Capitolo 3

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Fu rassicurante constatare che si stavano evitando a vicenda. Non che avrebbe fatto differenza, è chiaro, ma si sarebbe risparmiato volentieri eventuali imbarazzi o disagi. Erano passati abbastanza anni da raffreddare il cuore palpitante di quella sciocca ragazzina, dandole occasioni ben più rosee con partiti più appetibili di lui. Non si era mai preso la briga di chiedere di lei e documentarsi, anche se possedeva le conoscenze adatte, aveva preferito lasciar sfumare il suo volto dai propri ricordi. Sì, una parte di lui, una molto piccola e insignificante, si rifiutava di conoscere chi l'avrebbe accolta senza tante storie. Pur non essendo dotata di chissà quale bellezza, da ragazza era abbastanza appetibile da soddisfare la gola di chiunque, anche se di palato raffinato. La consapevolezza che sarebbe fiorita una volta diventata donna l'ebbe in quei brevi, sporadici incontri in Sala Grande o nei corridoi, dove lei era sempre circondata da ragazzini timorosi e timidi, dei pulcini attaccati alle sue gonnelle. Se possibile, il volto di Evaline si era ingentilito ulteriormente, la fossetta sulla guancia sinistra valorizzata dalle guance più piene. La pelle era sempre bianchissima, di quelle che arrossiscono alla minima sollecitudine, che fosse un calore o improvviso o emozioni dolci. Non seppe granché delle lezioni che svolgeva nell'aula a lei assegnata, uno spazio pulito e privo di ornamenti di alcun tipo, quadri o mobilia; non si interessò, in verità, la mente presa da pensieri di tutt'altra natura.

Aveva scoperto un piacere malsano e dolce nel pungolare la celebrità del castello, che già si aggirava per i corridoi con gruppetti di ragazzini al seguito, piccole canaglie in erba. Per quanto avesse gli occhi di Lily, tutto il resto era maledettamente simile a James e glielo ricordava ad ogni occhiata astiosa che gli lanciava. Poco importava che a lezione terminata c'era l'immagine di Lily nella sua testa, il volto immusonito e lo sguardo pieno di rimprovero per il modo in cui aveva trattato il suo unico figlio. C'era un che di rassicurante nel saperla vicina, anche solo per poco, prima che svanisse nel vuoto che stava inghiottendo anche lui. Come aveva preventivato, la presenza di Potter serviva a gettare sale su una ferita che non si sarebbe mai rimarginata. Il prodigio che aveva sconfitto il Signore Oscuro era il simbolo vivente della sua colpa più grande: aver privato il mondo di Lily.

Con il dolore rinchiuso in una prigione di fredda indifferenza, Piton tentò di immergersi nella ritualità giornaliera fatta di lezioni e punizioni, intervallando i pochi momenti liberi per spronare i Serpeverde ad essere più competitivi. Soprattutto nel Quidditch. Quasi aveva dimenticato la presenza di Evaline, ignorandola in un'indifferenza granitica. Non un saluto, non un cenno. Fu tutto così facile che il tempo trascorse in fretta, trasformando i giorni in settimane, fino a giungere alla notte di Halloween senza che si fossero rivolti più di uno sguardo fugace.

Odiava, la notte di Halloween. Il divertimento degli studenti e gli addobbi intorno a lui rendevano grottesco quello che era l'anniversario della morte di Lily. Si trascinò verso la Sala Grande senza guardare intorno a sé, perso in pensieri che non trasparivano nei suoi occhi. Camminò per i corridoi ed ebbe la fugace visione di un ragazzo smilzo e pallido al fianco di una grifondoro con i capelli rossi, un rosso cupo e caldo, di una bellezza che a lui faceva male solo a rievocarla.

«Oh, mi mancava tutto questo.» La voce provenne da un punto al suo fianco e voltandosi trovò il profilo di Evaline, con l'angolo della bocca sollevato e la fossetta visibile sulla guancia. Per l'occasione aveva indossato colori autunnali che si intonavano con le sfumature dei suoi capelli, così diversi da quelli di Lily: se quelli di Lily erano di un rosso cupo e denso, quelli di Evaline erano più chiari e striati di biondo in onde che scendevano lungo tutta la schiena. Il suo jobberknoll era appuntato alla nuca, dove due ciocche erano racchiuse dal prezioso fermaglio.

«Di cosa parli?» Replicò annoiato, distogliendo lo sguardo dalla linea del suo profilo un attimo prima di incontrare le sue labbra.

«Il castello, tanto per cominciare.» La sua voce era la stessa dei suoi ricordi assopiti, una nota più bassa e tiepida, più controllata e calma, consapevole. «Parlavo di Halloween, però. Il banchetto spero sia delizioso come nei miei ricordi.»

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