Capitolo 11

34 5 40
                                    

Rea era furiosa. Aveva iniziato a fidarsi, per Ulfr, e Cillian l'aveva fregata alla grande, rubandole il medaglione. Corse, il corpo mutato in quello di un segugio per seguire l'odore del drago e non perdere le sue tracce, la scia inconfondibile di fumo e di freddo pungente che la guidava verso sud. Si lasciò guidare dall'istinto animale della bestia, schivando gli alti tronchi degli abeti, la rabbia che si agitava furiosa nel petto. Il profumo di Cillian era quello del vento del nord, dell'inverno e del calicanto. L'avrebbe riconosciuto ovunque. Seguendone le tracce, Rea sentiva il desiderio di ammazzarlo crescere sempre più; voleva mettergli le mani addosso, magari strozzarlo. La foresta di Wychfirs sarebbe stata testimone delle sue zanne imbevute di sangue di drago e gli dei avrebbero iniziato a temerla per aver ucciso un loro discendente.

Rea fremeva all'idea di vedere il sangue zampillare dal collo di Cillian. Era quel pensiero che la spingeva a correre più veloce che mai, ad ignorare il dolore alle zampe e il fatto che la natura del segugio stesse divorando la sua parte umana. Mutare non significava solo vestire una nuova pelle: significava assumere nuovi istinti, nuovi comportamenti, percepire il mondo in modo diverso. Rea non era diventata un segugio. Lei era un segugio. Sentì un corso d'acqua poco distante e si fiondò in quella direzione; era da lì che la traccia arrivava. Si fece sempre più forte, sempre più vicina, e presto non fu solo quella che Rea riuscì ad avvertire: la magia di Cillian la investì come un fiume in piena, la forza innaturale del vento e del fuoco imperversava nella radura che si aprì davanti a lei. Gli occhi da segugio lo individuarono subito: Cillian era di spalle, in mano il medaglione, ai suoi piedi un dirupo, sotto cui il fiume Stosa scorreva violento.

Rea non aspettò. Gli balzò addosso, gli artigli estratti e pronti a colpire laddove avrebbero dovuto esserci le sue ali da pipistrello. Ringhiò, feroce, le fauci spalancate. Non arrivò mai alla schiena del drago. Cillian nemmeno si girò che la sua magia reagì, sbalzandola contro un albero. Rea guaì, sentendo l'aria mancarle, ma si rialzò, il pelo ritto. Gli si avvicinò di nuovo, ancora più arrabbiata. Cillian adesso si era voltato e la fissava con sufficienza. Le aveva rubato il medaglione, diamine, non poteva non odiarlo.

«È questo che vuoi, mutaforma?» le domandò, freddo come la neve dei Monti Athos, mentre le mostrava il medaglione e lo faceva oscillare nel vuoto. «Vieni a prenderlo»

Rea non ci vide più. Ringhiò, cattiva, e si mise in posizione d'attacco. Le fiamme di Cillian la circondarono nell'immediato, chiudendola dentro un cerchio sempre più stretto. Il segugio si lamentò, guardandosi intorno spaventato, la coda tra le gambe. Odiava il fuoco, il calore che emanava; Rea non aveva mai provato un terrore simile. Ma la paura non era sua, era della bestia di cui aveva assunto le sembianze. Mutò, vendicativa. Bastò farlo perché Cillian impallidisse, perché le sue barriere cedessero per qualche secondo. E fu quei secondi che Rea sfruttò, superando le fiamme e aggredendolo nella sua nuova forma. Un colpo basso, considerando che aveva assunto l'aspetto dei mostri liberati da Althran sulle montagne di Edken, gli stessi che si erano spinti ancora più a nord fino a raggiungere la casa di Cillian. Lui voleva portarla a Thornfell, le aveva detto. Lei era diventata l'informazione che cercava.

Lo morse, aggrappandosi alla sua schiena con le unghie e con i denti, la pelle nuda e raggrinzita che sfregava contro i vestiti del drago. Gli strappò la carne, il sangue invase la sua bocca, i denti appuntiti come rasoi intrisi di rosso. Cillian ruggì, afferrandola per una gamba e lanciandola lontano. Rea atterrò a quattro zampe, leccandosi dalla bocca senza labbra il sangue del drago, che le colava adesso lungo il mento. In quella forma le risultò addirittura gustoso, era un dolce richiamo per la sua gola. Ne voleva ancora. Affondò le mani nella terra, cinque dita ossute dalle unghie affilate, pronta a ucciderlo, e Cillian si portò una mano sulla spalla sanguinante, non trattenendo un ringhio basso e furioso. Rea sorrise, la bocca che si trasformò in un ghigno ancora più orripilante. L'avrebbe ammazzato. E forse, dopo, avrebbe lasciato che il mostro si cibasse della sua carne succosa, che si ingozzasse del sangue dolciastro che gli scorreva nelle vene. Rea saltò.

The Songs Of The Twin FlameDove le storie prendono vita. Scoprilo ora