Era da tanto che Rea non faceva i conti con la sua solitudine. Nei nove giorni in cui era fuggita, lasciandosi Thornfell alle spalle, non aveva pensato che alla sua sopravvivenza, cercando unicamente di non lasciarsi sopraffare dagli istinti delle bestie di cui assumeva la forma. Poi, Cillian era entrato nella sua vita, e per quanto non fosse un gran chiacchierone, la sua presenza era stata confortante e le aveva impedito di confrontarsi con se stessa. Solo adesso, che Rea era davvero sola, aveva avuto tempo per pensare, per metabolizzare quanto aveva passato in quei tre lunghi anni; solo ora, che il drago manteneva le distanze perché consapevole che la sua rabbia, dopo giorni, non si fosse affatto placata, aveva avuto modo di chiudersi nei suoi ricordi. E Rea li odiava quei ricordi, li odiava davvero.
Così come odiava quella situazione. Odiava non riuscire più a fidarsi dell'ambiente circostante, odiava non riuscire a dormire, odiava aver paura. Odiava ancora di più non riuscire ad assaporare il silenzio, quel costante bisogno di riempirlo con parole inutili. Sapeva perché lo facesse, sapeva perché dopo Thornfell avesse bisogno di parlare, di ascoltare qualcun altro farlo, di semplice compagnia. Ora, però, non c'era più nessuno con cui riempire il vuoto che portava nel petto. Era rimasta sola, di nuovo, il solo silenzio di Wychfirs che le ricordava i giorni e le notti in cui l'unico suono era quello delle grida soffocate, delle urla terrorizzate, dei versi raccapriccianti provenienti dalle segrete.
In tre anni, Rea aveva convissuto con il silenzio del palazzo, ogni suono brutalmente ammazzato dalle ombre che regnavano sul castello e sulla città sottostante. Persino con Althran rimaneva in silenzio, persino quando gli aveva dedicato il dito medio non era riuscita a trovare le parole. Solo una volta che Thornfell era diventata un pallino lontano, il suo petto era esploso, la voce finalmente libera dalla sua gabbia che si era prima sfogata con lo stridio del falco, con l'ululato del lupo, poi con il suo grido umano. Urla di libertà e gioia, di rabbia e tristezza. Si era ripromessa di non rimanere più in silenzio da allora, che nessuno più l'avrebbe schiacciata come aveva fatto Althran. Nessun re, nessun immortale.
Parlare, appena arrivata, le era quasi costato la vita. Baldracca dalla lingua tagliente, così un segugio l'aveva apostrofata, le zanne in mostra. Eppure, era in quel modo che Rea era riuscita ad attirare l'attenzione di Althran, a smuovere qualcosa sul suo bellissimo e annoiato viso immortale. Il problema di Althran era sempre stato la fiducia; e per ottenerla Rea aveva fatto cose di cui non poteva non pentirsi, arrivando a distruggere se stessa, il suo corpo, la sua mente. Tutto per arrivare a quel medaglione, per soddisfare la richiesta della sua regina. Lo strinse, sentendo le nocche diventare bianche.
Quel gioiello aveva dato inizio alla Caccia. Se quanto detto da Cillian era vero, era la causa dell'estinzione della sua specie, il motivo per cui Rea era nata per caso, geni di qualche antenato che si erano manifestati di nuovo in lei. Era stata abbandonata nei boschi di Ariestria per via di ciò che era, appena la sua natura l'aveva portata a trasformarsi per la prima volta. Rea non ricordava chi fossero i suoi genitori, ma del bosco che l'aveva accolta e cresciuta non poteva dimenticarsi. Così come non poteva dimenticarsi di quell'uomo dal profumo di fuoco e cenere, grandi occhi di un marrone mortale che, però, di mortale avevano ben poco. Non aveva mai capito cosa fosse, mai forse gli aveva chiesto il nome; se l'aveva fatto, Rea era troppo piccola per ricordarsene. Ma era a quell'uomo che doveva la capacità di controllare le sue mutazioni e sempre grazie a lui era arrivata a Crya, dalla sua vera famiglia. Tutto il resto non importava granché.
«Mi terrai il muso ancora a lungo?»
Rea si irrigidì, assottigliando lo sguardo. Non gli rispose, ma osservò il drago prendere posto davanti a lei, il piccolo falò ormai spento a dividerli. Persa nella sua mente, non si era nemmeno accorta che l'ultima fiamma fosse morta. Un po' come lei, che aveva smesso di vivere davvero nel momento in cui gli dei l'avevano portata a Thornfell. Il fuoco di Cillian lo riaccese, divampando sulla legna e disegnando sul suo viso scie danzanti.
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The Songs Of The Twin Flame
FantasyRea e Failla non si conoscono, eppure le loro vite sono intrecciate l'una all'altra indissolubilmente. Come legate da un filo invisibile, si rincorrono infatti senza saperlo, pedine nelle mani silenziose degli dei, che sembrano aver deciso per loro...