Capitolo 19

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L'incubo l'aveva salvata. Questo pensò Failla, mentre trascinava nel bosco Leilani, gli occhi ancora puntati sui cadaveri riversi sul prato. Se non si fosse svegliata all'improvviso, sentendo l'esigenza di alzarsi e allontanarsi dall'accampamento, forse sia lei che Leilani sarebbero morte, uccise nel sonno e trucidate.

Failla non si sarebbe mai dimenticata di quel campo, l'erba verde intrisa di sangue e arti staccati dai propri corpi. Non pianse, però. Tristemente, si stava abituando alla morte, all'odore di marcio e putrefazione, agli orrori che Rilgasten si lasciava alle spalle. Strinse più forte la mano di Leilani, forse più per confortare se stessa che per impedirle di fare qualche sciocchezza. I segugi erano in dieci; dieci belve che avevano massacrato chiunque, togliendo la vita a persone innocenti, anziani e bambini. Failla era troppo razionale per uscire allo scoperto perché arrabbiata. Erano dieci contro due, un'umana e una mezzosangue; non avrebbero potuto fare nulla, se non finire ammazzate a loro volta. Senza magia, in un mondo in cui prevaleva il più forte, loro erano niente, insetti insignificanti.

«Andiamo» sussurrò, incitando Leilani ad allontanarsi.

La voce le tremava, così come le mani e le gambe, ma Failla non poteva lasciarsi andare al panico, non quando sembrava essere quella più presente tra le due. Leilani aveva lo sguardo vacuo, lontano; gli occhi azzurri fissavano il vuoto, spenti della loro luce, e le labbra erano socchiuse, gli angoli rivolti verso il basso. Era sotto shock. Quella era la sua gente, il suo popolo, le persone che, come capitano della guardia cittadina di Fiachra, avrebbe dovuto proteggere. Laggiù era morta Madga, realizzò Failla. Nessuno l'avrebbe seppellita.

Il bosco sembrava più fitto di prima, come se i segugi avessero portato con sé le ombre del loro regno, eppure ormai doveva mancare poco al sorgere del sole. Failla si strinse nella coperta che ancora teneva sulle spalle, sperando che il bosco potesse nascondere i loro odori all'olfatto di quelle orrende bestie. Lo dubitava, comunque. Appena quello metallico del sangue fosse scemato, i segugi si sarebbero accorti della loro presenza: le avrebbero seguite, probabilmente raggiunte e, a quel punto, solo gli dei avrebbero potuto salvarle. Leilani era una senzamagia e lei non aveva capacità magiche offensive; con solo la spada di Leilani e il pugnale da cui ancora non si era separata, vincere su dieci segugi sarebbe risultato impossibile. Per Failla era un ingiusto dato di fatto.

«Devo tornare indietro» Leilani si fermò, puntando i piedi per terra. «Qualcuno potrebbe essere ancora in vita»

Failla scosse la testa. «Lo avrei percepito»

Era vero. La sua magia scalpitava quando qualcuno era ferito, desiderosa di intervenire, e si agitava ancor di più se una vita si stava spegnendo. Invece, davanti a quell'oscenità imperdonabile era rimasta silenziosa, in lutto per le morti che non aveva potuto evitare. Nessuno si era salvato, nessuno era stato risparmiato.

«E se ti stessi sbagliando?» ringhiò, facendo scivolare la mano dalla sua. «Qualcuno potrebbe essere ancora vivo, forse-»

«Voi siete le uniche»

Failla sussultò, girandosi di scatto. Un segugio sorrideva loro con un ghigno, le zanne in mostra. Era su due zampe, pantaloni umani a fasciargli il corpo e un ammasso di muscoli come petto. Si stiracchiò, annusando l'aria circostante con interesse, solo per fissarle di nuovo con i suoi inquietanti occhi onice. Canidi dotati di intelletto: i soldati di Althran. Tutti nei quattro regni d'Eteria li temevano, e Failla non era così stupida da non fare lo stesso, consapevole della crudeltà con cui uccidevano le loro prede. Ricordava le storie, il modo in cui Abel li descriveva per farle paura, e ora aveva avuto modo di vederli in azione, di appurare nella realtà quanto fossero vere le sue lontane parole.

Fece un passo indietro, mentre Leilani sguainava la spada. Le sue sopracciglia si unirono, disegnando un solco cattivo sulla fronte, e gli occhi azzurri, lucidi, si puntarono sul segugio, decisi a ucciderlo. Le tremava la mano, notò Failla. Ma non per paura, quella Leilani a stento la provava; Failla percepiva l'odore della vendetta, della rabbia, ma nulla che ricordasse il terrore sentito sulle mura di Fiachra, quando i mostri alati erano scesi dal cielo in picchiata, distruggendo la linea di scudi magici.

The Songs Of The Twin FlameDove le storie prendono vita. Scoprilo ora