Failla Leona Ashammer odiava essere la dama di corte della principessa di Ellult. Se fosse stato per lei, sarebbe già partita per il sud del continente, dove avrebbe potuto affinare la sua magia e diventare una delle guaritrici più in gamba dell'Eteria: le Isole Agassi, dove il re di Missoura viveva, erano infatti il suo sogno da quando era bambina. Il suo talento era invece sprecato al servizio della corona, il solo dovere di rendere la pelle di Gwendoline, sua cugina di primo grado, priva di qualsiasi imperfezione. La detestava. E detestava come si pavoneggiava per la sua bellezza mozzafiato, i lunghi capelli dorati che le ricadevano sulla schiena in morbide onde.
«Cugina» l'apostrofò come sempre «La vedi questa piccola macchia?»
No, che non la vedeva, ma si avvicinò comunque, guardando il punto indicato da Gwendoline. «Dove, principessa?» domandò, ingoiando una rispostaccia.
Diciannove anni nel castello di Seymour erano stati per Failla un supplizio, non osava immaginare un'esistenza intera a soddisfare ogni capriccio di Gwendoline. Vanitosa com'era, a cinquant'anni, che erano niente per lei che era una fata, le avrebbe chiesto di far sparire rughe inesistenti. Le fate non invecchiavano. E di certo non morivano come gli uomini, per l'età o per malattia.
«Qui, proprio dietro la spalla»
Failla era già pronta a rispondere che non c'era assolutamente niente dietro la sua spalla. Quando invece scostò di poco l'abito azzurro, si ritrovò a sbattere le palpebre più volte, incredula. Le fate non avevano macchie. Non di quelle dimensioni, almeno. Si avvicinò un po' di più, incuriosita, e con un dito accarezzò la pelle leggermente raggrinzita, attenta a non toccare le ali ripiegate della cugina.
«Ahi!» Gwendoline la guardò male, coprendosi la spalla nell'immediato «Mi hai fatto male»
«A malapena ti ho toccata» rispose Failla, mordendosi la guancia interna «principessa» aggiunse poi.
Gwendoline non rispose, stizzita, e si alzò dallo sgabello, sistemandosi con le dita i boccoli biondissimi. Si diresse quindi verso l'armadio, spalancando le ante, e lei seguì ogni suo movimento in silenzio, la schiena dritta. Essere una Ashammer da parte di madre, sorella della regina, era per Failla una fortuna e una sfortuna allo stesso tempo. Da una parte era cresciuta con tutti gli agi possibili e immaginabili, un lusso che lei non aveva mai disdegnato, dall'altra viveva da quasi vent'anni all'ombra di Gwendoline, sua coetanea, che non mancava mai di ricordarle quale fosse il suo posto: al proprio fianco, certo, ma come semplice dama di compagnia e nulla di più. Failla non sapeva nemmeno dire se si volessero bene.
«Stasera devo essere perfetta!» cinguettò Gwendoline, tirando fuori abiti da capogiro. «Verde o rosa?»
«Verde» rispose «Riprende il colore dei tuoi occhi»
Gwendoline guardò i vestiti di nuovo, il primo di un verde smeraldo con ricami argentati sulla gonna, e il secondo a balze, con un profondo scollo a cuore tempestato di brillantini. «Credo che sceglierò quello rosa, quello verde è troppo semplice» li studiò ancora un attimo, prima di rivolgersi di nuovo a lei. «Puoi indossarlo tu, se ti piace. Non credo che lo metterò mai»
Failla non nascose la sua sorpresa. «Davvero?» si lasciò sfuggire.
La cugina alzò le spalle, allungandole l'abito. «È anche il tuo compleanno alla fine»
Failla la ringraziò, gli occhi che le luccicavano alla sola idea di indossare quel vestito. Solitamente faceva commissionare abiti su misura dallo stesso sarto della principessa ma, guarda caso, i vestiti che le vendeva, per quanto meravigliosi e ben cuciti, erano sempre meno appariscenti e meno valorizzanti, come a ricordarle che lei, Failla Leona, altro non era che la cugina di Gwendoline e non poteva permettersi di splendere più di lei. Non che fosse possibile: Gwendoline Ashammer splendeva in ogni occasione, sempre bellissima e curata.
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The Songs Of The Twin Flame
FantasyRea e Failla non si conoscono, eppure le loro vite sono intrecciate l'una all'altra indissolubilmente. Come legate da un filo invisibile, si rincorrono infatti senza saperlo, pedine nelle mani silenziose degli dei, che sembrano aver deciso per loro...