La collana di giada

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Capitolo 57
☯︎︎Sora's POV☯︎︎

Ancora una volta mi ritrovai in convalescenza, a patire un dolore atroce ogni volta che Jin mi medicava. Come era già accaduto in passato, Jungkook si riavvicinava un poco. Forse mosso dai sensi di colpa o dal rimorso, ma a me andava bene così. Poi fare la conoscenza di Minjoon era stata una dolce sorpresa: si era rivelato un ragazzo molto semplice ed alla mano, nonostante il suo grado nobiliare. Non sembrava nemmeno aver notato che fossi straniera, anche perché ero riuscita ad integrarmi bene con i modi di dire dell'isola.
Passavo le ore chiacchierando con lui, avevo riscoperto il piacere di conversare con qualcuno senza l'avere l'ansia di dire qualcosa di sbagliato. Mi ero sorpresa a ridere di gusto ancora una volta. Nonostante le ferite, il dolore, la stanchezza, la convalescenza si rivelò ancora una volta uno dei momenti più sereni da quando ero arrivata su Chimera. L'assenza di Jungkook passó in secondo piano proprio grazie alla compagnia di Minjoon.

In quei giorni non parlammo della questione del mistero che aveva studiato Namjoon. Sembrava tutto in stand-by, come quando eravamo nell'eremo: mi pareva di essere tornata lassù, isolata dal mondo esterno. La differenza più grande era la persona che si stava prendendo cura di me: non Jungkook. Era Minjoon che mi sistemava il cuscino sotto la testa, controllava le bende o semplicemente mi portava un bicchiere d'acqua.

Stavo guarendo lentamente ma con costanza. La notte riuscivo a dormire senza svegliarmi mai, nonostante fossi quasi sempre sola. Gli altri ragazzi dormivano nella stanza adiacente tutti insieme perchè volevamo lasciarmi un po' di privacy.

Un pomeriggio di sole il ragazzo mi invitò ad uscire, dato che era quasi una settimana che rimanevo rinchiusa dentro casa. I raggi del sole riscaldavano piacevolmente l'atmosfera, gli uccellini canticchiavano felici svolacchiando nell'aria primaverile; in quel posto tutto sembrava pacifico e sereno, come se gli attacchi dei demoni non fossero mai arrivati fino a lì.

Purtroppo sapevo che era solo questione di tempo. Per ora mi godevo il momento senza pensare troppo al futuro e cercavo persino di non badare alla linea rossa che vedevo ad occhi chiusi e che mi invitava a proseguire il viaggio.

Era proprio la quiete prima della tempesta.

Solo per sedermi sulla panchina di legno fuori dalla mia stanza indossai un bel kimono ricoperto di fiori che il ragazzo mi aveva gentilmente prestato. Le sue servitrici mi avevano aiutato ad indossarlo perfettamente ed avevano annodato la cintura in modo che non mi strizzasse troppo la vita. Avevano insistito per acconciarmi i capelli, nonostante le mie delicate lamentele, perché non era necessario. Mi dissero che di prassi erano abituate ad agghindare chiunque dovesse passare del tempo insieme al loro signorino. Mentre mi sistemavano, facendo attenzione a non spostare le fasce sul collo, avevano persino notato il fermaglio a forma di fiore che custodivo gelosamente dentro la casacca. Il campanello purtroppo non potevo ancora portarlo perché la cordicella limitava le medicazioni.

Il ragazzo non appena mi vide si mobilizzò per un momento, osservandomi dalla testa ai piedi con lo sguardo fugace, poi mi invitò a prendere posto accanto a lui. Le assi di legno erano tiepide al tatto, una fragranza fresca di fiori aleggiava nell'aria ogni volta che il vento soffiava tra i capelli. Eravamo rivolti verso la corte interna della casa, un ampio cortile in stile zen con i sassolini sistemati in modo ordinato e un discreto stagno al centro. Alcune fontanelle di bambù scandivano il tempo con grazia e tranquillità.

«Siete molto affiatati, non è vero? Nonostante vi conosciate da poco, sembra che siate amici da una vita.» Disse il ragazzo guardando verso un angolo del cortile in cui si trovava Taehyung che osservava le fronde di un acero sotto la loro stessa ombra. Si voltò proprio in quell'istante, come se si fosse sentito richiamare ed agitò la mano verso di me timidamente. Lo avevamo distolto dal suo mondo. Ero felice di rivedere il suo sorriso squadrato che illuminava il suo volto, solitamente sempre incupito dai voluminosi ricci neri.

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