Capitolo 10

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Failla aveva dormito per giorni. Si era lasciata trasportare dalla corrente, mangiando le scorte lasciate appositamente per lei sull'imbarcazione, forse da sua madre, forse da Gwendoline. Qualcuno sapeva che avrebbe preso quella barca, che non avrebbe avuto le forze di reagire, non subito almeno, impedendole così di morire di sete e di fame. Failla aveva attraversato metà Ellult, una foglia che lasciava al vento decidere la sua strada, e aveva visto il suo regno bruciare, i villaggi venir inghiottiti dalle tenebre, i mostri di Althran distruggere città. Del verde di Ellult non rimaneva che il fumo, i campi secchi devastati dal fuoco, le urla di fate e umani che tentavano di scappare. I mostri non risparmiavano nessuno. Eppure, Failla non riusciva a non pensare alla bestia che l'aveva guardata dritta negli occhi, pronta ad attaccarla, e che alla fine si era tirata indietro, risparmiandole la vita. Perché? Non riusciva a capirlo.

Le cose, per lei, avevano iniziato a mettersi male quando la pioggia autunnale era iniziata a cadere. Failla si era ritrovata a urlare su un fiume in piena, la corrente che sempre più veloce aveva portato la barca a ribaltarsi e lei a combattere contro la sua furia. Si era aggrappata a tronchi e pezzi di legno, rocce appuntite e taglienti; tutto le era sfuggito dalle mani con la stessa velocità con cui il fiume aveva continuato a toglierle l'ossigeno, il corpo che sbatteva contro sassi e rami caduti e che tentava invano di risalire, lottando contro la corrente che lo spingeva sott'acqua. Failla non aveva mai avuto tanta paura nella sua vita. Alla fine, il fiume aveva vinto. Era precipitata in uno stato di confusione tale da non avere nemmeno la forza di gridare quando le cascate di Dymis si erano affacciate all'orizzonte, avvicinandosi così rapidamente da farle dubitare di poter salvarsi.

E infatti Failla era caduta. Aveva sentito il vuoto sotto di lei, l'acqua inghiottirla con violenza e spingerla verso il basso, ancora e ancora, finché i polmoni non erano scoppiati e lei non aveva aperto la bocca, perdendo conoscenza. Aveva creduto di essere morta, o forse per qualche secondo era morta davvero. Poi qualcosa l'aveva tirata verso l'alto, mani invisibili che l'avevano abbracciata riportandola a riva. Failla aveva preso a tossire, un dolore al petto che non la faceva respirare, e a sputare così tanta acqua da credere di poter morire di nuovo. Si era accasciata per terra, con le onde leggere del fiume che la bagnavano fino alle ginocchia e la sabbia tra i capelli e le dita delle mani. Si era addormentata così, morente, indosso ancora il vestito della cugina.

Quando riaprì gli occhi il sole era alto nel cielo. Failla provò ad alzarsi, ma una fitta alla costola le impedì di muoversi. Fece una smorfia e un lamento le uscì dalle labbra secche e disidratate. Per quanto tempo era rimasta incosciente? Prese un respiro, ignorando il dolore che si propagò ovunque, e obbligò la magia ad accelerare i tempi di guarigione. Si era rotta più ossa in quei pochi giorni che in vent'anni di vita. Failla rallentò il battito del cuore, concentrandosi sulla costola fratturata; vi si proiettò con la vista e con il tatto, assicurandosi che non ci fossero lesioni agli organi interni, quindi liberò la magia. Gridò dal dolore, mentre le ossa si muovevano, tornando al loro posto. Il petto si alzava e si abbassava a un ritmo esagerato, mozzandole il respiro, e la testa prese a girare. Strinse i denti, cercando di rimanere ancorata al presente per non svenire di nuovo. Guardò le chiome degli alberi sopra di lei, le foglie ingiallite che cadevano verso il suolo. Il cielo era sereno, anche se qualche nuvola grigia minacciava il sole da lontano.

Doveva alzarsi. Failla aveva avuto molto tempo per pensare a dove andare; con Ellult caduta e Missoura a sud che simpatizzava per Rilgasten, le rimaneva solo Ariestria, il regno di Esme Oakmane. Non sapeva molto di lei, ma i suoi zii la temevano quanto Althran per ragioni che lei non comprendeva; fata e qualcos'altro, così la definivano. Failla strizzò gli occhi, lasciando le lacrime scivolarle sulle guance. A prescindere da ciò che si diceva della regina dell'est, non aveva scelta. Era circondata da Rilgasten, il suo sogno di raggiungere le Isole Agassi era sfumato appena di Seymour non era rimasto più nulla, era rimasta sola. Doveva trovare aiuto, un posto sicuro, dopo avrebbe pensato al resto. Forse.

The Songs Of The Twin FlameDove le storie prendono vita. Scoprilo ora