Capitolo 37

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Hazmor era avvolta da una nebbia piuttosto fitta quella sera. Non c'era da stupirsi, data la stagione: in autunno la città era famosa per i suoi toni cupi, per il sole che tramontava nel primo pomeriggio, per il vento che alzava le onde e agitava le navi nel porto. Un porto vuoto ormai, perché tutte erano bruciate, le fiamme che ancora danzavano sul legno galleggiante e che da giorni raggiungevano la riva, distruggendo persino gli edifici più vicini. Leilani non aveva fatto in tempo a imbarcarsi. Quando lei e i ghoul erano arrivati in città, le uniche navi ancora integre si trovavano a miglia di distanza, lontane dal controllo dei segugi.

Sospirò, alzandosi il cappuccio e pulendo la lama di ossidiana sul pantalone. Lanciò uno sguardo verso il segugio ucciso, su cui Callum si era già fiondato, i denti che strappavano la carne con ferocia. Non mangiavano da giorni lui e Reshka. Detestava ammetterlo, ma per quanto la loro dieta continuasse a disgustarla si era abituata in fretta alla loro presenza. Hazmor pullulava di cadaveri da quando Rilgasten aveva conquistato Ellult e se il puzzo di morte a lei faceva venire il voltastomaco, lo stesso non poteva dire per i due esseri che l'accompagnavano. Comunque non le interessava più di tanto. Finché si limitavano a mangiare corpi in putrefazione e ad uccidere i segugi, a lei andava bene.

Reshka l'affiancò, asciugandosi con il solito fazzoletto l'angolo della bocca. Leilani fece finta di non aver notato il rivolo di sangue nero e guardò davanti a sé, oltre il vicolo in cui avevano attirato il segugio.

«Abbiamo le chiavi» la informò.

Tra i due ghoul, Reshka era il più pacato. Non sapeva dire se il motivo fosse quello, il suo carattere serio e controllato, ma Leilani si sentiva stranamente a suo agio con lui. Era maturo, non invadeva i suoi spazi, non la faceva mai innervosire. Un po' come la mezzosangue, che aveva capito fin da subito come comportarsi con lei, merito forse di quell'empatia che caratterizzava ogni suo gesto. Non come Callum, insomma, che invece sembrava divertirsi parecchio a giocare con la sua pazienza.

«Ora cosa si fa?» li raggiunse, circondandole le spalle.

Leilani gli spostò subito il braccio, trattenendosi dal torcerlo. Gli lanciò un'occhiataccia e Callum sorrise, mostrando la sua sfilza di denti insanguinati. La disgustava. Si allontanò di qualche passo, mettendo le distanze. Non le piaceva il contatto fisico, soprattutto se improvviso. L'unico a cui, dopo quella volta, aveva concesso di invadere i suoi spazi era Abel, ma si trattava di suo fratello, alla fine. Di lui si fidava. Era un umano, era buono, era gentile.

«Ora si entra nel magazzino» rispose dura.

Lo controllavano da una settimana, ormai. Scendendo a patti con i segugi, un ricco mercante era riuscito a mettere in salvo la propria barca, un piccolo veliero che probabilmente mai aveva solcato il mare. Aveva pagato chissà quale somma, quella stupida fata, per far sì che non venisse distrutto. In città non si faceva che parlare d'altro. Reshka era piuttosto certo che non fossero gli unici ad aver puntato il veliero, così aveva proposto di trovare le chiavi, rubarle ed entrare nel magazzino senza che gli allarmi magici scattassero. Attirare l'attenzione era controproducente, soprattutto se l'obiettivo era quello di lasciare Hazmor nel silenzio della notte.

Leilani fece per uscire dal vicolo, ma la mano ghiacciata e senza vita del ghoul la fermò. Le fece segno di aspettare, gli occhi bianchi che brillavano nel buio. Non la inquietavano più come prima, forse perché ora riusciva a coglierci sfumature diverse da quella della fame. Leilani non sapeva dire se i ghoul provassero emozioni, ma dal modo in cui Reshka si perdeva a guardare il nulla e Callum gioiva per piccolezze che lei trovava insensate, era arrivata alla conclusione che ne conservassero almeno il ricordo. Se fossero poi vere o mere imitazioni, non osava chiederlo.

Così come Reshka aveva percepito, cinque ombre uscirono dai propri nascondigli, i mantelli scuri che si confondevano nella nebbia. Mentre assottigliava lo sguardo, Leilani sentì Callum sbuffare. Non erano segugi, di questo ne era certa, ma da quella distanza non sapeva dire se fossero umani o fate. Cittadini, comunque, desiderosi almeno quanto loro di lasciare il regno. Li capiva. A Ellult ormai non c'era più nulla a cui aggrapparsi, non quando il tradimento equivaleva a morte certa, non quando i segugi lasciavano chiunque morire di fame e riscuotevano più denaro di tutte le tasse imposte nei secoli dagli Ashammer.

The Songs Of The Twin FlameDove le storie prendono vita. Scoprilo ora