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Yoongi attraversò veloce l'aeroporto, incurante dei fotografi che gli chiedevano di camminare più piano e delle fan che urlavano il suo nome.

Voleva solo un po' di quiete, perché non era certo quale tempesta avrebbe affrontato.

Chiara aveva passato la notte insonne e, quel poco che aveva dormito, aveva fatto sogni tremendi che le avevano lasciato addosso una sensazione spiacevole.

Al lavoro ci doveva andare, volente o nolente. Doveva completare un paio di report che andavano consegnati entro il pomeriggio e non poteva esimersi.

Yoongi sarebbe rientrato dal Giappone quel giorno, ma sperò che si dirigesse subito a casa, anziché passare dalla Hybe col rischio di incontrarlo.

Da una parte voleva incenerirlo e sapere perché avesse mandato le sue canzoni a Patrick, ma dall'altra aveva una paura tremenda di trovarsi faccia a faccia con lui, dopo tanto tempo.

Era così in ansia che non si era neanche accorta che il ragazzo che stava aspettando Aria per andare a scuola, aveva preso la figlia per mano.

Lavorò con poca concentrazione, tanto che più volte rispose in italiano ai suoi interlocutori.

«Chiara-ssi, oggi sei un po' distratta. Stai bene?» le chiese un collaboratore.

«Sì, sì, scusami; ho dormito da cani stanotte. Dicevamo?» Dentro di sé, però, si stava chiedendo a che ora atterrasse l'aereo di Yoongi.

«Tieni.» Hoseok le porse una tazza di ice americano.

Chiara lo ringraziò e ne bevve un sorso. Quella brodaglia non era neanche paragonabile al caffè espresso italiano, ma stava imparando ad apprezzarla.

«Tremi tutta» osservò, notando quanto la tazza le oscillasse in mano. «Forse facevo bene a offrirti una bevanda più calmante» ridacchiò.

«Anche questa va bene» sospirò la donna.

Il rapper si sedette accanto a lei e la osservò per qualche secondo. L'aveva amata davvero tanto, ma sentiva che qualcosa era cambiato negli ultimi mesi. Continuava ad amarla, ma in modo diverso. Desiderava la sua felicità in modo sincero, così come voleva quella di Yoongi e degli altri suoi amici.

Gli faceva ancora un certo effetto in senso fisico, ma aveva smesso di fantasticare su un possibile futuro con lei.

«Stai bene?»

«No.»

«È perché oggi torna a casa, eh?» le chiese, con un sorriso benevolo.

Chiara si appoggiò allo schienale della sedia e si lasciò scivolare in avanti. «Sai se passerà di qua?»

Hoseok scosse la testa: «In tutta onestà no, non so quale sia la sua schedule. È più probabile che vada a casa a dormire, sarà stanco.»

L'italiana annuì, lo sguardo perso nel vuoto.

«Andrà tutto bene, vedrai» provò a incoraggiarla.

«Dipende cosa intendi per "tutto bene"» sottolineò lei, poco convinta. Si infilò in bocca un dito e cominciò a mangiucchiarsi l'unghia; faceva così quando era stressata.

«Che, comunque vada, finalmente vi sarete parlati come si deve, spero!» esclamò lui. Poi guardò l'orologio. «In ogni caso, dovrebbe essere atterrato una mezz'ora fa.» Le fece l'occhiolino e le diede un bacio sulla fronte. «Buona fortuna!»

Chiara aveva più volte guardato il telefono. Avrebbe dovuto scrivergli e chiedergli un appuntamento? E se lui avesse rifiutato? Si disse che, a quasi quarant'anni, non poteva ridursi così; doveva affrontarlo... ma poteva aspettare ancora un'oretta.

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