La stanzetta segreta ricavata dietro l'armadio era claustrofobica.
Nuda, buia e umida non mi permetteva alcun movimento seppur minimo e i miei sensi acuiti percepivano uno sgradevole odore di muffa e di chiuso e il ticchettare ritmico delle zampette di qualche insetto.
I miei arti costretti ed immobili in quella matrioska di pietra iniziavano a dolere e a formicolare, ma dovevo resistere.
Mille volte in un quel lasso di tempo indefinito ma che parve interminabile pensai di cedere e ruotare la minuscola chiavetta che mi avrebbe restituito aria e libertà, ma le parole di Draven risuonavano immediatamente come un monito e mi costringevo a rinunciare.
Si fidava di me e questa volta non dovevo deluderlo.
Questa volta dovevo dimostrargli di essere capace di domare il mio corpo e i miei istinti, soprattutto se c'era di mezzo la sua vita.
Ora mi sentiva fortissima ed invincibile e non mi piaceva affatto fare la parte di colei che invece doveva essere protetta.
Mi sentivo a disagio e completamente estranea a ciò, sentivo di non averne affatto bisogno e anzi di essere perfettamente capace di proteggere me stessa e di poter partecipare con successo e beneficio alle battaglie del mio compagno.
Invece potevo comprendere benissimo di dover stare in disparte perché mi amava più di sé stesso e sarei stata il suo punto debole, il suo tallone d'Achille a cui i nostri nemici avrebbero mirato per colpirlo e distruggerlo.
Chiusi gli occhi appoggiando la fronte al muro freddo per mitigare i miei pensieri contrastanti.
Rimasi immobile trattenendo il fiato anche quando udii spalancarsi la porta della sua stanza e qualcuno aggirarsi ed esplorarla con passi leggeri e non mi mossi neppure quando udii bisbigliare una maledizione e lasciare la camera chiudendosi la porta alle spalle.
Draven mi aveva detto di non aprire per nessun motivo sino a quando lui stesso non sarebbe venuto a liberarmi con l'unica copia della chiave e così feci.
Qualcuno però era venuto a cercarmi ed immaginai che non avesse buone intenzioni.
Chi si era introdotto lo aveva fatto per uccidermi o più probabilmente per rapirmi ed usarmi come ostaggio.
Respirai di nuovo e mentre una lacrima di insofferenza e frustrazione mi rotolava solitaria sulla gota, mi ritrovai a pregare gli dei che il mio compagno stesse bene.
Le ore trascorsero lente e infami dentro quel bugigattolo in cui ero stata costretta a rintanarmi, minando la mia sanità mentale.
Uno stanzino vetusto e stretto che mi richiamava sensazioni familiari che tuttavia erano sfuggenti e frammentate e galleggiavano evanescenti nella mia memoria senza che io riuscissi ad afferrarle.
Diverse volte mi convinsi di sentirlo irrompere nella stanza, chiamare il mio nome disperato e aprire l'anta che ci separava, ma tutte le volte dovetti ammettere a me stessa di averlo soltanto immaginato o desiderato così ardentemente da crederlo vero.
Iniziavo intimamente a temere che fosse successo l'irreparabile e tremavo scossa dall'impulso di uscire perché il non sapere mi spaccava l'anima.Cosa avrei fatto se Draven...?
Scossi il capo vigorosamente per costringermi ad allontanare quel pensiero molesto e disturbante che tuttavia col passare delle ore stava diventando un tarlo ossessivo che con ostinazione si insinuava e penetrava tra le trame sempre più lasse della mia mente fragile e stanca.
Infatti fu impossibile rifuggire da quel senso di vuoto e perdizione che iniziava a dilagare in me, dalla disperazione e dal rimorso di essere rimasta nascosta come un ratto pur di non deluderlo e non metterlo in pericolo e poi però scoprire di non aver potuto fare nulla se non prendere atto del dramma quando già consumato.
Ero assolutamente certa però di cosa avrei fatto prima di abbandonarmi all'oblio e all'annichilimento, prima di impazzire dal dolore della sua perdita: la mia furia mi avrebbe fatto distruggere tutto a mani nude, strappare a morsi brandelli di carne e dilaniare e sfigurare corpi e frantumare ossa e in ultimo bere il sangue dei colpevoli fino a prosciugarli e fino ad affogare io stessa.
Il ricordo doloroso e caustico di uno spazio angusto proprio come questo riaffiorò improvvisamente da un'angolo buio e remoto della mia mente in cui era stato relegato e mi devastò, facendomi precipitare in uno stato allucinato di trance.
Un ricordo lontano che avevo rimosso insieme a tanti della mia vita precedente, ma che mi travolse in pieno petto come un ariete.---------------------
Di loro mi sarei occupato dopo.
Percepii l'attesa angosciata nello sguardo vile del gregario che cercava di rifuggire il mio.
Voleva sapere a che fine sarebbe stato destinato, ma nonostante l'attenuante del suo ripensamento che ci aveva permesso di sventare il piano e che quindi gli avrebbe scampato la pena capitale meritava comunque una punizione.
Il dubbio e l'attesa sarebbero intanto sufficienti.
Disposi che, dopo essersi ricomposto, si recasse da colui che aveva ordito il piano come se questo fosse andato a buon fine in modo da completare la trappola.
Lui annuì terreo, terrorizzato al pensiero di doverlo incontrare ancora e per l'incertezza della sua pena.
Ignorai volutamente il suo palese disagio e affidai il compito a Sephiroth di assicurarsi facesse come gli avevo intimato e poi di sistemare entrambi temporaneamente in attesa di concordare un giudizio.
Seph mi restitui' un cenno di assenso e finalmente volai lungo i corridoi verso di lei.
Mai come ora mi erano sembrati così interminabili e vuoti.
Spalancai la porta della nostra stanza con il cuore che esplodeva nel petto, chiudendola subito alle mie spalle per continuare a custodire il segreto della stanza nascosta che poteva salvarci in altre occasioni.
Una volta davanti all'armadio respiravo rumorosamente e le mani tremavano scosse dall'angoscia.
Ero certo che nessuno sapesse: l'anta era così magistralmente celata che neppure l'occhio più esperto avrebbe potuto coglierla, tuttavia una sensazione strisciante di angoscia mi accompagnava e si sarebbe sopita soltanto incontrando i suoi occhi.
Durante tutta la mia assenza ero stato assalito dall'immagine agghiacciante di aprirla per ricongiungerci e di trovarla vuota.
Con terrore feci leva sulla parte distale di uno dei pannelli, sollevandolo quanto bastava per scoprire la serratura, poi trattenni il fiato e schiusi il battente.
Il cuore mancò un battito.
Lei era lì.
Immobile con le gambe piegate avvolte tra le braccia, gli occhi vitrei fissi nel vuoto, un colorito terreo che la faceva assomigliare grottescamente ad un bamboccio di cera.
Se non fosse mutata e quindi immortale, mi sarei convinto che fosse morta.
Rimasi interdetto e smarrito."Ragazzina?"
le sussurrai, allungando timidamente una mano verso di lei che però parve non udirmi.
Rimase immobile come pietrificata.
"Piccola?
Magdalena, rispondimi!"
insistetti preoccupato dalla sua innaturale assenza di reazione.Nel momento stesso in cui le mie dita la sfiorarono, prese vita girandosi di scatto verso di me con uno sguardo freddo e allucinato.
Gli occhi spalancati e le pupille dilatate guardavano verso di me senza tuttavia realmente vedermi.
Non allontanai la mano, anzi cercai di rassicurarla con il mio contatto e lei invece reagì come una erinni, scagliandosi furente contro di me con gli artigli taglienti come rasoi sfoderati graffiandomi le braccia e il volto.
Cercai invano di scansare i suoi fendenti e di afferrarle i polsi, ma i suoi movimenti erano furiosi e rapidissimi."Questa volta non mi prenderai, Padre!"
sibilò con una voce fredda e metallica, affilata ed irriconoscibile.
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DUX BRUMAE
VampireDraven è un vampiro ed è il Dux Brumae, il principe della Congrega d'Inverno. Non ha ancora trovato la sua Immortale, la compagna eterna. Poi, il 'giorno del Raccolto', alcuni mercenari vengono a riscattare la ricompensa per un' umana da loro barbar...