Capitolo 44 - Helga

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Agli occhi di un'orfana che aveva diviso la sua camera con altre ventiquattro sfortunate, dai tre ai diciassette anni, la tenuta Berger era talmente vasta da sembrare una piccola città piuttosto che una casa. A parte l'edificio padronale c'erano due dependance, le stalle, un fienile, alcuni edifici per i macchinari e le attrezzature agricole oltre un parco, due case coloniche, ettari di campi, un lago, vari stagni e una riserva di caccia.

Il tempo sembrava essersi fermato nella tenuta e in particolar modo nel grande edificio padronale dove tutto dall'arredamento alla tappezzeria faceva pensare all'inizio del secolo piuttosto che al suo approssimarsi alla fine. Gli anni '80 sembravano quanto mai lontani nelle silenziose stanze della grande villa. In tutta la casa era presente un unico televisore, relegato in un piccolo salotto al piano primo.

Da tre anni Adrian Berger viveva solo in quella grande dimora, dopo che la moglie era morta per una brutta polmonite. I figli avevano lasciato la casa paterna da tempo; il padre di Michael per essersi fatto una famiglia e gli altri due figli per essere educati in collegio. La servitù era composta da una cuoca, un giardiniere che era anche stalliere e maniscalco, una cameriera e lei, nel ruolo di seconda cameriera e ultima arrivata.

La prima cameriera, Katia aveva subito imposto la sua anzianità, affidandole tutti i lavori peggiori e più faticosi. Per questo, nel pomeriggio del suo terzo giorno, si era trovata l'incombenza di vuotare dalla cenere tutti e diciotto i camini della grande casa padronale.

Stanca e innervosita per la prepotenza dell'arcigna Katia, se ne stava carponi dentro al camino dello studio e sfogava la stizza spazzolando energicamente gli alari, sollevando una discreta nuvola di fuliggine.

La porta alle sue spalle si aprì e richiuse. Era l'ennesima ispezione di Katia per vedere se si dava abbastanza daffare.

«Fai attenzione a dove metti i piedi» le disse senza voltarsi, anticipandola per evitare che la sgridasse. «Si è rovesciata della cenere prima, so che ho fatto un casino, ma appena finito qui darò una spazzata.»

Katia non replicò, nemmeno un accenno su quanto a Padron Berger non piacessero le cameriere sciatte. Questo le parve strano così si voltò indietro e si trovò a fissare nere scarpe da uomo sormontate da eleganti pantaloni beige. Con lo sguardo li risalì fino a trovare un golf verde salvia, il collo inamidato di una camicia bianca e il volto severo di Adrian Berger che torreggiava sopra di lei.

Cercò di articolare qualche sconnessa parola di scusa, di spiegare che le parole appena proferite non erano certo rivolte a lui e contemporaneamente provò a rialzarsi, urtando maldestramente il secchio della cenere che si rovesciò sollevando una grigia nuvola di pulviscolo.

Il cipiglio di Herr Berger si fece ancora più cupo, cosa che la convinse a gettarsi nuovamente a terra per cercare di rimediare a quel disastro. La mano di lui intercettò il suo braccio costringendola invece a restare in piedi e con una forza che le parve spaventosa la fece allontanare dal caminetto, indirizzandola verso la grande scrivania che dominava la stanza.

«Caos e disordine, la divisa sporca, tono sguaiato da pescivendola e il parlare sboccato» elencò Adrian Berger. «Tutto questo non deve accadere in questa casa.»

«Non pensavo foste voi! Herr Berger mi spiace davvero.»

Adrian continuò a parlare ignorando le sue scuse «Le avevo detto che sarebbe stata punita se avesse sbagliato. Questa dunque sarà la sua prima punizione.»

«No! Aspettate, io non l'ho fatto apposta, ve lo giuro...»

«Silenzio.»

La spinse contro il piano di legno dello scrittoio e le diede uno sculaccione facendole sfuggire uno strillo, più per la sorpresa che per il dolore.

Miss BelliniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora