Capitolo 78 - Una borghese del cazzo

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«Sei sicuro che ci si possa fidare della ragazza?»

«No, ma abbiamo bisogno di lei per ora. Ci sono col fiato sul collo e non devono trovare altra merce o ce li avremo tutti addosso.»

«Che abbiamo su di lei?» domandò Vadim guardando Lisa uscire dalla piscina e rimontare sul vecchio scooter.

«Di questo non ti preoccupare.»

«Sai, credo di piacerle. Fa la scontrosa, ma è tutta scena.»

«Immagino.»

«Magari vuoi che la convinca a fare la brava?»

«Non è necessario. Tienimi aggiornato.»

«Lo farò» Vadim riattaccò e accese la macchina. Quando si parlava di belle ragazze, Cezar aveva il cuore troppo tenero. Decise che l'avrebbe seguita ancora un po', giusto per vedere dove sarebbe andata. Voleva essere preparato se ci fosse stato bisogno di andare a prenderla.


Lisa riportò lo scooter a Chupa Chups. Lo parcheggiò nel giardino, dove lo aveva trovato e mise le chiavi nella cassetta della posta. Subito dopo si mise in cammino, ma senza una meta precisa in mente. Non aveva voglia di tornare da Adelaide, non era più dell'umore di fingere che andasse tutto bene e l'idea di un'altra serata di follie le dava un vago senso di nausea.

Avrebbe voluto tornare a casa, ma non era nemmeno dell'umore adatto ad affrontare Giulia.

Decise per il vecchio centro sociale. Non era troppo lontano da dove si trovava, meno di mezz'ora a piedi. Le venne in mente che non ci era più tornata dal giugno precedente, da poco prima del suo bagno nella piscina dei Berger. Evocato da quel ricordo, l'improvviso pensiero di Michael le fece sentire tutta la sua mancanza. La forza di quel senso di vuoto le fece quasi paura. Si sentì persa come si era sentita la notte di capodanno. Cosa avrebbe fatto quando...

«Vaffanculo» imprecò a denti stretti, evitando di completare quel pensiero. Non voleva pensarci, ma se fosse successo, se l'era sempre cavata in un modo o nell'altro. Da sola.

Accostato tra le auto parcheggiate all'inizio della strada, Vadim si accese una sigaretta guardando Lisa incamminarsi verso il sottopasso della ferrovia. Attese che fosse scomparsa giù per le scale prima di rimettersi in strada e fare il giro che l'avrebbe portato sull'altro lato delle rotaie.


Lo strappo nella recinzione sul retro era il modo più veloce per entrare al centro senza dover fare tutto il giro dell'isolato. Lisa abbassò la testa, le mani in tasca, e passò oltre come aveva fatto decine di volte. Era un gesto familiare così come era familiare il piazzale di asfalto sconnesso, infestato dalle erbacce e dai rifiuti.

Dall'interno provenivano le note di Bullet with Butterfly Wings degli Smashing Pumpkins. Girò sotto lo scheletro della scala di emergenza, facendo un cenno a due ragazzi che fumavano seduti sui gradini.

«Ehi, Lisa! Si pensava fossi diventata una borghese del cazzo» la salutò Hilla, appoggiata contro lo stipite della porta di ingresso.

Lisa le mostrò il dito medio.

«E invece sei sempre la solita stronza!» rise Hilla strappandole un sorriso, poi le indicò l'interno. «Bianca non c'è, ma le altre sono di là.»

Il Secco e altri due stavano giocando a un vecchio biliardino. C'era un gruppo di facce nuove, stravaccate sui divani e sui materassi ammucchiati. L'odore acuto di marija aleggiava nell'aria.

Una delle ragazze la chiamò, facendole cenno di raggiungerle, come se fosse sempre stata lì. Sul lato opposto, Ema stava fumando seduto sul davanzale. Era un vecchio amico di Lorenzo. Le fece un cenno col mento.

«Ehi, Ema» salutò Lisa.

«Che ci fai qui? Non ti si vede da una vita.»

Lisa ignorò la domanda. «Hai visto Lore? Come sta?»

«Una favola» sorrise Ema e Lisa lo guardò di traverso. «Il gabbio non piace a nessuno, ma sai lui com'è. A sentirlo parlare sembra quasi in villeggiatura» aggiunse Ema offrendole una sigaretta che lei rifiutò. «Mi ha detto che se va tutto bene tra un anno è fuori.»

«Se riesce a non fare altre stronzate» disse Lisa pensando a cosa aveva combinato con Cezar e cercando di ignorare il sollievo di sapere che non sarebbe stato in prigione troppo a lungo.

«Lo vai a trovare?»

«No» disse Lisa, fin troppo brusca. Ema non commentò, ma il suo sguardo fu abbastanza eloquente.

«Sono troppo incazzata per perdonarlo» disse Lisa, ma non era vero, non del tutto almeno. «E poi io e lui abbiamo chiuso.» Anche quello non era vero.

«Vuoi che gli dica qualcosa da parte tua?»

«Non ho niente da dirgli.»

«Come vuoi» disse Ema, stringendosi nelle spalle poi le fece una domanda che non si aspettava. «Stasera che fai?»

Lisa rimase spiazzata ed Ema sorrise divertito, chiarendo il fraintendimento. «Io e altri andiamo a farci una pizza e poi a sentire degli amici a un live. Te lo ricordi Sasha?»

«Sì» annuì Lisa, sentendosi una scema per aver pensato che ci stesse provando. «Sì, me lo ricordo.»

«Allora che fai? Vieni?»

«Va bene.»


All'esterno la Bmw azzurra era accostata non troppo lontano dall'ingresso del centro sociale. Vadim controllò i messaggi sul cellulare senza perdere d'occhio i dintorni.

Conosceva quel posto. Anche il bastardo che si era fatto pizzicare dalla polizia con la roba di Cezar bazzicava quel buco. Non era un caso visto che la tettona italiana era una delle sue puttane.

Ancora si domandò se Cezar non avesse puntato sul cavallo sbagliato. Nel caso sarebbe toccato a lui sistemare le cose. Stavolta però avrebbe fatto a modo suo.

Miss BelliniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora