47.

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Il giorno tanto atteso era arrivato.

Il tribunale di Santa Monica non rispecchiava affatto la città,anzi, poteva essere liberamente paragonata ad una nuvola nera in mezzo ad un cielo limpido.

Le pareti grigie e panna stavano sovrastando le nostre figure.
L'edificio aveva l'aspetto di uno specchio dove potevi osservarti al di fuori, ma chi era al suo interno poteva osservare te senza che tu te ne accorgessi.

Santa Monica ai miei occhi era sempre stata una vita colorata,caotica,viva.
Ma questo edificio mi faceva solo vedere una Santa Monica triste,cupa e marcia.

Mi pesava essere qui, sentivo un enorme peso sulle spalle e le facce intorno a me non erano per niente rassicuranti.
Quelli che mi preoccupavano di più erano Noah e Aron.

Eravamo lì per colpa di suo padre,noi dovevamo testimoniare contro suo padre.
Suo padre, l'uomo più potente di Santa Monica.

Più mi agitavo più passavo le mani sul mio pantalone grigio chiaro abbinato ad una camicetta bianca.
Non sapevo nemmeno se avessi dovuto testimoniare o meno, mi era stato detto di sì, poi di no, poi forse, e alla fine avevo smesso anche di chiedere.

E pensare che tra qualche giorno sarebbe stata la vigilia di Natale.
Già,tra qualche giorno, adesso eravamo lì, e bene o male dovevamo affrontare questa situazione, ma almeno eravamo come sempre, insieme.

Asher se ne sta appoggiato ad un pilastro mentre giocherella con i polsini della camicia.
Ally non parla nemmeno, fissa un punto davanti a lei, ha lo sguardo perso nel vuoto.
Aron non fa altro che passarsi le mani nei capelli ormai spettinati.
Liam e te un tutt'uno con le macchinette del caffè.
E Noah se ne sta lì seduto mentre continua a mangiarsi le pellicine delle dita.

Ormai capisco che quando fa così è nervoso.
Si tortura così tanto le mani da far uscire il sangue.

Sto per andare da lui quando qualcosa,anzi qualcuno cattura la mia attenzione.

Le urla si espandono nella grossa sala d'aspetto.

Una bambina bionda con un vestitino a fiori si nasconde dietro quella che dovrebbe essere la sua nonna.
I suoi genitori urlano contro di loro come se fossero sotto qualche sostanza.
"Sei una lurida puttana" urla quello che dovrebbe essere il padre.
"Chi hai portato via nostra figlia" urla quella che dovrebbe essere la madre della piccola.

Lei in tutto questo piange ancora dietro la schiena della nonna mentre quest'ultima fronteggia i due senza paura.

"Non ho portato via niente a nessuno.
Voi avete fatto si che vi venisse portata via, perché siete degli esseri immorali che non meritano nemmeno di avere l'appellativo di persone.
Voi..."
Dice indicando entrambi.
"Siete una delusione, voi non esisterete più per Ambra, se mai mi chiederà chi erano i suoi genitori io non le darò il dispiacere di ricordare i suoi genitori biologici come due tossico dipendetti che abusavano della propria figlia.
Ringraziando il cielo che me ne ha parlato.
E questo tribunale mi è testimone, voi non avete più una figlia,io non porterò mia nipote in un carcere a trovare quelli che dovevano essere i suoi genitori, quelli che la dovevano proteggere.
Ma invece l'hanno solo fatta crescere troppo in fretta.
Non succederà, se vorrà vi saluterà lei stessa, adesso, ma io farò di tutto per dare ricordi felici a questa bambina, cosa che voi non siete stati in grado di fare dal momento che è nata.
Vergognatevi. Spero che il carcere vi faccia rinsavire."

Accade tutto in pochi secondi, l'uomo prova ad arrivare alla donna ma viene bloccato immediatamente da due agenti.
Fino a quel momento l'uomo era solo scortato ma adesso gli stavano mettendo le manette.
Vedo la bambina visibilmente scossa mentre lui continua ad urlare e dimenarsi, sua moglie invece troppo occupata a guardare quella bambina con l'odio negli occhi per salutarla.

HEART OF ICE AND LIMONDove le storie prendono vita. Scoprilo ora