. Detestava non essere il tipo d'uomo che rende felice una donna innamorata, uno di quelli che parlano amabilmente come quell'ipocrita di Lupin. Non ricordava di averlo mai visto in compagnia di una ragazza, a scuola, ma era benvoluto per il suo carattere mite e gentile. Neppure Potter riscuoteva chissà che successo, nel gruppo, e Pettegrew era un disastro. Quello che piaceva era Black. Aveva uno stuolo di ragazzine sognanti al seguito, ma lui pareva disdegnarle quasi tutte, troppo preso da sé stesso.

Era un enorme piacere vedere il suo volto sfigurato da disperazione e follia, l'urlo silenzioso che riempiva manifesti e articoli di giornale. Dodici anni ad Azkaban erano nulla, però. Meritava di più, molto di più.

Potter ricevette in dono una Firebolt, giorni dopo il suo incidente con i dissennatori, protestando come il marmocchio irresponsabile che era, quando venne requisita per i dovuti controlli. La situazione all'interno del castello non era delle più rosee, non con i dissennatori che stringevano la loro morsa sugli studenti, affamati come le bestie raccapriccianti che erano.

Evaline contribuiva a mantenere un clima sereno, muovendosi per corridoi e cortile al seguito del suo patronus argenteo, che svolazzava pigramente intorno agli studenti di cui lei era sempre circondata. La scorgeva da lontano e quando l'altra ricambiava il suo sguardo non faceva nulla per nascondere languore e contentezza. Eppure, si mantenne alla larga da lui, conscia dei limiti che lui le aveva imposto, fedele a quel ruolo marginale che aveva accettato di ricoprire senza fare domande. I mesi passarono e lui fece di tutto per ignorare i sensi di colpa, così come quel mostro che gli agitava nella pancia nel vederla conversare sempre di più con Lupin. Una paura irrazionale lo prendeva al pensiero che lei potesse volgere il suo cuore altrove, un terrore velenoso di cui non aveva il controllo e che svaniva durante i brevi momenti che condividevano. Evaline si struggeva per lui e solo per lui, che spadroneggiava sul suo cuore come un tiranno avido che pretendeva senza dare.

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