Il serpente e l'elisir

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Capitolo 62
☯︎︎Sora's POV☯︎︎

Mi persi nei vari passaggi della preparazione della posizione, o qualsiasi cosa fosse. Sembrava la scena di un film, in cui la strega gettava sostanze strane nel calderone e mescolava con un grosso mestolo di legno un liquido gorgogliante, mentre una cascata di fumo invadeva il tavolo. Più o meno stava si stava verificando la stessa cosa. Ero incantata dai movimenti sinuosi delle sue mani di Musume che acciuffavano con maestria ciotole di diverse dimensioni, per poi riversarne il contenuto all'interno di un mortaio.

«Porgimi il braccio, mia cara.» ordinò Musume con il suo timbro suadente.

Non le chiesi nemmeno il motivo ed obbedii come se fossi sotto effetto di un incantesimo. Allungai il braccio sulla tovaglia e Musume mi sfiorò il polso con la punta delle unghie affilate per rivolgerle il mio palmo verso il soffitto. Un fruscio percorse il tavolo all'improvviso, annunciando l'arrivo di un ospite inaspettato che mi fece ritrarre l'arto con uno scatto.

Un serpente.

La testa era grande quanto la mia mano, schiacciata e sottile con i due occhi neri che riflettevano macabramente la luce delle candele. Le squame spiccavano nella penombra con il loro bianco cangiante, come se fossero rivestite da un materiale plastificato. Non avevo mai visto un serpente del genere e subito sospettai che non fosse reale. Quando strisció davanti a Musume e si sollevò un poco; sembró studiarmi con quegli occhietti neri dalla doppia palpebra.

«Per creare ciò che ti serve, è necessaria una parte di te.» spiegó lei accarezzando la testa del rettile, come se fosse un docile cane. «Altrimenti come può funzionare?»

Il serpente fece sibilare la lingua biforcuta, concordava con la padrona.

«Non sentirai alcun dolore.»

Qualcosa in quella donna mi rassicurava, forse il suo tono di voce così calmo e fine, come il sussurro di foglie dorate danzanti nell'aria d'autunno. L'atmosfera si impregnò di un'aura misteriosa quando stesi l'avambraccio di nuovo e il serpente si mosse seguendo delle curve immaginarie sulla tovaglia fino a raggiungere la vena pulsante del mio polso con la maestosità di una creatura antica. Non avrei avuto il tempo di reagire in ogni caso perché i suoi denti aguzzi affondarono nella mia pelle in un secondo senza difficoltà. Sorprendente non sentii nulla, solo una sensazione di intima connessione; lasciai che la bestia tornasse dalla sua padrona e versasse il mio sangue nel mortaio. Niente effetti speciali, questa volta. In conclusione, l'intruglio era un banalissimo liquido rosso scuro quanto il vino che poteva sembrare assolutamente innocuo. Musume lo rovesciò all'intero di una piccola fischetta che poteva camuffarsi con i contenitori di soju.

«Mi raccomando, non sprecarne nemmeno una goccia. E' importante che lui lo beva completamente per innamorarsi di te.» si raccomandò mentre mi porgeva l'arma definitiva che io raccolsi con le dita come se fosse una bomba atomica.

«Si accorgerà del sapore?»

Musume scosse il capo facendo tintinnare i ciondoli che pendevano lungo il velo. «E' insapore, capirai dal suo sguardo quando avrà funzionato.» I suoi occhi erano enigmatici come le profondità di un lago nascosto tra le montagne.

Osservai la boccetta di coccio con un certo timore perchè avevo il potere di cambiare tutto tra le mie mani. Repressi l'impulso di tremare.

«Ma...non abbiamo parlare del pagamento...» iniziai a dire, ma Musume mi interruppe con gentilezza.

«Tranquilla, ci rivedremo in ogni caso che tu lo usi o no. Salderai il tuo debito quando verrà il momento.»

Il suo sorriso, a malapena percettibile dalla linea all'insù che incurvò i suoi occhi, svelava il segreto di una donna che conosceva l'arte degli accordi oscuri. Il silenzio che seguì mi suggerì di andarmene. Infatti mi alzai con un movimento rapido e mi inchinai lasciandomi alle spalle la donna insieme al suo serpente bianco. Mentre ripercorrevo il tragitto a ritroso verso il villaggio ragionando sul da farsi. Nascosi la boccetta nella manica del kimono, fin troppo consapevole del suo potere, poi quando il bosco si infittì, un'idea balenò nella mia mente all'improvviso. Mi fermai vicino ad alcuni rami secchi per staccarne uno e graffiarmi la pelle in diversi punti: le mani, le braccia e qualche punto sulle caviglie. Spettinai i capelli incastrando qualche foglia tra i nodi e sporcai un po' il mio viso con della terra. Tornai alla locanda correndo in modo che i ragazzi mi vedessero arrivare con il fiato corto, sempre che ci fosse chi mi interessava. Per fortuna Jimin e Jungkook erano appena fuori dal locale. Il ragazzo dai capelli argentati sventolava in ventaglio come se ci fosse un caldo torrido da combattere, mentre l'altro era appoggiato alla parete di legno con la schiena curva. Non mi notarono perchè si stavano guardando mentre discutevano di qualcosa, del quale sembravano particolarmente irritati.

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