Capitolo 38

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Non era l'idea di lavorare fianco a fianco con i Carrow ad atterrirla, bensì la reazione di Minerva e i colleghi che l'avrebbero vista al fianco di Severus. Il ritorno ad Hogwarts fu tetro, gli studenti subirono i controlli dei ghermidori, la cui presenza era stata rivelata da Severus poco prima di arrivare a scuola. L'uomo non le impedì di correre alla stazione, ma Evaline sentì lo sguardo di lui addosso e, una volta arrivata a destinazione, lì trovò Minerva urlare a Scabior e ai suoi ghermidori di "togliere le loro zampacce schifose" dagli studenti.

«Mi ricordo di te, gran somaro.» Minerva puntava il suo dito su Scabior, che anche adesso che era un uomo tutto d'un pezzo pareva intimorito dall'anziana insegnante. L'istante in cui lo vide armarsi di coraggio, Evaline affiancò la collega, ergendosi al suo fianco in difesa dei ragazzini del primo anno che tremavano alle loro spalle.

«Sparisci.» Ordinò lei, secca. «Da qui in avanti saranno i docenti di Hogwarts ad occuparsi di loro.»

«Non rispondo ai tuoi ordini, rossa, né a quelli della vecchia.»

«Vuoi ripeterlo davanti al preside, razza di nullità?» La voce di Evaline era di un gelo a cui Minerva non era abituata, tanto che reagì fissandola smarrita, esitante. «Mio marito non sarà contento del tono che hai usato.»

Scabior rimase interdetto una manciata di secondi, il tempo di realizzare chi fosse la donna che si trovava davanti. S'irrigidì, per poi voltarsi verso i ghermidori e intimare loro di seguirlo ad Hogsmeade.

Entrambe le donne rimasero in silenzio, fianco a fianco, lo sguardo su quella marmaglia di ceffi che si allontanava.

«Dobbiamo scortare gli studenti al castello.» Mormorò Evaline, evitando lo sguardo di Minerva, che parve farsi pietra su di lei. «So che presto arriveranno i dissennatori, non possiamo stare fuori.» Fece per voltarsi, ma la professoressa si frappose tra lei e i ragazzi, costringendola a guardarla. Non vide rimprovero nei suoi occhi, né la severità che si aspettava. Erano umidi, l'espressione a metà tra l'angosciato e il confuso. Poi, rassegnazione.

«Dopo quello che ha fatto, bambina?»

«Non sono una bambina.» Obiettò Evaline con un filo di voce, sostenendo il suo sguardo senza però vacillare oltre. «Posso rassicurarti su una cosa, Minerva. Solo una. La più importante.»

La collega e amica la guardò da dietro gli occhiali dalla montatura squadrata, la bocca chiusa, l'aria di chi era in attesa di un verdetto che avrebbe cambiato tutto, d'ora in poi. Oppure nulla.

«Sono dalla parte degli studenti e sono tornata a scuola per proteggerli.»

Minerva la guardò a lungo, pareva in conflitto con sé stessa. Poi, alla fine, parlò e lo fece con la stessa fermezza dell'altra. «Siamo dalla stessa parte, allora.»

Evaline avrebbe voluto sciogliersi in lacrime, cingere l'altra donna in un abbraccio spaccaossa, ma gli studenti erano ancora lì, in attesa di cosa fare, mentre Hagrid cercava di richiamarli all'ordine.

«Tu va' con Hagrid, cara. Io scorto gli studenti più grandi.»

Evaline annuì ed estrasse la bacchetta, avviandosi con un sorriso dai più piccoli, che accompagnò alle barche tra parole gentili e presentazioni. Per alleggerire l'atmosfera, una volta sulle barche richiamò a sé il suo patronus, puntando la bacchetta sulla superficie dell'acqua con l'intento di far danzare la foca davanti la prima barca. Davanti al coro di "ohh" dei ragazzini, però, non c'era nessuna foca: dal fiotto di luce argentea comparve un jobberknoll che si librò in aria, svolazzando tra i volti più sereni degli studenti.

Aveva cambiato forma.

Poteva succedere, sì. Fissò l'animale con aria frastornata, accorgendosi di essere nuovamente dentro il castello quando il chiacchiericcio degli studenti venne meno e il silenzio fu di nuovo sovrano. Severus ricopriva il posto di Silente, al centro del palco degli insegnanti, una figura torva e arcigna che ricevette occhiate rancorose, altre timorose, soprattutto dal tavolo dei Grifondoro. Tutta l'attenzione era su di lui, che non ricambiò neppure la condanna silenziosa negli occhi di Minerva, che aspettava al solito posto davanti lo sgabello in cui era posizionato il cappello parlante. Vide le sue dita fremere contro la bacchetta, sembrava sul punto di estrarla da un momento o l'altro. Evaline, il cuore gonfio di amarezza, si avviò verso il tavolo e passò di proposito tra l'insegnante e il preside, esitando al suo fianco, il tempo di rivolgergli un'occhiata tiepida, incurante del giudizio altrui.

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