Capitolo 39

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Poteva capire perché per Cillian perdere le ali fosse paragonabile a perdere un arto. La sola idea di non poter più correre, a Rea faceva sentire impotente, inutile, in gabbia. Le sue gambe erano quanto di più importante aveva. Solo volando a quell'altezza e vestendo la pelle di un drago, era riuscita davvero a capirlo. Il paesaggio sotto di lei, tanto piccolo e lontano, era meraviglioso. Rilgasten le sembrava sorprendentemente bellissima da lassù: i campi coltivati disegnavano strane forme geometriche, gli stormi di uccelli erano piccoli puntini e i tetti delle case si confondevano tra gli alberi, il solo fumo del camino che ne segnalava la presenza. Persino Wychfirs, che Rea aveva odiato così profondamente, le sembrava diversa: cupa, ma misteriosa, una massa nera piena di vita e di segreti.

L'aria le punzecchiava le ali, tra cui Cillian ore prima era svenuto. Gli lanciò un'occhiata preoccupata, sentendone il respiro irregolare. Le sue palpebre si muovevano a scatti, come se stesse facendo un brutto sogno, e il corpo gli tremava di continuo, scosso da brividi di freddo. E Cillian non aveva mai freddo, Rea lo sapeva bene. Adesso, poi, riusciva a capirne anche il perché.

Si abbandonò a una corrente, ignorando la fitta alla zampa destra. Un mostro di Althran l'aveva morsa poco dopo l'evasione dalle prigioni, strappandole la carne e facendola urlare di dolore. Non aveva controllato quale fosse la situazione, non ne aveva avuto il tempo, ma sapeva che le condizioni in cui la zampa versava, quindi la sua gamba, non fossero buone. La magia le stava concedendo quella forma, non poteva permettersi di guarirla, non ancora. Non le importava, però. Non si sarebbe fermata finché non avesse superato il confine di Rilgasten, a costo di perdere la coscienza per giorni. Mancava poco ormai. Assurdamente poco.

Lanciò un'altra occhiata allarmata a Cillian. Si era mosso, sbilanciandosi sulla destra; i capelli spettinati erano sollevati dal vento, lasciando libero il viso stanco. Era pallido. Rea si lasciò andare a un sospiro e nuvolette dense uscirono dalle sue narici. Se prima di svenire Cillian non avesse trovato la forza di legarsi agli spuntoni, a quella velocità Rea l'avrebbe già perso nei cieli del regno. Un regno enorme, vastissimo, che lei aveva quasi attraversato del tutto nel giro di qualche ora. Amava quella forma. Per Ulfr, se l'amava.

Certo, se non fosse stato per Yleesa i mostri di Althran l'avrebbero raggiunta in un batter d'occhio e a quel punto nemmeno il fuoco che sentiva ardere all'altezza dello stomaco li avrebbe salvati. Rea l'aveva giusto intravista nell'ombra di un edificio, il volto coperto dal cappuccio e il lungo mantello nero. In un attimo i mostri alati avevano preso a scontrarsi gli uni contro gli altri, litigando nella nebbia di Thornfell e abbattendosi sui tetti delle case. Si era scatenato il caos in città, mentre le bestie che la proteggevano si azzannavano tra loro, marionette nelle mani di Yleesa. Rea sbuffò. Maledetta di una strega. Sapeva che in futuro avrebbe riscattato quel favore. Poi sorrise, aria fredda che le passò tra i denti affilati.

Trascorse un'altra ora prima che Durhann si affacciasse all'orizzonte. Dalla città fumo grigio si alzava verso il cielo, formando una sorta di cappa tutt'intorno. I monti di Harrem, alle sue spalle, gettavano sugli edifici un'ombra cupa, attraversata dallo scorrere placido del fiume. A differenza di Thornfell, protetta dalle montagne nere su cui sorgeva, Durhann era circondata da alte mura di pietra, pattugliate dai segugi notte e giorno. Non rappresentavano un problema però, perché Rea non aveva alcuna intenzione di atterrare; finché la sua magia non l'avesse abbandonata, avrebbe continuato a volare verso Ariestria, sforzando le ali e sfruttando le correnti. Sorvolò i tetti a spiovente, beandosi del suono impazzito delle campane al suo passare. L'aveva fatto di proposito, scendendo di quota solo per gettare paura sugli abitanti di Rilgasten. Rea sghignazzò, immaginandosi il viso contrariato di Cillian e il suo brontolare.

Il drago tuttavia rimase silenzioso. E continuò ad esserlo anche più tardi, quando il vento freddo della catena montuosa costrinse Rea a volare più vicina alla roccia. Le vette di Harrem non erano quelle dei Monti Athos, ghiacciate e letali, ma lassù Rea si sentì comunque rabbrividire, costretta a lottare contro il freddo pungente e contro le correnti che la spingevano di nuovo verso valle, verso Rilgasten. Era ancora nel regno là sopra, ma oltre i picchi, oltre la nebbia densa che avvolgeva quelle montagne, c'era il Deserto delle Anime Perdute. C'era Missoura. C'era speranza.

The Songs Of The Twin FlameDove le storie prendono vita. Scoprilo ora