Capitolo 7

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La foresta di Wychfirs era diventata un incubo per Rea. Le fitte chiome degli abeti catturavano la luce della luna e del sole, pura oscurità che regnava dove l'erba cresceva feroce. Era praticamente sempre notte laggiù, i tronchi neri e altissimi come unici sovrani del loro mondo; non ne poteva più del buio e della natura selvaggia. Avevano proseguito verso sud, correndo per giorni senza fermarsi. Cillian le aveva costantemente negato delle pause, obbligandola a stare al passo, e alla fine Rea aveva fatto finta di svenire per mettere un punto a quella tortura. Mancava comunque poco perché accadesse davvero.

Sdraiata sul prato, si lasciava cullare dalla brezza della foresta e dai fili d'erba che intanto le solleticavano braccia e gambe, entrambe distrutte dalle continue mutazioni. Cillian era veloce, troppo, e lei aveva faticato non poco a stargli dietro; Rea si era trasformata più di una volta, prima in un falco, poi in un lupo, in animali con cui le era sempre parso di sfidare il vento. Eppure, in qualunque animale mutasse, il drago era sempre più veloce. Se poi lei risultava sfiancata e a pezzi, lui non pareva accusare il minimo segno di stanchezza. La dannata fortuna di essere un immortale.

Rea giocherellò con il medaglione, alzandolo verso il cielo. Il rubino rosso sangue sembrò brillare, richiamando a sé i raggi del sole a cui gli abeti impedivano di raggiungere il terreno. L'oro le disegnò sul viso sfavillii e riflessi, svelando sfumature verdognole nei suoi occhi nocciola. Sbuffò. Da quanto tempo non si lavava? Non ricordava più cosa significasse non avere addosso strati di terra e sporcizia. L'ultima volta in cui si era goduta l'acqua pulita di una vasca da bagno risaliva a Thornfell e, beh, era passato decisamente molto tempo da allora. La camicia dell'uomo per fortuna non si era rotta con la prima mutazione e Cillian l'aveva messa in un sacco per salvaguardarla mentre lei assumeva sembianze animali. Era però lurida e sudata, se per colpa sua o del senzamagia Rea non voleva saperlo. Sapeva solo di puzzare, e anche tanto.

«Dimmi che hai trovato un posto dove lavarci» disse, mettendosi a sedere.

Cillian si trovava poco lontano, in mano due conigli bianchi; come al solito si era occupato lui di cacciare. Non che Rea non ne fosse capace, anzi, ma a differenza del drago doveva recuperare più energie possibili prima di rimettersi in cammino.

«Sì, non troppo distante da qui»

Le si illuminarono gli occhi. «Davvero?»

«No» Cillian trattenne un sorriso crudele e Rea gli fece il dito medio.

«Accendi il fuoco, drago» grugnì in risposta, afferrando i conigli per le orecchie «Io scuoio questi due»

Si mise al lavoro, borbottando tra sé e sé per nascondere il sorrisetto spuntatole sulle labbra. Senza aspettare oltre, spinse il ginocchio del primo coniglio, tirando la pelle nella direzione opposta. Proseguì allo stesso modo per l'altra zampa, srotolando la pelle fino all'addome con una precisione maniacale. Gli ruppe poi la spina dorsale alla base del cranio e ripulì con le dita la carcassa, eviscerandola, quindi passò all'altro.

«Che c'è?» domandò, sentendo lo sguardo di Cillian addosso.

«Dove hai imparato?»

Rea alzò lo sguardo dal coniglio, ignorando le mani sporche di viscere e sangue. Il drago la fissava in modo strano, incuriosito quasi. Aveva le sopracciglia rilassate, le labbra distese che gli addolcivano i tratti duri del viso. Sembrava più giovane quando non impegnato a guardarla male. Era così bizzarra quell'espressione, così nuova, che Rea gli concesse una risposta sincera.

«Nei boschi, da bambina» alzò le spalle.

Gli passò il primo coniglio, che Cillian mise sul fuoco, già acceso da un po'. «Nessuno te lo ha insegnato?»

The Songs Of The Twin FlameDove le storie prendono vita. Scoprilo ora