Capitolo 30

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Togliersi di dosso la sensazione di oppressione lasciatole dalle segrete era stato più difficile del previsto. Dopo notti trascorse a sognare l'urlo raccapricciante del principe, Gwendoline aveva rinunciato a dormire. Non si sentiva in colpa. Era un sentimento che non poteva permettersi, visto che lei stessa aveva proposto a Althran quello scambio: la sua libertà di movimento per un'ala del drago, una conquista per una perdita. Trattare con Althran significava quello, d'altronde: immergersi in ragionamenti malati e andare oltre i propri limiti. Gwendoline lo aveva imparato dalla mutaforma, dal passato che aveva visto attraverso i suoi occhi. Per sopravvivergli doveva sfidarlo e soddisfarlo, una continua battaglia per conquistare una fiducia di cui però, lei, non aveva bisogno. A differenza di Rea Feachar, Gwendoline era in una posizione di vantaggio. Era il Fato di Althran. Il suo destino.

Scalciò le coperte, alzandosi. Non aveva voglia di leggere ancora. Il libro erotico lo aveva terminato da un pezzo e nella piccola libreria non era rimasto nulla di interessante. Si appuntò di chiedere anche quello al re, libri decenti che potessero ammazzare la noia in cui era costantemente immersa. Se solo si fosse degnato di riceverla. Gwendoline odiava sentirsi in quel modo, ignorata e impotente. Uscì dalla stanza, inoltrandosi nei corridoi bui.

A Seymour passeggiava spesso quando nella sua testa ritornavano immagini del passato e del futuro; l'aiutava a distrarsi, a pensare meno, a rimanere aggrappata al presente. La presenza silenziosa di Failla in qualche modo le era sempre stata di conforto, per quanto negli anni l'avesse detestata. Era vero che l'aveva invidiata: aveva desiderato a lungo la sua vita prima di accettare quello che l'aspettava, prima di capire che nulla avrebbe mai cambiato un futuro già scritto. La vita di Failla non sarebbe stata semplice, anzi, ma almeno poteva definirsi tale, qualcosa per cui valeva la pena combattere. Gwendoline per se stessa aveva visto invece solo oscurità.

Quando arrivò, la sala da ballo giaceva nel buio, le sole fiaccole appese alle pareti che continuavano a bruciare e la cui luce danzava debolmente, gettando ombre spettrali sul pavimento scuro. Il silenzio era tangibile, interrotto dal sottile fruscio delle tende e dalla nebbia che si insinuava furtiva tra le sbarre e il vetro delle finestre. Gwendoline sentì il corpo fremere, mentre le sue ali la conducevano verso il pianoforte e la coltre di polvere al di sopra, note ormai mute che risuonavano nella sua testa. C'era un confine indistinto tra realtà e irrealtà, come se la sala da ballo fosse sospesa in un limbo tra passato e presente.

Gwendoline si sedette sullo sgabello e la vestaglia si sollevò, lasciandole scoperte le cosce. I ricordi riaffiorarono appena suonò una prima e lunga nota. La fiamma delle fiaccole prese a danzare, disegnando un leggero bagliore intorno a lei; non c'era vento a muoverle. Non c'era nemmeno la musica, in realtà, solo il silenzio, eppure Gwendoline poteva sentire note lontane risuonare nell'aria, rendere la sala viva di colori, risate e abiti scintillanti.

Le pareti sbiadite si colorarono di tonalità vivaci, le finestre sbarrate scomparvero, il pavimento di pietra nera si animò di coppie che danzavano felici, balli tradizionali, antichi e ormai dimenticati. La sala brillava di luce, le finestre spalancate e le tende di lino, i raggi del sole che uccidevano le tenebre. Gwendoline si ritrovò catapultata in una realtà distante, e mentre il presente continuava a languire nell'oscurità, il passato risplendeva di vita e colore intorno a lei.

Sospesa tra due mondi, non si accorse di aver preso a ballare, la melodia del pianoforte, leggera e dolcissima, che riempiva la sala e l'accompagnava nei suoi movimenti. Iniziò a volteggiare, seguendo il ritmo della musica che solo lei poteva udire, le ali che imitavano i passi di tutti gli altri, fantasmi di un passato che forse solo gli dei ancora ricordavano. Gwendoline non si accorse nemmeno di star piangendo. Lei non piangeva mai.

Le braccia di suo padre erano strette intorno alla sua vita, delicate come se le ricordava. Le sorrideva, le labbra piene come le sue e gli occhi verdi, colmi di quell'intelligenza che aveva sempre ammirato. Suo padre era un uomo di poche parole, lo era sempre stato, ma non mancava mai di guardarla con amore. Mai. Gwendoline sorrise a sua volta, lasciandosi guidare come sempre dalla sua figura, dai passi eleganti ed esperti. Volteggiò su se stessa, conscia che in seguito sarebbe stata la madre ad accoglierla tra le sue braccia. Così fu. Si beò dei ricordi dei suoi cari, mentre intorno a lei fate, umani e altre creature si univano alle danze, sollevandosi in aria. Gwendoline continuò a ballare, ballare e ballare finché le ali e le gambe non le fecero male, costringendola a posare i piedi di nuovo sul pavimento. La magia sfumò e con essa le figure di tutte le altre coppie, della luce del salone. Il passato non era più passato e la realtà fittizia era tornata ad essere realtà.

The Songs Of The Twin FlameDove le storie prendono vita. Scoprilo ora