Lo specchio, la collana e la spada

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Capitolo 35
☯︎︎Jungkook's POV☯︎︎

Ogni volta che aprivo gli occhi trovavo il viso confortante di Sora davanti a me. Era viva e mi bastava questo per stare meglio nonostante la ferita dolorante. Udivo spesso il suono del campanello rimbombare nei timpani, le sue dita giocherellavano continuamente con il ciondolo trasparente. Era solo grazie a lui se mi ero svegliato in tempo per salvarla dalla strega. Non mi capacitavo di aver dormito cosi profondamente da non aver sentito il trambusto dentro la casa. Un dolore alla testa lancinante mi confondeva la mente mentre cercavo di rialzarmi dal futon. Alcune pentole erano cadute a terra, la porta era spalancata lasciando entrare una brezza gelida e Sora non c'era. Allarmato, avevo scosso entrambi i miei compagni addormentati senza ricevere una reazione. Studiai l'ambiente alla ricerca di qualche indizio e poi di nuovo il tintinnio del campanello. Ero gia sulla porta pronto per uscire, quando udii una voce impastata.

«Che cazzo succede?!» Seokjin si stava rialzando tenendosi la fronte con una mano.

«Non lo so, ma Sora è in pericolo.»

«Vai, qui ci penso io.» disse indicando Namjoon a terra.

Così ero volato all'inseguimento.

Il mio unico intento era proteggere Sora e quella ferita l'avrei subita altre mille volte senza rimpianti. In un momento di lucidità, Seokjin mi aveva raccontato che la distruzione del fiore era stata la chiave per sconfiggere la Yamauba. L'iris conteneva la sua anima e l'aveva notato in mezzo ai fiori secchi sul davanzale. Lei pensando erroneamente che fossimo tutti uomini, aveva usato una pozione nella zuppa per addormentarci. Se non ci fosse stata Sora, saremmo tutti morti in pasto a quella vecchiaccia.

Avevo sentito la loro conversazione durante la cena e soprattutto lo schiocco dello schiaffo. Purtroppo non avevo avuto la forza nemmeno per parlare, troppo debilitato dalla febbre e dal dolore. Infatti il giorno dopo, la guardai in silenzio quando si scusó con tutti per il suo comportamento irresponsabile. Aveva gli occhi lucidi mentre parlava, poi si prostrò in avanti sul pavimento verso i nostri compagni piangendo. Le sue spalle sussultavano mentre la testa era nascosta tra le braccia a mo' di riparo contro la dura realtà. Avrei voluto abbracciarla in quell'istante perché era solo colpa mia. Fu Seokjin a farlo per me, come un padre che lascia sfogare il figlio sperando che possa sentirsi meglio.

Ma io continuavo  a chiedermi perché Sora stesse reagendo in quel modo. Così ricordai quando si era ammalata in mezzo alla neve e la sensazione che mi aveva spinto a rischiare la vita pur di salvarla. Peró, percepivo che per lei era diverso.

«Ti capisco più di chiunque altro.» le aveva detto il ragazzo mentre la teneva stretta a sè, in ginocchio accanto al fuoco.

Quel giorno non smetteva mai di piovere.

Sembrava presagire qualcosa di cupo perché le nuvole pesanti oscuravano il sole come se non fosse mai sorto. Infatti la mia ferita non migliorava e si era tinta dello stesso colore plumbeo del cielo minaccioso. Evitavo sempre di guardarla, quando Jin mi cambiava la fasciatura, ma cedetti una volta. Un tremendo capogiro rischio di farmi svenire e Sora mi picchiettó la guancia con la mano per impedirmelo.

Rischiavo davvero di morire.

Namjoon si offrì di portami sulla schiena fino al villaggio più vicino, ma rifiutai perché sarebbe stato troppo pericoloso, soprattutto per la tempesta imminente. L'unica mia richiesta fu che Sora mi restasse vicino fino alla fine.

«Ma...tu sopravviverai. Che stai dicendo?!» balbettó con il labbro tremante.

Le sorrisi appena dal mio giaciglio, stanco di soffrire ancora. Era come se la punta di un coltello scavasse nella mia carne, rigirandosi costantemente. Rantolavo invece di respirare.

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