Capitolo 23

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La gente in fila prese a spingere verso le mura, battendo i pugni sul cancello serrato, e la magia all'interno del diamante iniziò a vorticare, mille colori che si mischiavano l'uno all'altro, creando schizzi confusi e sfumature talmente scure da riflettere lo stato d'animo degli umani e delle fate. Puro panico si diffuse tra i presenti, grida disperate e suppliche rivolte alle guardie sulle torri, che immobili osservavano dall'alto, le lance in mano e uno sguardo gelido e distante. Failla non percepiva alcuna emozione provenire da lassù, come se le guardie di Ariestria non provassero nulla, nemmeno compassione. Lanciò un altro sguardo verso le colline.

«Cosa facciamo?» domandò, in ansia.

I segugi non ci avrebbero messo ancora molto a raggiungerle. Probabilmente stavano già attraversando i campi fioriti, calpestando i ciclamini e spezzando i petali sotto le loro pesanti ma veloci zampe; visto il modo in cui avevano sterminato l'accampamento, Failla dubitava che avrebbero risparmiato le persone che aspettavano fuori dalle mura. Fuggitivi, così avevano chiamato la gente di Fiachra, animi innocenti che cercavano solo pace. Di loro, non avrebbero avuto alcuna pietà.

«Non lo so» rispose Leilani, serrando le labbra in una linea sottile.

Era preoccupata. Le dita erano già corse all'impugnatura delle spade e sulla fronte si erano formate pieghe di apprensione. Si girò, guardando le persone che si sbracciavano verso il cancello, alla ricerca di un aiuto che probabilmente non sarebbe arrivato. Conoscendola, Leiliani stava pensando a un modo per salvare quella gente, per proteggere gli umani che da soli non sarebbero riusciti a difendersi. Failla seguì il suo sguardo, puntandolo sui carri e sui borsoni che la gente portava con sé. Qualcuno portava legate alla vita o alla schiena delle armi, qualcun altro celava il proprio viso sotto il cappuccio di lunghi mantelli. Forse, una possibilità c'era. Forse, tra fate e umani, potevano contare su qualche guerriero o, quantomeno, sulla smania di sopravvivenza che accumunava ogni singola specie d'Eteria.

«Ho un'idea»

Failla si fece largo tra folla, storcendo il naso per via delle forti emozioni che rendevano quasi asfissiante l'aria circostante: paura, ansia, rabbia, persino odio. Al suo passaggio qualcuno si lamentò, spingendola di nuovo indietro, ma Failla si costrinse ad avanzare finché non si ritrovò al centro della calca, dove più gente possibile poteva ascoltarla. Leilani era rimasta indietro, non riuscendo a passare con Nyeleti, ma il semplice avvistarla le diede comunque il coraggio di cui Failla aveva bisogno. Prese un bel respiro, asciugandosi i palmi sudati delle mani sul vestito logoro, e gridò.

«Ascoltate!»

Le persone più vicine si accigliarono, lasciandole un po' più di spazio; furono in pochi però a fermarsi per davvero, smettendo di gridare e di spingere per raggiungere il cancello ancora chiuso. Failla si morse la guancia. Non aveva mai parlato a così tante fate e così tanti umani, non era mai stata al centro dell'attenzione. Nei suoi ricordi, Failla era sempre stata una spettatrice, un'ombra silenziosa che di rado poteva esprimersi, che camminava senza mai essere vista. C'era però un fuoco che ardeva in lei, che silenzioso si accendeva quando i suoi sogni venivano calpestati. Era tempo di lasciarlo ardere, di permettergli di divampare, di raggiungere il cielo e le stelle. Quella notte aveva visto una donna dai capelli castani, a cui la vecchia lei leggeva romanzi d'amore, dolci fiamme che crepitavano in un caminetto cobalto. Gwendoline, quella che doveva essere sua cugina, le aveva poi allungato un meraviglioso vestito verde, sorridendole. "Sei destinata a grandi imprese", le avevano detto entrambe.

Failla deglutì. Poteva farcela. «Ascoltate!» ripeté di nuovo, alzando la voce.

Non sapeva perché nella sua vita fosse sempre stata invisibile, mezza umana e mezza fata e allo stesso tempo né l'una né l'altra. Forse, si era convinta di non essere abbastanza, di non appartenere a nessuna delle due specie. Ma Leilani aveva ragione, Failla apparteneva ad entrambe, era entrambe. E la Failla che aveva vissuto a Seymour ormai non c'era più. Non ricordava il motivo per cui si era sempre sentita sbagliata, un sentimento che in qualche modo ancora si portava dietro, ma doveva smetterla di pensarsi in quei termini, di sminuirsi. Lei valeva, esattamente quanto ogni vita che camminava, volava e nuotava.

The Songs Of The Twin FlameDove le storie prendono vita. Scoprilo ora