Capitolo 24

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Il ghoul dai capelli bianchi si chiamava Callum, Failla lo aveva appreso quando Reshka gli aveva ricordato con durezza di non poter uccidere altri che non fossero i segugi. Non erano fratelli, forse nemmeno amici, ma Reshka le aveva accennato che si erano incontrati in viaggio per l'Eteria, due animi erranti che avevano lasciato le loro terre per motivi a lei sconosciuti. Non sapeva cosa fossero veramente i ghoul e non credeva ai commenti o alle storie che tra le persone stavano già dilagando. Di una cosa, però, era certa: entrambi erano affamati, così tanto da sbavare alla sola idea di nutrirsi finalmente di carne morta. Tra i due, Callum era quello più vorace.

Failla distolse lo sguardo da Callum, dal modo in cui le sue mani scavavano nel corpo del segugio e dai suoi occhi bianchi appagati, dalla bocca spalancata da cui si scorgeva un sorriso di denti aguzzi e neri di sangue. Failla tornò alla battaglia, al sudore che le imperlava la fronte. I ghoul erano partiti all'attacco nell'immediato, anticipando fate e umani e scagliandosi contro i segugi senza alcun avvertimento. Ne avevano scelti due, uno a testa, e li avevano abbattuti con una velocità sconcertante, buttandosi a capofitto sui loro cadaveri e mettendo in scena uno spettacolo raccapricciante.

Così, per riempire i loro stomaci, Callum e Reshka si erano dimenticati dell'esistenza degli altri cinque segugi, che intelligentemente si erano tenuti alla larga da loro, superandoli. Failla aveva abbandonato la sua arma appena un segugio si era scagliato su un uomo, ferendolo gravemente. Leilani era subito corsa in suo soccorso, sguainando la spada, e combatteva ora insieme a una delle fate che avevano scelto di non rimanere a guardare. Coperta dalle due, Failla si era accovacciata sull'uomo, premendo le mani sulla ferita aperta. Sputava sangue, il viso pallido e spaventato.

«Starai bene» disse, ignorando il rosso che le imbrattava le mani. Tre lunghi e profondi graffi gli squarciavano la camicia e data la quantità di sangue che continuava a fuoriuscirne probabilmente il segugio aveva leso qualche organo interno. Nessuno, tra loro, indossava armature.

Chiuse gli occhi, liberando la magia e sentendola pulsare nelle vene. La percepì agire, illuminarle le mani di luce bianca e pura. Failla la chiamò al suo volere, sentendo la pelle rimarginarsi sotto il suo tocco, mentre i filamenti magici facevano ciò per cui erano stati evocati, ricucendo laddove gli artigli avevano strappato. Il sangue si fermò e con esso anche i lamenti dell'uomo, che Failla girò su un fianco appena prese a tossire. Poco dopo, altri due umani la raggiunsero, i visi giovani rigati di lacrime e preoccupazione. Tremavano. Da loro percepì sorpresa, diffidenza e un'emozione sfumata, quella della paura.

«Grazie per aver salvato nostro padre» sussurrò uno, mentre sollevava l'uomo per un braccio. Se lo caricò sulla spada, mentre il fratello lo raggiungeva e lo imitava. Non la persero mai di vista, come se da un momento all'altro avesse potuto riprendersi la magia che ancora brillava nel petto dell'umano.

Failla si limitò a fare un cenno, forzando un sorriso. Quei ragazzi avevano paura di lei, delle sue orecchie a punta, di ciò che era. Salvare il padre non cancellava una vita di timore nei confronti delle fate. Failla si morse una guancia, asciugandosi le mani sporche di sangue sul vestito e impugnando di nuovo la spada di Leilani. Si guardò intorno, ignorando la fitta di dolore che le aveva attraversato il petto. Fate e umani stavano combattendo insieme, era vero, ma non era fiducia ciò che li univa. Era la paura: dei segugi, della morte. Quello che li spingeva a non odiarsi era solo l'odio per un nemico comune. Era triste. Semplicemente triste.

Il cozzare delle spade e i lamenti dei feriti si mischiavano alle grida della gente schiacciata contro le mura, ai pugni che battevano contro il cancello, imploranti. Era assurdo, perché a farlo erano le fate, le stesse che avrebbero potuto aiutarli a combattere, a proteggere i più deboli. Failla capì che, in parte, Leilani aveva ragione. Erano poche le fate che non vedevano i mortali come creature inferiori. E quella battaglia, dove erano per lo più gli uomini a lottare, gli stessi che sfioravano la morte ogni giorno e che la temevano più di un immortale, ne era l'amara dimostrazione.

The Songs Of The Twin FlameDove le storie prendono vita. Scoprilo ora