Lasciami andare

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Capitolo 60
☯︎︎Sora's POV☯︎︎

Tremavo convulsamente avvolta in una coperta spessa che tenevo stretta a me, come un riparo contro l'orrore che avevo vissuto. Ero seduta contro la parete con gli occhi persi nel vuoto della stanza. Incapace di liberarmi della paura che mi avvolgeva, mentre Jin mi controllava i lividi sul collo, dove l'Hannya aveva premuto le sue dita mostruose.

«Non è niente di grave, per fortuna.» commentó lui osservando persino il taglio vicino alla spalla, appena rimarginato sotto le bende pulite.

Chiusi gli occhi e mi accoccolai su me stessa dopo la sua scrupolosa visita, cercando di bloccare i ricordi angoscianti che affollavano la mia mente e trovare un po' di conforto. Respiravo a tratti, inspirando rumorosamente in modo sconnesso. L'aria era carica di tensione e silenzio. Nessuno, però, osò avvicinarsi a me oltre Jin. Erano tutti in difficoltà per colpa della discussione di qualche ora prima e non volevano rigirare il coltello nella piaga. La servitrice era già stata medicata e si trovava nella sua stanza. Invece Minjoon non si era fatto vedere; forse troppo imbarazzato per l'accaduto e probabilmente avremmo ricevuto sue notizie solo al mattino.

«Non possiamo andarcene e lasciarla in questo stato.» avevo sentito Jimin sussurrare a Jungkook, la sua voce fioca ma carica di compassione.

No, vi prego...non fatemi questo...

Sentii gli occhi iniziare a bruciare dolorosamente, così affondai il viso tra le ginocchia cercando di nascondere la mia debolezza. Tentai di soffocare i miei singhiozzi contro la coperta senza ricevere nessun conforto, nessuna pacca sulla spalla, nessun abbraccio.

Poi una mano gentile e solida si posó sulla mia nuca, spingendomi ad alzare il mento sulla persona di buon cuore che aveva avuto il coraggio di aiutarmi: Taehyung.

Incrociai i suoi occhi scuri come pozzi neri ma brillanti grazie ai raggi di luna che filtravano tra la carta della finestra. Ma non riuscii a sostenere il suo sguardo, percepivo l'aura accusatoria che aleggiava nella stanza. Adesso capivo come si fosse sentito Taehyung dove avermi rapita; era una sensazione terribile. Forse era proprio per quel motivo che si era avvicinato solo lui. La sua presenza, come una luce nella notte più buia, mi diede una strana sicurezza, come se non fossi più sola in quella stanza.

«Sei ancora convinta che rimanere qui sia la scelta giusta?»

La voce di Jungkook ruppe il silenzio, un tono arrogante con un accenno di sfida.

«Jungkook, non è il momento.» lo riprese Namjoon.

«Lo è, invece. Deve rendersi conto delle conseguenze delle sue scelte.»

Aveva appena indossato il lato più tagliente di se stesso, quello che se ne fregava del contesto e ti sputava addosso tutto ciò che non avresti voluto sentirti dire. Allo stesso modo di uno scorpione che trafigge con colpi precisi i punti in cui è sicuro di poterti ferire.

«Lasciamoli soli un momento.» suggerì Seokjin. «Hanno bisogno di chiarire diverse cose.»

«Ma non mi pare il caso di..» provò a dire Jimin, ma venne trascinato via dal maggiore che lanció un'occhiata seria ad entrambi.

Calò di nuovo un silenzio soffocante, persino i miei leggeri singhiozzi rimbombavano sulle pareti spoglie. Mi sentivo combattuta, divisa tra la convinzione di rimanere e accettare la proposta di matrimonio e la realtà che mi stava circondando, la paura che avevo provato, le vite che avevamo messo a rischio. Eppure, in quel momento, non ero pronta a mettere in dubbio la mia decisione.

«Non puoi capire, Jungkook,» dissi con voce tremante, cercando di trattenere l'emozione che montava dentro di me. «Questa non è solo una scelta impulsiva. È qualcosa che va oltre, si tratta di una stabilità e sicurezza.»

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