Capitolo 40 - Lisa Bellini e Mr B

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La grande camera era stata ripulita di tutte le sue cose. I poster delle band, le foto dei tempi della scuola. Era tutto scomparso.

Lisa guardò le pareti vuote di quella stanza estranea e il peso della giornata le piombò tutto sulle spalle facendola crollare a piangere.

«My love, honey, don't be sad!» disse sua madre mettendole una camicia da notte sul letto. «Don't worry! Dad will fix everything.»

«Mom please, go away!» disse Lisa sfinita.«Get off my back.»

La conversazione proseguì, come di norma, in inglese. La madre di Lisa era originaria di Watford, vicino a Londra e l'italiano non le era mai piaciuto. Loro due parlavano in inglese fin da quando Lisa era bambina.

«Dico solo che non dovresti piangere. Ti verranno le rughe e lo sai che è un peccato, una bella ragazza come te.»

«Va' via!» urlò Lisa e sua madre scomparve tirandosi dietro la porta.

Lasciata sola, Lisa pianse per più di un'ora e poi finì per assopirsi. Erano quasi le quattro del mattino.


Alle undici si risvegliò di soprassalto e vedendo l'ora che si era fatta iniziò a imprecare. Cercò il cellulare nello zainetto, imprecò ancora e avviò la chiamata. Quattro squilli e lui rispose. «Pronto.»

«Pronto Michael... Mr Berger,mi spiace terribilmente, ma non riesco a venire oggi e nemmeno nei prossimi giorni... sono...»

«Capisco.»

«Mr Berger io...»

«Miss Bellini non si preoccupi, tra due giorni ho il volo per Vienna quindi posso facilmente sbrigare le poche cose rimaste senza il suo aiuto.»

«No, aspetti. Io, lei...»

«La ringrazio per il lavoro svolto e le auguro le migliori cose. Buona giornata.»

«No, aspetti!» esclamò Lisa, ma all'altro capo la chiamata era stata chiusa. Provò a richiamare, ma la linea risultò occupata.

Le venne da piangere, ma provò di nuovo. Niente da fare.

A questo punto le lacrime la ebbero vinta.


Alle undici e trenta e poi a mezzogiorno non ebbe migliore fortuna. Prossima alla crisi più nera cacciò in malo modo la cameriera che le portava qualcosa da mangiare. Se sua madre mandava già la cameriera significava che il suo materno impeto di accoglienza si era già esaurito con l'episodio della notte prima.

«Tante grazie!» gridò nel pozzo delle scale, «scendo io quando ho fame!» detto questo sbatté la porta di camera tanto forte da far scricchiolare le preziose cornici che la ornavano.

Tornò a lottare con le lacrime rifacendo il numero di casa Berger e all'ennesimo segnale di occupato afferrò una stupida e costosa bambola di porcellana e la mandò a infrangersi contro il muro.

A questo punto si risolse a chiamare i rinforzi.

«Che è successo?» domandò la voce di Giulia, subito allarmata dato l'orario anomalo.

«Dove sei?» domandò Lisa. Non intendeva scaricare la bomba su di lei se non era il momento, ma la sua voce la tradì.

«Hai pianto? Che succede Lili?»

Lisa trasse il respiro e iniziò a raccontare, facendo delle pause per soffiarsi il naso e quando le lacrime le toglievano la voce.


Nel tardo pomeriggio il telefono di Michael era ancora occupato. Forse nel rimetterlo giù l'aveva attaccato male, forse non se n'era accorto, forse c'era un guasto lungo la linea.

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