Capitolo 13

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Le campane suonavano da almeno mezz'ora, regnando sul caos scoppiato in città. Failla seguiva Leilani sul cammino di ronda, superando i soldati già posizionati lungo la merlatura della cinta muraria, e alternava lo sguardo dai cittadini che chiudevano porte e finestre allo stormo di tenebre che oscurava il cielo terso. Leilani aveva indossato in fretta e furia l'armatura, sulla corazza lo stemma della casata reale affiancato a quello della contea di Fiachra; non aveva perso tempo, precipitandosi sulle mura cittadine e organizzando la difesa.

Con gli occhi puntati sulla nuvola nera, Failla non riusciva a capire cosa l'avesse spinta a seguire Leilani in prima linea, assecondando il sentimento di rifiuto che aveva provato quando Madga l'aveva pregata di rimanere al sicuro. Se voleva farsi ammazzare era affar suo, Leilani le aveva detto, permettendole comunque di seguirla. Così, ora, si ritrovava insieme a lei, tremante e con in mano una spada che a malapena sapeva usare.

«Sei una stupida, mezzosangue» proferì Leilani, inginocchiandosi davanti a una feritoia. In vita aveva legato il fodero della spada, mentre sulla schiena la faretra. Prese una prima freccia, posizionandola sull'arco. «Sai combattere, almeno?»

Scosse la testa e Leilani prese un bel respiro, contrariata.

«Conosco qualche tecnica di autodifesa» si sentì costretta ad aggiungere.

Non ricordava come avesse imparato e nemmeno quanto effettivamente fosse capace; i ricordi del suo passato erano troppo vaghi e sfocati, sovrastati da quelli della notte in cui il castello si era sgretolato davanti ai suoi occhi. Erano gli unici che le rimanevano, gli unici che, per quanto tentasse di allontanarli, puntualmente ritornavano.

«Spero tu abbia avuto un buon maestro, allora» il capitano assunse un'espressione seria, gli occhi azzurri carichi di apprensione. Anche lei lo sperava. «Se le cose dovessero mettersi male, scappa nella torre, intesi?»

Failla annuì, prendendo posizione accanto a Leilani. Volse lo sguardo ai soldati, i pochi rimasti a proteggere Fiachra. Erano tutti umani e solo una ventina in grado di attingere alla magia. Le fate, a detta di Leilani, erano fuggite appena giunte le notizie dalla capitale, lasciando i loro cittadini senza risorse e senza protezione. I soldati migliori avevano seguito Jarlath Keenan a Seymour, non facendo più ritorno, e loro erano l'ultima difesa rimasta.

«Mi dispiace che le fate vi abbiano abbandonato» sussurrò.

Era mezza fata, ma Failla provava qualcosa di contraddittorio verso quella parte di sé. Quando si era alzata dal letto, aveva guardato le sue orecchie a punta con stupore, quasi come se le stesse vedendo per la prima volta. E forse era proprio così, sentiva di averle nascoste a lungo sotto la sua massa di capelli castani. Il motivo non riusciva a ricordarlo, eppure, nel guardarsi, Failla si sentì inspiegabilmente sbagliata.

La mascella di Leilani fece un guizzo, indurendosi, e le labbra si deformarono in un broncio. «Io non sono stupita, invece»

Il vento si fece più forte, scompigliando loro i capelli. Leilani fissò per un attimo le sue orecchie, poi tornò a rivolgere l'attenzione al cielo. «Arrivano» annunciò.

L'ammasso nero aveva assunto ora la forma di enormi pipistrelli, che vicini volavano nella loro direzione, i versi striduli portati fino a loro dal vento. Aveva preso a soffiare all'improvviso, forse scosso dall'oscurità di Rilgasten.

«In posizione!» gridò Leilani, la voce ferma e decisa. Non era quella a tradirla, ma il tremore appena visibile delle sue dita.

I soldati eseguirono senza ribattere e nessuno si preoccupò di nascondere la paura disegnata sul proprio volto. L'odore dei mostri arrivò forte e chiaro, pizzicandole il naso, e si mescolò al suo terrore, facendole sudare le mani. Deglutì, mentre le bestie alate di Althran scendevano in picchiata verso di loro, pochissimi scudi magici eretti intorno alla città.

The Songs Of The Twin FlameDove le storie prendono vita. Scoprilo ora