Capitolo 2

87 1 0
                                    


Trovare una soluzione che non sembrava esistere. Tutte le volte che Severus aveva tentato di insinuarsi nella sua mente, Ewan si destava di soprassalto e nonostante la maledizione Imperio fu tutto inutile arrivare a rimuovere l'incanto. Non aver ricevuto nessuna educazione magica rendeva i suoi poteri instabili come il suo umore, che senza freni raggiungeva picchi di violenza che avrebbero rischiato di far saltare in aria la casa.

Fu decretato che passasse il suo tempo in compagnia di Tulip, rinchiuso nella sua stessa casa e tenuto sotto controllo da Evaline e Moody, tornato in sesto dopo il trattamento subito da Barthy Crouch Jr. per un anno.

L'Ordine, nel frattempo, aveva reclutato i primi membri e trovato una base, ma prima che Evaline potesse vederla, dovette sbrigare con Severus le pratiche per il matrimonio. Fu tutto un rapido susseguirsi di firme e voti pronunciati davanti un funzionario, al Ministero, dove si erano recati la mattina presto nella speranza di fare tutto in fretta e defilarsi. Evaline aveva guardato il proprio rifletto allo specchio, quella mattina, osservando i suoi abiti di tutti i giorni e l'assenza di gioielli, decori, qualcosa che potesse lasciar intendere che quel giorno sarebbe stato diverso, importante, lieto. Faceva caldo, così raccolse i capelli sulla nuca, chiudendo l'intreccio con il suo jobberknoll, che si chiuse tra le ciocche, raccolte tra le sue ali. Uscì dalla porta di caso e fu per puro caso che vide alcuni fiori di tarassaco sbucare nel giardino curato, amato, dove un tripudio di siepi e alberi crescevano senza un ordine preciso, messi per il puro gusto di avere più fiori e verde possibili durante l'anno. Raccolse uno di quei fiori gialli e lo sistemò su una tempia, per poi raggiungere Severus, fermo a pochi metri dal cancello, gli occhi fissi su di lei e su quel gesto. Da un po' di tempo, l'uomo si assentava sempre più a lungo e quando tornava da lei sembrava sempre lo stesso, solo più silenzioso, freddo, a tratti distante. Come adesso.

«Facciamo in fretta.» Le disse poi, sbrigativo, porgendole però il braccio.

Si trovarono fuori dall'ufficio del Ministero poche ore dopo, sposati e silenziosi. Evaline aveva acconsentito a prendere il suo cognome, così come a tutto il resto, affidandosi a lui nella consapevolezza che, così facendo, lui si sarebbe esposto ulteriormente per proteggerla. Gli permise di prendere quei provvedimenti, ma non di avere totale controllo sul resto delle decisioni. Evaline si era offerta di fare la sua parte all'interno dell'Ordine, pur non facendo parte della cerchia ristretta. Per questioni di sicurezza, era opportuno che non venisse messa al corrente di parecchie decisioni e, soprattutto, non avrebbe presidiato alle riunioni.

Sbirciò il volto di Severus, impassibile e fermo, lo sguardo rivolto dritto davanti a sé mentre si avviavano agli ascensori. Lei fece per dire qualcosa, ma ci ripensò, rendendosi conto di non avere nulla da dire. Prese il suo braccio e, a testa china, si avviò insieme a lui. Avvertì le sue dita contro i capelli quando ebbero preso posto dentro uno degli ascensori e lo vide riflesso sullo specchio nell'atto di sistemarle il fiore di tarassaco.

«Il fiore di tarassaco è una pianta officinale.» Le porte dell'ascensore si chiusero e si trovarono da soli, marito e moglie al loro primo giorno. «Simboleggia speranza e fiducia.» Le dita di Severus scivolarono contro la sua guancia e sentì la pelle scottare mentre lo guardava, lo ascoltava, le mani accostate al braccio destro. Poteva anche sembrare gelido e impassibile, ma i suoi occhi tradivano un calore impercettibile allo sguardo di chi non era capace di cogliere i cambiamenti su di lui. Gli sorrise, avvertiva tutto ciò che provava materializzarsi sul proprio volto, negli occhi che, appunto, erano pieni di fiducia e speranza.

«Il nome ha derivazione greca.» Continuò lui, lo sguardo che le accarezzava il profilo ed esitò sulle sue labbra. «Tarasso. Io guardisco.» Prima il pollice, poi l'indice, la bocca di Evaline venne sfiorata in un gesto intimo, pudico, esitante. Voleva baciarla, ma non l'avrebbe fatto in un luogo pubblico. «Veniva utilizzato per cacciare i pensieri negativi.» Sbuffò un sorriso mesto, lo sguardo assorto lasciò le sue labbra e si arrampicò fino ai suoi occhi. «Eva, io...»

EvalineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora