Capitolo 61 - Confessione e punizione

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Era mezzogiorno passato e Lisa ancora non si era fatta sentire. Giulia guardò ancora una volta il cellulare per controllare che ci fosse campo, che la batteria fosse a posto, che quel diamine d'aggeggio infernale funzionasse.

Funzionava e Lisa ancora non chiamava. Smaniosa di sapere qualcosa fece per prendere l'iniziativa e chiamarla, ma l'acqua della minestra decise proprio in quel momento di traboccare sul fornello. Andò per togliere il pentolino dal fuoco e finì con lo scottarsi imprecando.

Sentì Teo chiedere dall'altra stanza se andava tutto bene e ci mancò poco che gli rispondesse male. Lisa non chiamava e quel disastro del suo uomo sceglieva proprio il primo dell'anno per prendersi un brutto raffreddore.

«Tutto bene!» gridò cacciando la mano sotto l'acqua fredda. Lo sentì lamentarsi che stava male e le venne da sorridere. Trentotto di febbre, un po' di mal di gola e sembrava che fosse a un passo dalla morte.

Il telefono improvvisamente squillò. Era Lisa.

«Pronto» rispose preoccupata.

«Sto bene» la rassicurò subito Lisa.

«E com'è andato l'incontro con gli "amici" di quel...» non riuscì a trovare una parola abbastanza dispregiativa e offensiva per descrivere Lorenzo.

«Bene... non è stato facile, ma è andata bene.»

«Tutto a posto quindi.»

«Tutto a posto.»

«Quando ritorni?»

«Juliana mi accompagna nel pomeriggio all'aeroporto.»

«Bene, prendi il primo biglietto che trovi e torna subito a casa.»

«Sì, non vedo l'ora. Ti faccio sapere a che ora arrivo appena ho il biglietto.»

«Sì, ma sbrigati, mi manchi.»

«Anche tu.»

Giulia riattaccò e tirò un sospiro di sollievo. Era felice che tutto quel pasticcio si fosse risolto bene. Qualcosa Lisa le aveva già detto, qualcosa glielo aveva solo accennato. L'aveva fatta preoccupare da morire. Presto non ci sarebbero più stati telefoni a separarle e allora, con calma, avrebbe preteso un resoconto dettagliato.


Undici ore più tardi, nel salone degli arrivi dell'aeroporto Lisa e Giulia si corsero incontro e si abbracciarono. Lisa era evidentemente sfinita e dopo poche parole sul volo si incamminarono verso l'esterno. Era mezzanotte passata, faceva un gran freddo, ma nel parcheggio esterno c'era un bel movimento di auto e passeggeri. Il silenzio di Lisa mentre camminavano verso la scalcagnata Polo di Teo acuì il bisogno di Giulia di sapere. Stanchezza a parte, non era da Lisa restare in silenzio dopo una simile avventura. Non con lei.

Giulia comunque si trattenne. Non era il momento dell'interrogatorio. Non ancora. Montarono in macchina con un cigolio sofferente di sportelli, Giulia avviò il motore e subito dopo accese l'autoradio a basso volume. Il gesto voleva dire a Lisa che potevano restare in silenzio a sentire la musica ma che, se voleva, avrebbe potuto parlare.

Avevano appena passato la sbarra del parcheggio quando Lisa ruppe il silenzio con voce funerea.

«Giagia mi sa che ho fatto un casino.»

Giulia non disse niente. Rimase ad ascoltare.

Sapeva già dell'incontro tra lei e Juliana e di quello con Katalina. Lisa le aveva anche detto che era stata costretta a incontrare quel criminale, quel Cezar, in un locale la notte di capodanno, ma il racconto che ascoltò in macchina, mentre guidava verso casa, andò ad aggiungere una serie di fatti sempre più inquietanti.

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