Parte terza -Capitolo 1

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Fu Tulip ad avvisarla, comparendo ai piedi del letto che ormai divideva con quello che sarebbe diventato suo marito. Erano crollati poco prima dell'alba, vestiti, stremati. Poche ore di sonno prima di avviarsi insieme verso una vita incerta. Stretta a lui, Evaline si era chiesta se si sarebbe mai abituata al calore del suo corpo, alla presenza dell'uomo durante il sonno, il suo respiro a volte lento e regolare, a volte preda di incubi che lo acceleravano appena. Anche quando dormiva era imperscrutabile, difficile da capire. Impossibile, spesso. Il giorno in cui aveva nominato Lily, Lily Evans, Evaline capì parte dell'uomo che non avrebbe mai smesso di amare. Rivide quel giorno al Ghirigoro, tanti anni prima, quando lo aveva incontrato per la prima volta. C'era Lily, oltre la finestra? Poi in biblioteca, silenzioso e solo, seduto ad un tavolo da cui si intravedeva la figura di spalle di una Grifondoro che portava avanti i suoi studi insieme ai compagni di casata. Facevano chiasso, a volte, ridevano. Lui non rideva mai. Evaline non ebbe cuore di domandare, di scavare oltre quella passione che lo legava ad una donna ormai scomparsa, perché sapeva che non sarebbe stato giusto, non sarebbe stato corretto chiedergli alcunché. Inoltre, Evaline era più che consapevole di essere schiacciata dall'ombra di una donna che nessun bacio, nessuna carezza, nessun abbraccio avrebbe mai cancellato. Si chiese anche quanto profondo potesse essere il dolore di chi ha ama profondamente qualcuno che non c'è più. Provò ad immaginare una vita in cui lui non esisteva e quel breve presagio le schiacciò il cuore nel petto, facendole perdere il respiro. Soffriva così, Severus? E lei, al suo fianco, era in grado di dargli conforto? Per un po' si era data per vinta, aveva rinunciato a cercarlo, guardarlo. Quando cedette al desiderio di stargli accanto, Evaline prese ad accettare la prospettiva di limitarsi a quello, ma lui a tratti reagiva ai suoi gesti, mostrava un impercettibile calore nel modo di guardarla, di toccarla. A volte, stringendolo, avvertiva il suo corpo rigido farsi meno teso, distendersi, il respiro scivolare in un lento e silenzioso sospiro, come se un semplice contatto umano lo liberasse di un peso.

Evaline lo guardava e per lei era l'uomo più coraggioso che esistesse. Iniziò ad amarlo in modo diverso, senza aspettative, senza più la speranza di avere con lui un futuro roseo. Era un amore triste, ma poteva andare bene anche così.

Quella maledetta notte avevano visto avverarsi la loro più grande paura, spezzando l'idillio che dopo tanta fatica erano riusciti a creare. Sembrava non potesse andar peggio di così, ma Tulip apparve in uno schioppo, fissandoli dal fondo del letto con i suoi grandi occhi a palla.

«Signorina, signorina Evaline.» Piagnucolò, le dita tremanti aggrappate alla veste rattoppata. Severus si mise a sedere, la bacchetta già in pugno, lucido come se non avesse mai chiuso occhio. Evaline era stordita, stanca, ma prendendo atto della presenza dell'elfa si allarmò.

«Tulip, che succede?»

«Il signorino Ewan non sta bene.» Singhiozzò lei. «Non è in sé, è strano. Non è il dolce ragazzo che ha lasciato.»

Evaline si mise in piedi, raccolse uno scialle e prese la bacchetta, ma Severus la fermò, prendendole una spalla.

«Vengo con te.»

«Tu...tu hai da fare, Silente ha...»

«Il Signore Oscuro non creerà un'armata per ora di pranzo, ci vogliono mesi di preparazione.» L'interruppe, pratico. «Temo di sapere cosa sia successo a tuo fratello.»

Con quelle parole profetiche, entrambi si smaterializzarono a villa Rosier insieme a Tulip, che li condusse fino alle stanze di Ewan, poste al secondo piano. Erano stanze incantate in modo che apparissero come spazi aperti, prati e alberi si stagliavano intorno ad un letto squarciato, ribaltato, ai cui piedi sedeva la figura rannicchiata di un uomo dai ricci ramati, coperto da un completo sgualcito. Evaline gli corse incontro, inginocchiandosi davanti a lui prese a chiamarlo per nome, la voce sottile rotta da un tremito.

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