Capitolo 28

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Tra le rocciose pareti delle montagne, Thornfell giaceva avvolta nella nebbia, che fitta tesseva un manto inquietante intorno alle sue costruzioni. Le strade, strette e deserte, si snodavano tra gli edifici, costruiti con scure mattonelle che assorbivano la luce, lasciando che solo la pallida foschia ne delineasse i contorni. A Rea quel posto non era mancato per nulla. Si strinse nel mantello scuro, rubato a un mercante di passaggio, e alzò lo sguardo verso le torri del castello. Si scorgevano a malapena, la nebbia che offuscava tutto ciò che si trovava a metri e metri di distanza. Era in una di quelle torri che per tre anni aveva vissuto, convivendo con la corte del regno di Rilgasten.

Sentendo le ruote di un carro scricchiolare sulla strada, Rea si appiattì contro la parete di una casa. Si guardò intorno, mutando gli occhi in quelli rapace per vedere e orientarsi meglio. Non aveva mai notato prima che i tetti di ardesia fossero in realtà grigi e non neri, l'oscurità circostante che impediva di soffermarsi sui dettagli della città. Lasciò che il carretto la sorpassasse, quindi riprese a camminare, lo sguardo puntato sul castello poco lontano. Non c'erano mura a proteggerlo, ma un profondo burrone su cui Thronfell si affacciava, un solo ponte che collegava le due montagne. Per arrivarci, Rea avrebbe dovuto mutare più volte.

Intorno a lei, i muri di pietra si stagliavano come barriere contro il mondo esterno, chiudendola nella stessa gabbia silenziosa che solo qualche settimana prima si era lasciata alle spalle. Thornfell era la città più grande di Rilgasten, ma non la più popolata. I suoi abitanti migravano verso il centro del regno da anni, allontanandosi dalla capitale per sistemarsi in uno dei villaggi che sorgevano lungo lo Stosa. Ormai la città era quasi disabitata e nessuno più si curava delle case mezze diroccate incastrate nella roccia: se Rilgasten continuava a prosperare era solo per la paura che Althran incuteva nei suoi sudditi.

Rea si strinse nel mantello quando un brivido di freddo le risalì lungo la schiena. Nella piazza centrale il silenzio era rotto dal lamento del vento che, sibilando, faceva oscillare le lanterne appese sui muri, il luccichio debole e malinconico. La attraversò svelta, protetta dall'ombra minacciosa del castello che si proiettava su tutta la città, opprimendola. I suoi passi strisciavano incerti, mentre il fruscio dei suoi vestiti si mescolava ai fischi freddi provenienti dalle crepe delle case. Lasciatosi il burrone e la piazza alle spalle, Rea si inoltrò in una delle viuzze più interne, fermandosi in seguito davanti alla porta di una stretta casa a schiera; la finestrella circolare del secondo piano era illuminata, quindi bussò.

Si strappò le pellicine intorno all'unghia del pollice, in attesa. Intanto Rea si guardava intorno, circospetta, timorosa che i segugi potessero aver riconosciuto il suo odore e averla seguita. Sentì un lucchetto venir aperto, poi le chiavi girare nella serratura.

«Sorpresa!» sorrise Rea.

«Merda» esclamò la donna sull'uscio, facendo per chiuderle la porta in faccia.

Rea agì rapida, infilando la scarpa tra questa e lo stipite. «Pensavo fossimo amiche, Yleesa» la prese in giro, facendo pressione con la gamba e riuscendo a farsi spazio anche con un braccio.

«Dove c'è un mutaforma ci sono guai» ringhiò l'altra, continuando a spingere la porta per buttarla fuori «Ma dove ci sei tu i guai si moltiplicano!»

«Sai che se potessi non sarei qui» grugnì Rea in risposta «E comunque mi devi un favore»

Yleesa sospirò, smettendo di lottare, e Rea entrò rapida nella casa prima che potesse cambiare idea. Si abbassò il cappuccio, iniziando a sbottonarsi il mantello, mentre gli occhi saettavano sul piccolo salotto su cui si affacciava la cucina. Il pavimento era piuttosto consumato dal tempo e un tappeto rossastro donava un tocco di calore alla stanza, le pareti scure che chiudevano l'ambiente illuminato dal caminetto. Sedie intagliate con precisione circondavano il tavolo della cucina, sulla destra, su cui poggiavano tre lunghe candele. Davanti a loro una scala in legno massiccio si arrampicava verso il piano superiore; tappeti antichi, con intricati motivi floreali, ne decoravano i gradini. Rea sapeva che portavano alle camere.

The Songs Of The Twin FlameDove le storie prendono vita. Scoprilo ora