Tutti avevano una scelta. Cillian l'aveva sempre creduto con fermezza nei suoi trecento anni di vita. Aveva scelto lui di stringere quel patto, aveva scelto lui di ignorare l'esilio e di tornare sui Monti Athos e sempre lui, un secolo prima, aveva deciso di sfidare suo padre. Erano state le sue scelte a portarlo dov'era ora, insieme alla mutaforma, a perdere le ali perché insospettito dalle luci estranee nei cieli del nord, a venir cacciato da casa. Vedendo la disperazione con cui Rea gli aveva risposto, però, Cillian si era chiesto se non si stesse sbagliando. Se, forse, alla fine, era la sola forza a decidere chi poteva e doveva scegliere. Rea era stata più scaltra perché in una posizione di vantaggio, le bestie di Althran si erano rivelate immuni ai suoi poteri, suo padre l'aveva sconfitto perché più forte, lasciandolo in fin di vita.
Cillian non si era mai interrogato prima su come un mortale dovesse sentirsi: impotente, debole, sottomesso. Nella sua lunga esistenza erano state solo due le occasioni in cui aveva provato qualcosa di simile: la prima, quando era servito l'intervento di sua madre per sfuggire alla morte, e la seconda, quando i mostri provenienti da Rilgasten gli avevano strappato le ali senza che lui potesse reagire. Un mortale come Rea doveva far i conti con quella realtà tutti i giorni, imparando a sopravvivere a chi più forte, veloce e potente. Aveva dovuto vedere e percepire la sua disperazione per capirlo, per accorgersi che ogni sua azione derivasse dal desiderio di proteggere qualcun altro, oltre che se stessa, qualcuno che, forse, era addirittura più debole di lei.
Un moto di fastidio scosse Cillian, che lanciò un'occhiata in direzione di Rea. Aveva corso per due giorni interi per recuperare terreno, senza fermarsi né per mangiare né per dormire. Ora era nella sua forma umana, seduta per terra, e stava scuoiando dei conigli, il fuoco accanto già acceso da un po'. L'espressione corrucciata era persa in chissà quali pensieri, due profonde occhiaie a contornare gli occhi nocciola. Cillian restò all'ombra degli abeti, osservandola come un predatore. Aveva come al solito mutato le orecchie, attente ad ogni genere di suono, e nel mentre metteva da parte le viscere con un'attenzione maniacale.
Rea aveva detto di aver imparato da bambina, nei boschi, ma quando aveva chiesto chi le avesse insegnato aveva cambiato discorso, evitando di rispondere. Non che avesse chissà quale importanza, ma il modo in cui afferrava i conigli, li maneggiava e li accarezzava, quasi come se fossero ancora vivi, a Cillian sembrava inspiegabilmente familiare. Sbuffò, forse era stato quell'uomo, Jadien, a insegnarle come sopravvivere; era per lui d'altronde che Rea era disposta a lasciare marcire il mondo, per usare le sue stesse parole.
«Esci da lì, drago, sento i tuoi occhi addosso» borbottò «Sei inquietante»
Cillian non se lo fece ripetere due volte. Assottigliò lo sguardo, avvicinandosi cauto. «Hai deciso di tornare a parlarmi, mutaforma?»
«Solo perché so che ti dà tremendamente fastidio.» rispose Rea, senza alzare lo sguardo dai conigli. «E poi,» aggiunse «dobbiamo riprendere il sentiero principale adesso. Preferisco collaborare che vedermi di nuovo su un carro prigionieri»
Cillian non le rispose, facendo finta di non aver notato il tono piatto, vuoto della solita nota canzonatrice. L'avrebbe seguita in ogni caso comunque, visto che non poteva fare altrimenti; anche se Rea gli avesse continuato a tenere il muso. Non si illudeva che le fosse passata. L'orgoglio ferito e la rabbia non avevano infatti abbandonato i suoi occhi, il viso ancora corrucciato in quell'espressione lontana che da giorni le formava delle rughe sulla fronte. Non ricordava l'ultima volta che l'aveva guardato in faccia. Rea lo evitava. Nemmeno si girava per controllare che lui fosse dietro di lei.
Non che Cillian avesse bisogno delle sue attenzioni o di essere perdonato. Una parte di lui voleva solo sbraitarle contro, dirle che per quanto lo riguardava poteva pure stare zitta fino ad Ariestria. A lui tanto non importava. Ma non avrebbe perso la pazienza per così poco, non le avrebbe mostrato quanto quella situazione lo stesse infastidendo. Cillian non aveva mai avuto intenzione di tradirla, solo di distruggere il medaglione mentre lei dormiva. Avrebbe fatto un favore a tutti facendolo, Rea compresa, e detestava il fatto che la mutaforma non gli desse nemmeno la possibilità di spiegarsi. Odiava la sua testardaggine, quel mutismo selettivo. Paradossalmente, la preferiva quando lo infastidiva di proposito, quando lo provocava con quel suo ghigno soddisfatto e cattivo, quando era furiosa e lo attaccava con l'intenzione di ucciderlo.
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The Songs Of The Twin Flame
FantasyRea e Failla non si conoscono, eppure le loro vite sono intrecciate l'una all'altra indissolubilmente. Come legate da un filo invisibile, si rincorrono infatti senza saperlo, pedine nelle mani silenziose degli dei, che sembrano aver deciso per loro...