Capitolo 59 - Il capodanno di Lisa ...2

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Servirono da bere sotto lo sguardo avido degli uomini, furono fatte sedere sulle ginocchia, fu offerto loro un altro shot e dovettero difendersi da qualche mano un po' troppo intraprendente mentre il potente impianto audio iniziava a diffondere musica. Nel privée il volume non era esageratamente alto, ma dalle piste principali si sentivano provenire le vibrazioni prodotte dai bassi.

Cezar le mandò a fare un secondo rifornimento, questa volta drink per tutti, e volle che ne ordinassero uno anche per loro. Lisa sentiva già la testa leggera dopo il quarto shot, ma prese comunque vodka e pesca. Non intendeva ubriacarsi, ma solo mantenersi discretamente alticcia. L'ottundimento dato dall'alcool le avrebbe reso meno disgustosa la serata.

Iniziavano ad affluire i clienti ed erano molti gli sguardi che le cadevano addosso assieme a qualche commento che per fortuna non capiva. Certo era imbarazzante starsene in mutande in mezzo a tutta quella gente, ma la cosa che infastidiva di più Lisa era l'idea di essere costretta a farlo per compiacere l'ego di uno stronzo. All'inizio la cosa che l'aveva più spaventata, nonostante le rassicurazioni di Katalina, era stato il pensiero che Cezar avrebbe potuto comunque volere qualcosa di più che dare una semplice sbirciata, ma ora in mezzo a tutta quella gente si sentiva più tranquilla. Avrebbe solo dovuto ingoiare l'orgoglio, fare quello schifoso lavoro per tutta la serata e sarebbe finita lì.

Tornarono al tavolo e servirono i drink. Erano comparsi specchietti e strisce di coca. Uno degli uomini, già piuttosto alticcio, forse eccitato da una striscia o due, la prese di mira, allungando le mani più del dovuto. Provò a tenerlo a bada, ma non era facile. Quando si fece troppo insistente, arrivando a palpeggiarla con insistenza, Lisa si rigirò e gli imprecò contro tutte le parolacce che le venivano in mente. Incurante della sua reazione, l'uomo rise e afferrandola per un fianco se la tirò sulle ginocchia cercando di baciarla sul collo.

Fu allora che Cezar intervenne. Con poche parole lo mandò a fare un giro di controllo. Sebbene non l'avesse minimamente ripreso per le avance, a tutti i presenti fu chiaro il limite che non dovevano oltrepassare.

Sentendo l'irrefrenabile voglia di piangere, ma non volendo cedere di fronte a tutti, Lisa afferrò il cellulare e corse in bagno. Oltrepassò la moltitudine di ragazze intente a rifarsi il trucco agli specchi e si chiuse in uno dei bagni.

Con le lacrime che le cadevano lungo le guance imprecò contro Cezar. Non intendeva provare nei suoi confronti nemmeno un minimo di gratitudine per aver fermato quello stronzo maniaco. Era di Cezar la colpa di tutta quella merda. Imprecò contro Lore e la sua stupidità, contro di lui che in quella merda l'aveva cacciata. Il pensiero spaventoso di quelle mani che la serravano le provocò un nuovo accesso di pianto, si passò il dorso delle mani sul viso per asciugarsi le lacrime mentre altre continuavano a cadere. Guardò il cellulare stretto tra le dita e prima ancora di pensare a quello che stava facendo, il numero di Michael dava libero.

Lui rispose e la sua voce era così rassicurante. Gli voleva dire tutto, ma non poteva, lottò per controllare il pianto mentre si lasciava scappare che era a Bucarest. Si rese conto che era stato un errore chiamarlo, se lui capiva in che casino era, l'avrebbe fatto preoccupare e non voleva essere così egoista. Al tempo stesso non avrebbe più voluto riattaccare, fin quando lui fosse stato con lei sarebbe stata al sicuro.

La voce di Katalina risuonò nel bagno. Questo la convinse che non poteva stare oltre al telefono, salutò Michael e uscì.

«Cazzo, sei uno schifo!» disse Katalina riferendosi al trucco sbafato e agli occhi arrossati.«Datti una lavata al viso, io intanto vado a prendere qualcosa per rimetterti a posto.»

Lisa si sciacquò il viso e Katalina si sedette sul piano dei lavandini per rifarle il trucco.

«Te la senti di continuare?»

«Certo, sì» annuì Lisa cercando di togliersi i capelli dal viso.

«Sta' ferma!» brontolò Katalina, ma era chiaro che era sollevata. Lisa le fu grata che fosse venuta a cercarla e che ora fosse lì con lei.

«Sei sicura che sei qui per aiutare Lorenzo solo perché gli devi un favore?» domandò Katalina mentre le metteva il mascara. «Sicura che non ci sia altro? Tu continui a negare, ma io non ti credo.»

Erano una di fronte all'altra, occhi negli occhi.

«Quando ci hanno beccati ha confessato scagionandomi da ogni accusa. Poteva non farlo e tentare di trovare una scappatoia legale, magari patteggiare, e invece ha confessato prendendosi una condanna piena. Sono venuta per questo, perché non voglio essere in debito con lui.»

Katalina le passò il rossetto mentre richiudeva il mascara.

«Questo non risponde alla mia domanda, lo sai Lisa? Lo ami ancora?»

Lisa si passò il rossetto sulle labbra e controllò il risultato allo specchio mentre Katalina iniziava a picchiettarle le guance con la cipria.

«Ora ho una storia con un altro... un uomo magnifico... Lore fa parte del passato.»

Katalina la guardò ancora dubbiosa mentre Lisa si dava una sistemata al reggiseno. «Sei proprio una bella stronza, Lisa» disse scendendo giù dal piano e dandosi un'occhiata veloce allo specchio.

«Anche tu non scherzi, Katalina.»

Le due si guardarono riflesse nello specchio e si sorrisero. Non sarebbero mai potute diventare amiche, ma era innegabile che si piacessero.


Tornarono al tavolo e gli uomini fecero spazio per farle sedere tra loro. Parlavano fitto in rumeno, si davano pacche e ridevano, di quando in quando qualcuno di loro lasciava cadere lo sguardo su di loro, ma nessuno riprovò a passare il limite. Mentre Katalina scambiava quelle che sembravano battute con alcuni di loro, Lisa non comprendeva una sola parola di quello che veniva detto al tavolo. Si dedicò quindi al suo drink, trovando che il suo vodka e succo di pesca fosse marcatamente sbilanciato in favore della vodka. A fine bicchiere, sollecitata da uno degli uomini, si alzò per andare al bancone a prendere un altro vassoio di shot e schivando una mano diretta al suo sedere si rese conto di quanto la sua testa si fosse fatta leggera.

In equilibrio precario su dodici centimetri di tacco si diresse verso il bancone, muovendosi tra la folla, mentre considerava che forse bere quella quantità di vodka dopo gli shot non era stata una grande idea. Fu costretta a scostarsi per far passare due ragazze con l'aria arcigna e un infelice senso estetico per gli abbinamenti di colore. Qualcun altro la urtò e perse l'equilibrio. Sarebbe caduta se non fosse finita contro un ragazzo e ripresa al volo da un secondo.

Le disse qualcosa con un gran bel sorriso e i suoi amici risero. Lisa lo ringraziò in inglese sorridendogli grata. «Mi hai salvata.»

«Non è stato così spiacevole» disse il ragazzo in italiano, con marcato accento rumeno, tenendola ancora stretta per la vita.

«Grazie davvero.»

«Senti, visto che sono il tuo eroe, anche se non ho un tavolo, che ne dici di portarmi un mojito e un giro di shot per i miei amici, bellezza?»

«Vedrò quello che posso fare» annuì Lisa passando sopra al fatto che l'aveva appena chiamata bellezza. Stava per voltarsi quando il ragazzo inaspettatamente le tirò l'elastico del perizoma infilando dentro una banconota. «Sei un tesoro, tieni pure il resto.»

Lisa guardò i cinquanta euro nelle sue mutandine poi si allontanò. Era decisamente brilla e appoggiarsi alla solidità del bancone fu piacevole. Ordinò gli shot, il mojito e tenendo tutto in equilibrio sul vassoio tornò indietro. Ovviamente il barman ipotizzò che fosse tutto per il tavolo di Cezar e non le chiese di pagare. Dal canto suo Lisa non ci pensò nemmeno.


 Consegnò il mojito al suo salvatore, la fecero brindare con loro e vuotare uno degli shot. Alzare la testa per buttare giù il liquore fece ondeggiare pericolosamente il locale. I ragazzi la ripresero al volo ridendo e lei rise con loro poi tornò al tavolo di Cezar.

Miss BelliniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora